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13/07/2017 Daniela Montemerlo

Aziende familiari: perché investire nella governance

“Abbiamo deciso di far funzionare “sul serio” il nostro CdA e lasciare, noi soci senior, le responsabilità di direzione di funzioni per assumere un ruolo strategico: cosa farò da qui in poi? Dirò sì/no… e che altro?”
“Non voglio irrigidire i processi decisionali, noi ci riuniamo e decidiamo ogni volta che serve” 
“Cosa aggiunge davvero un CdA distinto dagli altri organi? E quale contributo possono dare dei consiglieri terzi che non vivono l’azienda e non la conosceranno mai come noi? Un contributo di controllo? Per quello abbiamo già i sindaci, e ci bastano …”

A pronunciare queste frasi non sono stati imprenditori fondatori di piccole o micro-aziende statiche ma soci, presidenti, amministratori delegati partecipanti a corsi executive. Persone disposte a riflettere e confrontarsi sulle proprie realtà di aziende familiari medie e medio-grandi, leader in segmenti del made in Italy, in crescita e con progetti ambiziosi di ulteriore sviluppo anche per linee esterne, di prima generazione e anche di generazioni successive. 
Tutto ciò è sintomatico di quanto radicati siano i dubbi e le resistenze anche in situazioni di complessità strategica e proprietaria che richiederebbero da tempo un rafforzamento della governance, di cui il Consiglio di Amministrazione è un asse portante sia nel suo ruolo strategico che nel suo ruolo di controllo. Studiosi, practitioner, associazioni e autorità regolatorie sono ormai pressoché unanimi nel considerare e raccomandare l’adozione di CdA ben costruiti, funzionanti e aperti a terzi come una condizione fondamentale di competitività, con codici di autodisciplina in fase di messa a punto anche per le aziende non quotate.

 

Tre equivoci da sfatare

gov familiariCome far sì che la governance sia considerata un investimento che crea valore anziché un costo sgradito e da minimizzare? 
Anzitutto, le affermazioni menzionate racchiudono tre “equivoci” che è utile confutare poiché contribuiscono in modo rilevante alle perplessità e ai rischi di inerzia di imprenditori e famiglie proprietarie.

1. Il ruolo strategico di un CdA richiede ben di più dell’approvazione o meno di proposte strategiche del capo azienda e della sua squadra al momento della decisione finale. Prima di pronunciare un “sì o no” occorre trasmettere la visione e gli indirizzi di fondo e discutere la proposta nei suoi vari stadi, inclusa la definizione dei piani e dei progetti conseguenti; dopo, si tratta di controllare la realizzazione e i risultati delle decisioni prese. Al di là di decisioni specifiche occorre valutare periodicamente la validità del proprio posizionamento alla luce delle performance conseguite in assoluto e rispetto ai concorrenti. Tutto ciò comporta attività rilevanti e impegnative di analisi, discussione, richieste di approfondimento e revisione, verifiche e via dicendo in forte interazione con il top management. E chi, tipicamente nella generazione senior, esce dalla gestione per assumere un ruolo di governance non fa un passo indietro, bensì un passo “verso l’alto”, impegnativo, che mette a disposizione dell’azienda e dei nuovi leader competenze, esperienze, carisma e capacità di rappresentanza accumulati in una vita e fondamentali per la continuità e il successo negli anni a venire.

2. L’attivazione di un CdA dà indubbiamente maggiore struttura ai processi decisionali, ma strutturare non significa automaticamente irrigidire. L’irrigidimento va evitato, ma non prendendo decisioni solo “quando serve”, il che può funzionare in termini reattivi ma “svuota” il processo strategico di molte delle fasi di analisi e discussione sia a monte che a valle delle decisioni. Anzi, una buona struttura consente di organizzare bene il processo strategico in modo da dargli spazio e attenzione adeguati; e la sua costruzione non è poi così “disruptive”.

3. Anche i terzi possono contribuire alle decisioni strategiche in modo complementare a chi è in azienda da anni: in termini di contenuti, apportando conoscenze ed esperienze da settori o funzioni affini; in termini di metodo, offrendo chiavi di lettura innovative, incoraggiando un maggior approfondimento, supportando l’interazione tra consiglieri esecutivi familiari e tra familiari e non familiari, favorendo l’adozione di strumenti di controllo più avanzati. E il ruolo di controllo, se ben esercitato sia dai consiglieri non esecutivi che dai sindaci, è di supporto al CdA e può rivelarsi decisivo per l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, le azioni e le performance del management e i temi di compliance – sempre più rilevanti in tutti i settori.

montemerlo

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