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Aziende e inclusione: tu chiamala se vuoi “illusione”
Secondo i dati dell’indagine The Future of Jobs Report 2023 del Word Economic Forum, buona parte delle aziende intervistate ha implementato politiche di diversità, equità e inclusione. Se da un certo punto di vista dati come questi sono confortanti, dall’altro non ci rivelano nulla sull’efficacia delle misure adottate, né sul clima e sul vissuto dei dipendenti nei luoghi di lavoro.
Una delle ultime indagini pubblicate dal Word Economic Forum – The Future of Jobs Report 2023[1] – riporta un dato interessante e apparentemente confortante. Buona parte delle aziende intervistate dichiara che ha implementato politiche di “Diversità, Equità, Inclusione (DEI)”.
Andando più a fondo si legge che tali politiche riguardano principalmente programmi di formazione sul tema, accessibilità degli spazi e introduzione di target o quote su categorie specifiche. Secondo studi recenti[2], peraltro, sembra che i target generino a loro volta benefici per la strategia DEI, che si traducono di fatto in una maggiore attenzione ai temi della leadership al femminile e del supporto familiare. Si tratta di azioni che toccano però solo alcuni aspetti dell’ampio ventaglio DEI; e in alcuni casi si tratta di misure diventate ormai “di moda” (target di genere), spesso facilmente rilevabili e rendicontabili agli stakeholders, nonché rivolte a specifici gruppi.
Infatti, l’altro elemento emerso dal report è che le maggiori beneficiarie di queste politiche sono le donne; segue la generazione Z, le persone con disabilità, le minoranze etniche, i lavoratori sopra i 50 anni, la comunità LGBTIQ+ e, infine, le persone con un basso reddito. Malgrado il crescente invecchiamento della popolazione e l’incremento del divario tra ricchi e poveri, insomma, lavoratori senior e soggetti vulnerabili dal punto di vista socio-economico rimangono spesso in fondo alla lista.
Se rilevare politiche e pratiche è importante al fine di capire come si stia modificando il grado di adozione tra le imprese, tuttavia questi dati non rivelano nulla sull’efficacia di queste misure. E non è nemmeno detto che le aziende rilevino tale informazione.
Il rischio è che non solo l’adozione diventi retorica, meccanica e burocratizzata (con l’unico obiettivo di aumentare la percentuale di donne in posizioni apicali o di ore di formazione sul tema), ma anche che si generino effetti controproducenti[3]. Ad esempio, nel caso dei target di genere o della formazione a tappeto sui temi DEI (magari decontestualizzata e basata solo su una letteratura anglocentrica) potrebbe emergere la cosiddetta “fatica di genere”, che si verifica quando le persone sono stanche di sentire parlare dell’argomento, finendo per non riconoscerlo più come rilevante e per minimizzarlo[4]. Un aspetto da tenere in considerazione quando si implementano politiche di diversità, equità e inclusione o si lanciano progetti sul tema.
Com’è stato sottolineato ormai da tempo[5], quando le aziende “si appropriano” del tema DEI rischiano di neutralizzarlo, generando un cambiamento apparente, magari solo di vocabolario o di forma, ma non di sostanza. Per questa ragione è sempre importante non solo progettare una strategia ampia sul tema, ma avere sempre il polso della situazione sul clima che si respira in azienda: come stanno realmente le persone dentro le organizzazioni? Vengono volentieri a lavoro? Si sentono discriminate? Chi sono coloro che si sentono discriminati? Perché? Come viene definito il merito? Quali sono i meccanismi di inclusione ed esclusione nella mia organizzazione? Posso risolverli coinvolgendo anche i soggetti che si sentono discriminati?
In definitiva, il rischio è che si crei l’illusione di essere un’azienda inclusiva solo perché si adottano alcune misure o si ricevano premi; ma ciò non è garanzia del fatto che l’ambiente di lavoro sia realmente aperto e rispettoso delle diverse identità dei lavoratori.
[1] https://www3.weforum.org/docs/WEF_Future_of_Jobs_2023.pdf
[2] Si veda: Latura A., A. Catalano Weeks (2019) Corporate Board Quotas and Gender Equality Policies in the Workplace. American Journal of Political Science. On line.
[3] S. Williamson, «Backlash, Gender Fatigue and Organisational Change. AIRAANZ 2019, Presidential Address », Labour & Industry: A Journal of the Social and Economic Relations of Work, 30(1), 2020, pp. 5-15.
[4] Ne avevamo già parlato nel dossier dedicato alla diversità e inclusione Economia & Management, 2021/4.
[5] K.M. Thomas, V.C. Plaut, «The Many Faces of Diversity Resistance in The Workplace», in K.M. Thomas (a cura di), Diversity Resistance in Organizations, Milton Park, Taylor & Francis Group, 2008, pp. 1-22.
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