E&M

2023/3

Gabriella Lojacono

L’autenticità genera unicità, fiducia e fedeltà

La brand reputation è un valore ormai imprescindibile per qualsiasi attività imprenditoriale; è es­senziale che le aziende non si limitino a elencare una serie di «buoni propositi» ma che rappre­sentino esse stesse quei valori. Le connotazioni di un marchio di lusso ruotano attorno a concetti intangibili ma radicati al punto da risultare intrinsecamente legati a quel determinato brand. L’idea di autenticità rappresenta, prima di altre, la caratteristica distintiva e l’identità di un marchio.

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Un marchio è autentico quando i diversi stakeholder (dipendenti, azionisti, clienti, fornitori ecc.) percepiscono un allineamento tra i valori e gli obiettivi dichiarati e le azioni concrete, all’interno dell’azienda e sul mercato. Una cultura aziendale solida e diversificata contribuisce a creare un marchio altrettanto solido e diversificato, guidato dallo stesso obiettivo e dagli stessi valori (Yohn, 2017).

Il marchio viene quindi percepito come genuino, trasparente e onesto. Se questa percezione di coerenza viene mantenuta nel tempo, si genera fiducia, e si traduce anche in fedeltà da parte di clienti e dipendenti.

A volte, nella ricerca di questo allineamento, i marchi si trovano a scegliere su che cosa concentrare l’attenzione nell’immediato futuro, se sull’organizzazione interna o sul mercato. Quando Marco Bizzarri è entrato in Gucci nel 2015, ha definito una dichiarazione di valori precisa e articolata: «in Gucci abbiamo pochi, semplicissimi valori chiave che sono al centro della nostra organizzazione: il potenziamento dell’innovazione e dell’assunzione di rischi, il senso di responsabilità e il rispetto, l’apprezzamento per la diversità e l’inclusione, l’eccellenza nell’esecuzione e, da ultimo ma non meno importante, la capacità di coltivare la gioia e la felicità nel nostro modo di lavorare». Le prime azioni concrete per allinearsi a questi valori sono state rivolte agli addetti alle vendite, agli esperti del settore e ai clienti. È stato nominato un direttore creativo, Alessandro Michele, che parla il linguaggio delle nuove generazioni e rappresenta appieno il concetto di inclusività e assunzione di rischio; una figura creativa che rispetta i codici della Maison, li studia, li recupera e li fa evolvere in chiave moderna, garantendo un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. I negozi e i centri di assistenza ai clienti sono stati rinnovati per trasmettere questi valori al mercato, sapientemente trasformati in prodotti, comunicazione e servizi. Sono poi seguiti una serie di meccanismi interni volti ad allineare anche l’organizzazione, promuovendo la collaborazione tra funzioni e aree di business e l’imprenditorialità aziendale (Castellucci F., Cillo P., Lojacono G., Rubera G., 2021).

Diversi autori hanno cercato di concettualizzare i fattori che generano autenticità (Fisher-Buttinger, 2008; Burmann e Schallehn 2008, 2010), evidenziando due dimensioni fondamentali:

 

  • brand consistency, ovvero l’allineamento di valori, strategia e visione con gli elementi dell’architettura del marchio (prodotti, comunicazione ecc.);
  • brand congruency, ovvero l’allineamento interno tra i valori aziendali e l’organizzazione, nonché la priorità assegnata ai valori rispetto alle tendenze di mercato a breve termine come guida nel processo decisionale.

 

In SDA Bocconi abbiamo sviluppato una solida metodologia per aiutare i marchi a verificare nel tempo se sono percepiti come autentici dai vari stakeholder, in primis retail manager e clienti. Valutare costantemente la conformità a questo allineamento tra valori e azioni è essenziale per le aziende al fine di mettere in atto le opportune azioni correttive.

I valori del marchio sono riconosciuti come la principale fonte di unicità e si basano sulle origini e sulla storia. La tradizione è quindi anche un fattore di autenticità se si dimostra la validità di determinati standard qualitativi e processi della storia del brand (Beverland, 2006; Beverland e Luxton, 2005). Soprattutto nel mondo del lusso, è importante vedere l’autenticità anche come allineamento tra patrimonio, presente e futuro, coerenza stilistica, impegno a perseguire determinati standard qualitativi, legame con il territorio, metodi di produzione, e «ricalibrazione» degli obiettivi puramente commerciali rispetto ad altri tipi di obiettivi.

