E&M

2023/3

Gianluigi Castelli Severino Meregalli

Guardare con attenzione attraverso lo specchio digitale

La realtà digitale, comprendente la realtà virtuale, la realtà aumentata e le simulazioni digitali, può rispecchiare molti aspetti della realtà fisica, ma queste realtà non sono identiche. La distinzione fondamentale, seppure apparentemente banale, è che la realtà digitale è creata utilizzando la tecnologia, mentre la realtà fisica è il mondo tangibile che abitiamo. Gli esempi di questo specchio digitale della realtà fisica sono molteplici, si sono moltiplicati negli anni e il loro numero è in costante crescita.

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Tra gli esempi di più recente apparizione, ma, come vedremo in seguito, non necessariamente tutti ugualmente promettenti, possiamo considerare il mondo delle simulazioni virtuali che spaziano dall’ambito medico per l’apprendimento e la pratica d’uso di apparecchiature robotiche ai tour virtuali degli spazi fisici, offrendo agli utenti un’esperienza realistica e coinvolgente dello spazio fisico, oppure ancora all’arte digitale che può essere creata per imitare l’aspetto e la sensazione dell’arte fisica ed essere condivisa online.

Nel complesso, mentre la realtà digitale può imitare e migliorare alcuni aspetti della realtà fisica, è importante ricordare che sono entità distinte con i loro specifici punti di forza e limiti.

Si apre dunque una lunga serie di possibilità di uso delle tecnologie digitali per creare mondi da esplorare e impiegare come estensioni e ambienti paralleli della nostra realtà fisica.

A fronte di questa ulteriore opportunità che le tecnologie digitali ci offrono è fondamentale maturare consapevolezza su quello che ci attende in questi nuovi mondi. Dobbiamo comprendere e anticipare che cosa ci aspetta dall’altra parte dello specchio perché immergerci in questi modi paralleli digitali richiede consapevolezza e un approccio maturo. Senza queste condizioni rischiamo di fare un salto nel vuoto o, peggio ancora, inconsapevole, con potenziali conseguenze negative sia a livello sociale che economico. La storia recente ci ha già offerto un primo repertorio di esplorazioni non ponderate, spinte dall’onda della moda più che da quella della conoscenza tecnologica e della razionalità economica.

Il caso più eclatante e visibile è la parabola delle aziende che fanno riferimento a Mark Zuckerberg che, proprio per ritagliarsi un ruolo da protagonista nel trend del metaverso, nel 2021 ha cambiato in Meta il nome di Facebook. A questo cambio di denominazione ha fatto seguito una serie di dichiarazioni enfatiche sull’impatto del metaverso come fonte di ricavi e creazione di valore. La scommessa sul metaverso si è, almeno per ora, rivelata un azzardo per quanto riguarda la diffusione dei servizi e dei prodotti collegati (visori), con ovvie conseguenze sui risultati economici dell’intero Gruppo Meta.

Per meglio comprendere perché siano stati banalizzati e sottovalutati aspetti critici per la reale creazione di valore basta pensare al prerequisito fondamentale per accedere a un metaverso e cioè alla necessità di rappresentarsi attraverso un avatar: un ritratto digitale tridimensionale di sé stessi. Per esempio, una delle principali aziende del settore delle telecomunicazioni ha incorporato nel proprio sistema di videoconferenza la possibilità di fare riunioni in «presenza» virtuale tra gli avatar dei convocati creati dagli stessi con un tool grafico. Che bello interagire con delle persone quasi reali invece della solita immagine bidimensionale a mezzo busto a cui ci hanno abituato le infinite riunioni in videoconferenza! O forse no? Molti studi hanno dimostrato che la scelta delle caratteristiche del proprio avatar è tutto meno che qualcosa di neutro e semplice e invece di migliorare la comunicazione crea una lunga serie di problemi. Ecco allora che si scopre che qualcuno, in versione Avatar, diventa più magro e con più capelli; che la scelta della tonalità del colore della pelle diventa un problema molto complesso; che invece di fare una riunione tra colleghi si stanno incontrando rappresentazioni dei convenuti che sono la proiezione di un complesso coacervo di aspirazioni e convenzioni sociali che interferiscono pesantemente con la finalità ultima dello strumento: comunicare. Prima che qualcuno proponga un ente che certifichi la veridicità del proprio avatar sarebbe meglio fermarci e capire che, ancora una volta, bisogna studiare, riflettere e non banalizzare tecnologie complesse fermandoci a considerazioni superficiali, e spesso infantili, delle stesse.

