Articolo 3

18/05/2020 Stefano Basaglia

Il lungo cammino dei diritti LGBT

La Giornata internazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia ricorre, dal 2004, ogni 17 maggio per ricordare quando nel 1990 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità decise di togliere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Questa ricorrenza, insieme al 28 giugno che ricorda la rivolta di Stonewall e alla stagione dei pride, è anche l’occasione per fare il punto sullo stato dei diritti dei cittadini e dei lavoratori LGBT nei differenti Paesi. Qual è la situazione in Italia? Rispetto alle analisi che abbiamo fatto nel 2010[1]  e nel 2015[2]  la situazione è migliorata: da un punto di vista legislativo, nel 2016 è stata approvata la legge sulle unioni civili. Per quanto riguarda le imprese, a differenza di quanto accadeva nel 2010, sono sempre più attive sul fronte dell’inclusione e del marketing[3] . Però, tante di queste mancano ancora all’appello[4] , la legge sulle unioni civili non è il matrimonio egualitario e l’Italia non ha ancora una legge contro l’omofobia. Inoltre, l’Italia nel confronto con gli altri Paesi europei, sul fronte dei diritti, si colloca in una posizione di retroguardia, ossia è al 35° posto su 49 Paesi (era 34° nel 2015): molto lontano da Spagna (6° posto), Francia (13° posto) e Germania (16° posto)[5].

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione importante che ci piace riportare integralmente perché richiama il senso e lo spirito di questa rubrica che si chiama proprio Articolo 3:

La ricorrenza del 17 maggio è stata scelta, in ambito internazionale, per promuovere il contrasto alle discriminazioni, la lotta ai pregiudizi e la promozione della conoscenza riguardo a tutti quei fenomeni che, per mezzo dell’omofobia, della transfobia e della bifobia, perpetrano continue violazioni della dignità umana. Le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana che trovano, invece, specifica tutela nella nostra Costituzione e nell’ordinamento internazionale. È compito dello Stato garantire la promozione dell’individuo non solo come singolo, ma anche nelle relazioni interpersonali e affettive. Perché ciò sia possibile, tutti devono essere messi nella condizione di esprimere la propria personalità e di avere garantite le basi per costruire il rispetto di sé. La capacità di emancipazione e di autonomia delle persone è strettamente connessa all’attenzione, al rispetto e alla parità di trattamento che si riceve dagli altri. Operare per una società libera e matura, basata sul rispetto dei diritti e sulla valorizzazione delle persone, significa non permettere che la propria identità o l’orientamento sessuale siano motivo di aggressione, stigmatizzazione, trattamenti pregiudizievoli, derisioni nonché di discriminazioni nel lavoro e nella vita sociale[6].

Alla dichiarazione del Presidente della Repubblica si sono uniti il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Camera dei deputati e altri esponenti di governo[7]. Esiste, quindi, un supporto istituzionale. Speriamo che questo supporto si traduca in un miglioramento sul piano legislativo dei diritti dei cittadini LGBT. Per quanto riguarda il mondo del lavoro osserviamo l’impegno della CGIL[8] e il silenzio di Confindustria (sul sito e sul profilo social dell’associazione non compare nessuna dichiarazione o comunicato stampa). Il cammino è ancora lungo.



[3] S. Basaglia, «La prima volta fu rivolta e ora che fare?», 27 giugno 2019.

[5] «Country Ranking», Rainbow Europe.

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