Un’indagine che abbiamo condotto nell’ambito dei nostri corsi di perfezionamento presso l’Università Bocconi e in SDA Bocconi School of Management ha rivelato che tra i marchi che oggi sono considerati più autentici nel cosiddetto «Soft Luxury» (in termini di rispetto del passato e presenza sul mercato) figura Bottega Veneta. Nell’inverno del 2023, abbiamo cercato di individuarne le ragioni intervistando l’amministratore delegato, Bartolomeo Rongone.

I dirigenti dell’azienda hanno fatto propri questi principi e li portano avanti con orgoglio, proprio come il personale del punto vendita trasmette con passione i valori fondamentali del marchio ai clienti. Può anche capitare di essere guidati nelle scelte all’interno del negozio da Rongone stesso, che spesso vuole essere in prima linea nell’interagire con i clienti e nel fornire uno storytelling affascinante.

I principi fondanti che Bottega Veneta intende preservare

«Per quanto riguarda Bottega Veneta», dichiara Rongone, «noi come marchio vogliamo privilegiare il valore rispetto al volume e la nostra priorità è rimanere autentici». Questa filosofia aziendale che influenza ogni singola decisione commerciale si articola in tre valori guida, tutelati e valorizzati ogni giorno, fin dalla fondazione del brand: celebrazione dell’individualità, labor et ingenium e atemporalità.

 

Celebrare l’individualità

Bottega Veneta nasce a Vicenza negli anni Sessanta, un periodo di grande vitalità per la cultura artistica e la produzione manifatturiera italiana, frutto di un energico lavoro collettivo. Molti prodotti di quel periodo sono oggi esposti al MOMA di New York. È in questo momento storico che due persone illuminate decidono di perseguire non un percorso professionale, ma un sogno: creare un oggetto che si adatti perfettamente al corpo della donna e la accompagni ovunque, viaggiando con lei in tutti i luoghi. «Questo è il motivo per cui il nostro direttore creativo, Matthieu Blazy, ripete sempre che siamo un’azienda di borse e ha coniato lo slogan craft in motion, andiamo dove sono le persone».

Uno dei due fondatori, Renzo Zengiaro, creava quotidianamente prodotti nel suo atelier, ideando nuove forme e nuove occasioni d’uso. L’altro, Michele Taddei, aveva un atteggiamento più commerciale e portava queste borse alle boutique dei potenziali clienti in automobile attraversando l’Italia e la Francia.

Taddei può essere considerato un vero e proprio pioniere del retail moderno e dell’analisi della concorrenza. Prima di entrare in ogni negozio target, passava il tempo a capire la disposizione delle vetrine, a guardare le persone che entravano e a osservare quanto rimanevano in negozio. Dopo il suo ingresso, in attesa di parlare con il proprietario, iniziava a valutare attentamente tutti i prodotti e i loro prezzi. Si rese subito conto che le sue borse avevano un valore superiore e potevano quindi essere vendute a un prezzo più alto rispetto alla concorrenza, collocandosi come le più costose del negozio.

Questo marchio ormai autorevole nel mondo del lusso non è nato dalla creatività di un singolo couturier ma dalla passione, dalla competenza e dalla personalità di diverse persone: da un mindset collettivo.

Nel 1972, Bottega Veneta apre il suo primo negozio a New York, prima ancora di avere negozi diretti in Italia. L’ex moglie di Taddei, Laura Braggion, si trasferisce a New York, entra in contatto con il jet set americano e diventa assistente di Andy Warhol. Bottega Veneta supera i confini e si apre alla contaminazione con l’arte. È stato poi dalle conversazioni tra Renzo Zengiaro e Peter Rodgers (un creativo di successo nel mondo della comunicazione) che ha preso forma il contenuto intrinseco del marchio che vuole celebrare persone differenti: «contribuiamo al successo di essere diversi, non cerchiamo l’allineamento. I nostri clienti sono perfetti così come sono, senza un logo impresso addosso», dice Rongone. Nasce lo slogan When your own initials are enough, che rimane come punto di riferimento principale per identificare il cliente di Bottega Veneta.

