Articolo 3
Diversity management: applicare con cura
Il 4 febbraio 2020 il New York Times pubblica un articolo [1] sul caso dell’azienda Prada che – nel 2018 – era stata accusata di aver prodotto pubblicità razziste che erano state affisse nella città di New York e poi rimosse a seguito delle critiche. Dopo una lunga indagine della New York City Commission on Human Rights, si è raggiunto un patto formale tale per cui l’azienda avrebbe adottato alcune misure sul tema della diversità e dell’inclusione: si sarebbe impegnata, dal punto di vista finanziario e occupazionale, a sostenere le minoranze etniche, avrebbe accettato un monitoraggio esterno del suo operato e avrebbe sensibilizzato i dipendenti sui temi della diverstiy.
Nel 2019 viene inoltre annunciata l’istituzione di un Diversity and Inclusion Advisory Council; viene lanciato un percorso formativo sull’equità etnica («racial equity training») per tutti i dipendenti dell’azienda, nelle sedi di New York e Milano; viene costituito un nuovo ruolo, il Diversity & Inclusion Officer, per il controllo sia dei prodotti sia della pubblicità; viene implementata una pratica relativa al monitoraggio della forza lavoro per garantire l’equità e la rappresentanza delle varie categorie.
Alcune osservazioni
Prada ha dovuto intraprendere un percorso (forzato) di gestione e inclusione delle diversità, com’è accaduto per altre aziende (si veda il caso Barilla del settembre 2013). È stato necessario l’intervento dell’opinione pubblica e poi di un ente esterno per avviare un percorso di riflessione e di sensibilizzazione in un settore, quello della moda, nel quale le aziende sembrano ancora lontane dal prendere seriamente in carico questi temi. Bisognerà capire quanto tale forzatura spingerà a istituzionalizzare il tema e a definire una strategia non solo di comunicazione esterna, ma anche di gestione delle persone orientata all’equità e all’inclusione.
L’azienda ha deciso di promuovere un corso di formazione sull’equità etnica a tutti i dipendenti, sia negli Stati Uniti sia in Italia. Se il tema delle differenze etnico-culturali è centrale nelle aziende che operano negli Stati Uniti, non è detto che lo sia anche per il contesto italiano. In questo caso, Prada ha deciso di erogare lo stesso corso di formazione non solo per sensibilizzare, ma anche per comunicare simbolicamente che il tema è stato preso in carico. Nella fattispecie, può avere un significato dettato dalla contingenza di dover mostrare pubblicamente il proprio impegno sul tema che ha attirato la critica. Tuttavia, in termini più generali, le politiche di diversity management non possono essere omogenee tra Paese e Paese: ci possono essere delle linee guida che orientano gli HR locali, ma è necessario contestualizzarle e tenere conto dei bisogni e delle aspettative dei dipendenti che lavorano in un determinato contesto.
Tendere all’omogeneizzazione e alla standardizzazione quando ci si occupa di diversity management è una contraddizione in termini.