Articolo 3

26/06/2020 Stefano Basaglia

Cosa ci lascia questo mese di orgoglio LGBT

Mentre Ikea prende le difese del responsabile HR di Ikea Polonia, bersagliato dalle autorità locali per aver licenziato un dipendente che aveva incitato alla volenza nei confronti della comunità LGBT dell'azienda, in Italia sono sempre vive le speranze di approvazione di una legge contro l’omofobia e la transfobia.

Giugno è il mese dell’orgoglio per la comunità LGBT a livello globale. Quest’anno a causa dell’emergenza Covid-19 le marce dell’orgoglio sono state sostituite in tutto il mondo da eventi online. Questi eventi rappresentano l’occasione per fare il punto sullo stato dei diritti dei cittadini e dei lavoratori LGBT e, da un punto di vista della gestione della diversità nelle organizzazioni, per capire come le imprese e gli enti della pubblica amministrazione si sono mosse su questo fronte. Una ricognizione generale l’abbiamo già proposta qui su E&MPlus in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia (che cade ogni anno il 17 maggio)[1]. Per il mese del Pride, invece, ci sembra interessante analizzare due casi: uno riguarda Ikea in Polonia, l’altro l’Italia e l’iter della legge contro l’omofobia.

Nel giugno del 2019 un dipendente di Ikea in Polonia posta, nella intranet aziendale, un messaggio in cui critica la politica gay-friendly dell’azienda e riprende una citazione tratta dalla Bibbia in cui si definisce l’omosessualità un abominio e si incita alla morte per chi commette tale abominio. Il responsabile HR di Ikea Polonia, vista la natura del messaggio,contraria alla cultura e alla politica di inclusione dell’azienda, prima invita il dipendente a cancellare il messaggio e,  dopo il suo rifiuto, lo licenzia. Il licenziamento, però, scatena le proteste di gruppi cristiani integralisti, della Conferenza Episcopale Polacca e del governo conservatore polacco[2]. Nel maggio del 2020, inoltre, la Procura di Varsavia ha accusato il responsabile HR di Ikea Polonia di discriminare i propri lavoratori per motivi religiosi. La stessa azienda è stata portata in giudizio, in sede civile, dal dipendente licenziato per licenziamento illegittimo[3].

Questo caso pone all’attenzione temi importanti per le imprese che hanno adottato politiche di gestione della diversità. Per prima cosa, la diversità può generare conflitti e tensioni all’interno dell’organizzazione  sia in senso orizzontale tra lavoratori che appartengono a differenti categorie (per esempio, come in questo caso, tra lavoratori LGBT da una parte e lavoratori religiosi integralisti dall’altra), sia in senso verticale, tra i «“valori» dell’individuo (in questo caso, la fede religiosa che fomenta l’odio) e i valori dell’organizzazione (per Ikea, l’inclusione di tutte le diversità a patto di non generare odio e violenza). In secondo luogo, le imprese globali si trovano nella posizione di valutare se e come adattare le proprie politiche globali ai differenti contesti nazionali, e anche in questo caso tra le politiche e i contesti possono nascere dei conflitti, come nel caso polacco: il ministro dalla Giustizia ha dichiarato: «Si tratta di un caso in cui un’impresa straniera viola l’ordine legale polacco e la libertà di coscienza e religione»[4].

In questo caso specifico Ikea si è comportata da manuale: ha difeso i valori dell’inclusione contro l’odio e la violenza, ha difeso i propri lavoratori LGBT da chi voleva promuovere l’odio e la violenza e sta difendendo il proprio responsabile HR da chi vuole difendere l’odio e la violenza. Il comportamento dell’azienda è in linea con quello dell’Unione Europea: recentemente la Commissione ha avvisato la Polonia che i fondi del recovery fund non potranno essere dati per incentivare quei Paesi che discriminano in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere o le cui politiche non vanno nella direzione di una maggior integrazione[5].

Una dinamica in parte simile, perché vede sul fronte degli oppositori della comunità LGBT gli stessi gruppi e le stesse organizzazioni del caso polacco, sta caratterizzando in Italia l’iter di approvazione della cosiddetta legge contro l’omofobia e la transfobia[6]. L’Italia e i suoi cittadini LGBT aspettano questa legge dal 1996, quando fu presentata la prima proposta a cura di Nichi Vendola[7]. L’attuale proposta di legge, il cui relatore è l’On. Alessandro Zan del Partito Democratico, unifica ben cinque differenti proposte[8]. L’obiettivo della legge è di contrastare l’odio e la violenza (non le semplici «opinioni») e sarebbe un utile strumento a beneficio dei cittadini LGBT, ma anche delle imprese e delle organizzazioni che avrebbero uno strumento in più per far valere la propria cultura favorevole alla diversità e all’inclusione. Consentirebbe, infine, all’Italia di essere un Paese più moderno e migliore. Che, dopo 23 anni, sia la volta buona? Buon Pride 2020 a tutti.



[1] «Il lungo cammino dei diritti LGBT», E&MPlus, 18 maggio 2020.

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