 

Labor et ingenium

L’emblema originale del marchio è costituito da due mani che si stringono, con il motto labor et ingenium: secondo Rongone «prendere alla lettera la traduzione di Made in Italy è riduttivo. Pensiamo a Canova e Michelangelo, una storia artistica che influenza il nostro modo di pensare oggi e di operare, cioè sognare una forma e passare subito alla scultura partendo da un blocco quadrato di marmo». I due fondatori, Taddei e Zengiaro, hanno sempre ritenuto questi due elementi inscindibili: l’artigianato, la creazione di un prodotto, non può aver luogo senza uno sforzo creativo e viceversa. E senza sogni e creatività non si possono generare desideri, nuove risposte agli interrogativi esistenti o addirittura nuovi bisogni. Ecco perché negli ultimi anni Bottega Veneta ha sviluppato un approccio culturale ancora più deciso: «sosteniamo in modo autentico e costante il mondo della cultura».

Cabat e Tosca, due modelli iconici di Bottega Veneta, sono un perfetto esempio di questo principio. Prima di creare straordinari manufatti, gli artigiani si trovano semplicemente di fronte a 130 metri lineari di strisce di pelle da 7 mm. Lavorano per 3-3,5 giorni sull’intreccio, usando solo la pressione delle dita. Non ci sono elementi aggiuntivi, solo una diversa pressione per creare gli angoli e realizzare i nodi. Ecco perché nessuna borsa è identica a un’altra. Questo richiede competenze accessibili a pochi artigiani, che attualmente in Bottega Veneta sono 75. La creatività rimane al centro, dall’idea progettuale alla sua realizzazione. E questa è la storia del nostro Paese.

«L’Intrecciato è una forma d’arte, è come un foglio bianco su cui realizzare lavorazioni, tecniche, dimensioni e colori diversi. La pelle è la materia prima da cui si parte per progettare e costruire il prodotto. Il contributo dell’essere umano è fondamentale, così come sono fondamentali il senso di appartenenza e lo spirito di squadra».

 

Atemporalità

«Crediamo fermamente che il vero lusso sia strettamente legato al tempo che trasforma gli oggetti in icone. Le icone sono generate dallo scorrere del tempo e quando le si tocca si vive un’esperienza sensoriale. A seconda della complessità della borsa, agli artigiani possono occorrere alcune ore o alcuni giorni per realizzarle. Noi contiamo i giorni, non le ore. Bottega è proiettata verso il futuro: il tempo dà valore agli oggetti».

Come allinearsi all’esterno: le collaborazioni e il programma di garanzia a vita

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’esplosione di collaborazioni tra luxury brand e tra brand e artisti, anche se non sempre con obiettivi chiari. «Essere autentici significa anche scegliere partner con cui condividere la stessa linea di pensiero. È il caso dello splendido connubio tra l’approccio creativo di Matthieu e il design Gaetano Pesce. È stato naturale che un giorno Matthieu abbia incontrato Gaetano Pesce e abbia creato un contesto ad hoc per una sfilata nel settembre 2022 per la stagione Primavera/Estate 2023. I due hanno iniziato a parlare del tema dello spettacolo, ovvero della differenza tra fare qualcosa di genuino e celebrare l’individualità. L’artista ha creato delle sedie con una resina di un colore particolare, ognuna diversa dall’altra. Il giorno prima della mostra, è venuto a visitare la location e ha scritto sul pavimento una frase che è diventata virale su tutti i media: “questo è un omaggio alla diversità”. L’intento era quello di sottolineare che tutti noi siamo diversi. Quell’ambiente creato da pavimento e sedie ha generato questa esclusività e questa straordinaria emozione condivisa all’interno della stanza» (Rongone).

Come già anticipato, Bottega Veneta ha fatto tesoro dell’idea del valore che permane nel tempo e ha deciso di proporre un prodotto che duri per sempre, per essere presente in ogni momento della nostra vita. A dimostrazione del suo impegno verso l’atemporalità e per garantirla, Bottega ha recentemente rilasciato il Certificate od Craft, il Certificato di Artigianalità, ovvero un programma di garanzia a vita. Al momento dell’acquisto di una borsa, il cliente riceve una tessera che, oltre a certificare l’autenticità del prodotto, dà il diritto, senza scadenza, di poter riportare la borsa in negozio in caso di danni, in modo che possa essere rispedita al reparto produzione e riparata. La riparazione potrebbe anche comportare lo smontaggio della struttura e la sua completa ricostruzione, con un necessario prolungamento dei tempi di riconsegna. Nel frattempo, il cliente può disporre di una borsa di cortesia.

