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Evergrande: la versione cinese di Lehman Brothers?
Evergrande rischia di diventare la versione cinese di Lehman Brothers? La domanda è più che lecita e rimbalza da settimane sulle bocche degli analisti finanziari e nelle pagine dei maggiori quotidiani. Certo si teme che il crollo di un’azienda di queste dimensioni abbia ripercussioni sull’intero sistema finanziario cinese, ma per le autorità di Pechino pare essere più importante non tradire la promessa di dare una lezione ai colossi nazionali pieni di debiti. Così, chi si aspettava un salvataggio di Stato è rimasto deluso, ciò non toglie che le «caratteristiche cinesi» si fanno sentire.
Il Wall Street Journal, tanto per cominciare, riporta come le autorità centrali abbiano demandato a quelle locali[1]. «Preparatevi alla tempesta» sarebbe stato l’ordine arrivato alle pubbliche amministrazioni regionali e alle aziende di Stato che operano sul territorio. Significa capire se è possibile terminare di costruire almeno gli appartamenti già venduti, evitare che gli operai dei cantieri che si sono fermati non vengano pagati e monitorare l’opinione pubblica affinché la rabbia montante non si traduca in innumerevoli e poco gestibili «incidenti di massa», ovvero quelle manifestazioni di dissenso di cui la Cina ha smesso di dar conto nel 2005[2].
Di fatto impiegati e piccoli investitori si son già fatti sentire sotto le sedi delle principali agenzie in ogni angolo del Paese. Tra il 70 e l’80 per cento dei dipendenti della Evergrande, infatti, avrebbe ricevuto la richiesta di versare soldi per finanziare le operazioni dell’azienda. Lo aveva riferito un consulente della Evergrande Wealth ai microfoni della Anhui Online Broadcasting Corporation, ma quell’intervista è già stata eliminata da internet[3]. In molti, comunque, sono stati convinti e hanno a loro volta persuaso parenti e amici. Ma a settembre il gruppo ha improvvisamente smesso di rimborsare i prestiti, che erano stati presentati come investimenti con rendite elevate.
Le cose però non sono sempre andate così. Per più di vent’anni la Evergrande è stata la più grande società immobiliare della Cina e ha fatto soldi grazie a un boom edilizio mai visto prima su scala mondiale. Più l’edilizia cresceva, più la Evergrande si espandeva in altri settori: acqua in bottiglia, sport professionali, veicoli elettrici. Banche e investitori la finanziavano volentieri, scommettendo su una classe media in ascesa e sempre più numerosa e sulla sua fame di case di proprietà. Così se un tempo la Evergrande era la società immobiliare più redditizia della Cina, oggi è l’azienda più indebitata del Paese.
Deve denaro a banche, fornitori e investitori stranieri; deve appartamenti non ancora completati a persone che li avevano comprati in anticipo; ha accumulato più di 300 miliardi di dollari in fatture non pagate; deve affrontare cause intentate dai creditori; e nell’ultimo anno ha visto le sue azioni perdere più dell’80 per cento del loro valore. Si calcola che tra il 2016 e il 2020 le passività di Evergrande sia almeno raddoppiate fino a raggiungere gli odierni 300 miliardi, di cui il 30 per cento sono lavori non pagati ai fornitori e mai quantificati prestiti alle banche più o meno locali delle città in cui operava[4]. Inoltre, secondo le stime della banca britannica Barclays la Evergrande, che spesso vende in anticipo gli appartamenti per raccogliere denaro in contanti, è indebitata con gli acquirenti di quasi 1,6 milioni di appartamenti e potrebbe esserlo anche con decine di migliaia di suoi lavoratori. E come se non bastasse, l’azienda ha quasi ottocento cantieri aperti in più di duecento città cinesi.
La crisi del gruppo immobiliare Evergrande mette in difficoltà un settore che, secondo le stime della Bank of America, contribuisce al 28 per cento del PIL della Cina e ne ha influenzato fortemente la crescita[5]. Ma sono almeno dieci anni che in Cina si parla di bolla immobiliare, di intere città fantasma, new town costruite per rimanere troppo a lungo vuote, di urbanizzazione forzata e di mercato immobiliare drogato. Ma solo di recente il settore è finito sotto osservazione. Le autorità cinesi volevano mettere fine agli anni folli del boom e hanno spinto le aziende a ripagare i debiti contratti. L’obiettivo principale era ridurre l’esposizione delle banche ma il risultato è stato che ai grandi – e già indebitati – costruttori come la Evergrande sono stati sottratti i soldi di cui avevano bisogno per completare gli appartamenti che in gran parte erano già stati venduti.
Cosa succederà lo scopriremo presto. Il 24 settembre, nel silenzio di debitrice e debitori, è passata la scadenza per la restituzione di 83,5 milioni di dollari. Da quella data l’azienda ha 30 giorni per ripagare il debito. Se non lo fa sarà costretta a dichiarare fallimento. Vedremo se Pechino lo permetterà e, se sì, come. Quello che è certo è che un terremoto si è abbattuto sulla nuovissima Cina di Xi Jinping. E la terra ancora non ha smesso di tremare.
[1] «China Makes Preparations for Evergrande’s Demise», Wall Street Journal, 23 settembre 2021.
[2] «Counting Contention», Made in China Journal, 24 dicembre 2017.
[3] «Evergrande Gave Workers a Choice: Lend Us Cash or Lose Your Bonus», The New York Times, 19 settembre 2021.
[4] «Why Did China Even Allow Evergrande to Last This Long?», Bloomberg, 23 settembre 2021.
[5] «China’s Property Slowdown Sends Chill Through the Economy», Financial Times, 21 settembre 2021.