Un altro esempio è il settore delle criptovalute, l’universo parallelo della finanza tradizionale, che è stato attraversato da innumerevoli crisi sostanzialmente accomunate dalle stesse cause: l’effetto moda, la non comprensione delle tecnologie sottostanti, la comparsa di operatori improvvisati e la difficoltà di trovare un giusto compromesso (se mai ne esistesse uno) tra mercati regolati da enti centrali e un movimento che invece trova la sua forza in un’anarchia regolatoria basata però su ferree logiche algoritmiche.

L’elenco dei salti nel vuoto al di là dello specchio digitale potrebbe proseguire a lungo, ma la finalità di questa raccolta di contributi non è quella di demonizzare l’ampliamento dei nostri confini fisici con i mondi virtuali, ma semmai di offrire qualche spunto di riflessione e qualche istruzione per l’uso.

La scelta di usare tecnologie digitali emergenti segue sempre, e oseremmo dire purtroppo, una curva poco redditizia dal punto di vista dell’efficace adozione delle stesse: una rampa rapidissima di aspettative irrealistiche, un rapido disamoramento e, a seguire, una lenta costruzione della consapevolezza di ciò che realmente è possibile ottenere in logica di creazione di valore; così facendo però si è sempre perso tempo, spesso si è buttato denaro e, talvolta, si sono perse opportunità.

Il caso delle realtà digitali non sta sfuggendo a questo percorso, nonostante le numerose casistiche sotto gli occhi di tutti. Non dobbiamo quindi confondere la semplicità con cui possiamo accedere a questi mondi digitali paralleli con la generazione di valore per le aziende e la società nel suo complesso.

È pertanto più che mai necessario sviluppare un pensiero critico, pur essendo immersi nel mainstream, che sia capace di anticipare e gestire i temi collegati alle criticità e alle opportunità: le realtà digitali non rappresentano una fuga dalla realtà fisica, ma ne costituiscono una naturale estensione e come tali, non possono sfuggire alle sue regole.

Dalla sua costituzione il DEVO Lab SDA Bocconi si è prefisso di analizzare le tecnologie emergenti, fornendo linee guida e criteri di valutazione per evitare di cadere nella trappola dell’hype più sopra accennata e, nel corso degli anni, sono stati individuati i fattori abilitanti o di blocco che ne condizionano l’adozione.

La realtà digitale influenza molti fattori della realtà fisica e ne cambia gli scenari con velocità sorprendente, ma non può sottrarsi alle regole proprie della realtà fisica, siano queste di carattere normativo o regolatorio, di carattere economico/finanziario, piuttosto che di impatto organizzativo o di processo, o come alcuni tragici casi recenti stanno dimostrando, di natura emotiva e psicologica individuale.

Occorre quindi, ancora una volta se non di più, avere rispetto per il mondo digitale perché, dietro al sensazionalismo c’è molta sostanza e non è certamente agendo da pseudo esperti esposti come utenti a molte tecnologie digitali nel tempo che potremo mantenere la promessa di creare nuovo valore: a dispetto di quanto si potrebbe essere indotti a pensare data la loro vasta disponibilità e accessibilità, le necessarie competenze non sono né diffuse, né facilmente accessibili. Per tutti, ma soprattutto per le aziende, è meglio porsi le domande giuste, piuttosto che agire in ossequio ad assunzioni sbagliate.

La recente storia delle prime esplorazioni nei mondi paralleli ci ha dunque insegnato una serie di lezioni che sono un prezioso viatico per proseguire con successo nello sfruttamento di queste nuove opportunità. Al di là dello specchio digitale dobbiamo portare con noi l’entusiasmo dell’esploratore, ma anche la saggezza e la consapevolezza di chi sa che i territori inesplorati vanno conquistati con professionalità e la giusta attrezzatura di conoscenze e pensiero critico. Solo coniugando queste due attitudini potremo generare valore per le imprese e per gli individui nel metaverso.

In sintesi

  • Tra realtà fisica e realtà digitale esistono differenze semantiche e sostanziali che è bene conoscere prima di investire in prodotti o servizi che possono rivelarsi fallimentari. Spesso, infatti, si tende a confondere la semplicità di accesso e di utilizzo delle tecnologie digitali con il reale valore che esse possono portare alle aziende e alla società tutta.
  • Occorre quindi esercitare uno sguardo critico su costi e benefici, opportunità reali e rischi potenziali prima di seguire pedissequamente quella che può rivelarsi una semplice «moda» del momento.
  • La prima consapevolezza, che costituisce una sorta di faro per chi si accosta al mondo digitale, è che il mondo virtuale non può sottrarsi alle regole di quello reale, siano esse di carattere normativo, finanziario o organizzativo.