Come allinearsi internamente: formazione accademica e manageriale

Gli artigiani di Bottega Veneta sono selezionati in base alla loro passione e alle loro capacità. Tuttavia, non è detto che tutti siano in grado di creare una «treccia» perfetta. Per questo motivo, Bottega Veneta ha creato un’Alta Scuola di pelletteria (internamente chiamata anche acacdemia) che porta il nome di uno dei principi cardine del marchio: labor et ingenium.

Come fare allora per portare questa filosofia creativa e produttiva nei negozi e trasferirla ai clienti? Secondo Rongone, passione e impegno non bastano: «la trasmissione dei valori e dell’unicità del nostro marchio richiede persone che condividano il nostro sentire, che abbiano ricevuto le informazioni significative, ma che siano anche in grado di comunicarle in modo personale. Crediamo molto nella formazione interna, anche con modalità non convenzionali, e personalmente trascorro molto tempo nei negozi non solo per incontrare i clienti, ma anche per condividere con gli addetti alle vendite quali sono i messaggi importanti da trasmettere ai nostri clienti per farli sognare, come hanno fatto i fondatori di questa azienda».

Osservazioni conclusive

Il mondo del lusso offre spunti di riflessione e ispirazione a molti altri mercati. La maggior parte dei marchi è stata fondata molti anni fa con un’identità modellata su valori chiave che sono stati rispettati e migliorati nel tempo con grande impegno e molti investimenti. I cambiamenti ai vertici dell’azienda e nella direzione creativa, che potrebbero destabilizzare un’impresa, possono essere guidati da un caposaldo fondamentale che garantisce la resilienza, anche nella naturale evoluzione del business. Il rischio che corre un’azienda è quello di enunciare valori che non ha fatto propri, solo per seguire la moda del momento, senza tradurre questi valori in azioni concrete. Questo crea un potente effetto boomerang che espone le aziende a un grave danno reputazionale difficilmente rimediabile. L’esempio di Bottega Veneta dimostra come il forte ancoraggio ai valori promossi dai fondatori e la loro espressione in progetti tangibili abbiano generato un perfetto allineamento tra marchio, organizzazione e mercato.

Riferimenti bibliografici

Beverland, M. B. (2009), Building brand authenticity. 7 habits of iconic brands, New York, Palgrave Macmillan.

Beverland, M. B. (2005), «Crafting brand authenticity: The case of luxury wines», Journal of Management Studies, 42: 1003–1029.

Beverland, M. B. (2005), «Brand management and the challenge of authenticity», Journal of Product and Brand Management, 14: 460–461.

Beverland, M. B. (2006), «The “Real Thing”: Branding authenticity in the luxury wine trade», Journal of Business Research, 59: 251–258.

Beverland, M. B., & Luxton, S. (2005), «The projection of authenticity: Managing integrated marketing communications through strategic decoupling», Journal of Advertising, 34: 103–116.

Burmann, C., & Schallehn, M. (2008), Die Bedeutung der Marken-Authentizität für die Marken-Profilierung, Bremen, University of Bremen.

Burmann, C., & Schallehn, M. (2010), Konzeptualisierung von Marken-Authentizität, Bremen, LiM.

Castellucci F., Cillo P., Lojacono G., Rubera G., Gucci, An Industry. Changing Cultural Transformation, Case Study, Università Bocconi, 2021.

Eggers F. O’Dwyer M., Kraus S., Vallaster C., ldenberg S. (2013), «The impact of brand authenticity on brand trust and SME growth: A CEO perspective», Journal of World Business 48, 340–348.

Fisher-Buttinger, C., & Vallaster, C. (2008), Connective branding: Building brand equity in a demanding world, London, John Wiley & Sons.

Yohn, D.L. (2017), «Why Your Company Culture Should Match Your Brand», HBR, 26 giugno.