I fattori di cambiamento della mobilità urbana
Muoversi in città, un concetto che non sempre evoca associazioni positive. I trasporti sono sul banco degli imputati quando si parla di transizione green, e a buon titolo: fanno parte dell’unico segmento del comparto energy che dalla fine del secolo scorso ha aumentato le emissioni di CO2, stima l’Agenzia Europea per l’Ambiente (2022). Non solo, il traffico urbano è diventato nel tempo un elemento oggettivo di limitazione delle libertà individuali: per percorrere dieci chilometri in città, un residente di Londra impiega in media 36 minuti, mentre a Milano ne occorrono 27 (TomTom, 2022). Non meno rilevante è la questione dello spazio urbano: i veicoli a quattro ruote occupano fino all’85% delle superfici pubbliche (FIAB del 2025), e soprattutto stazionano immobili per il 92% del tempo (Commissione Europea, 2023). Ma soprattutto e infine: la mobilità urbana resta strutturalmente inefficiente, anche perché continua a essere un fatto largamente privato. Anche nelle città più virtuose d’Europa, come Parigi, Stoccolma o Stoccarda, i cittadini che si servono del trasporto pubblico come modalità di spostamento preferita superano di poco il 50%. E si parla di best practice, non certo della norma.
Se si considera che già oggi circa la metà della popolazione mondiale vive in centri urbani, e che tale quota è destinata a crescere del 40% nei prossimi venticinque anni (Banca Mondiale, 2024), appare evidente come ripensare e rimodulare la mobilità urbana sia un diritto-dovere che riguarda cittadini, amministratori locali e centrali e studiosi. Ma anche e soprattutto un’opportunità straordinaria per lo sviluppo d’impresa: come si usa dire, solve a trillion-dollar problem if you want to have a billion-dollar business.
In questo focus confluiscono alcune ricerche del laboratorio mobiUS (Smart & Sustainable Mobility Lab) di SDA Bocconi condotte nel biennio 2024-2025. I temi affrontati sono molteplici e includono l’adozione di powertrain a zero emissioni, forme di mobilità condivisa e servizi di noleggio, ma anche il ruolo di elementi soft come il sistema di valori che guida le nuove generazioni verso le nuove forme di mobilità.
Lo spaccato che emerge dalle analisi è quello di una domanda di mercato con una propensione non trascurabile verso nuove forme di mobilità, ma anche orientata a scegliere in modo pragmatico, attento ai costi e contingente al contesto d’uso. Se nell’immaginario tradizionale il cittadino è concepito come un individuo che utilizza il mezzo privato “quando può” e quello pubblico “quanto deve”, oggi i dati suggeriscono che questa dicotomia potrebbe aver lasciato il passo a un consumatore di “polimobilità”, che si muove con maggiore fluidità tra mezzi di proprietà, soluzioni di noleggio e servizi condivisi in base alle esigenze specifiche della situazione. Uno scenario che sembra lasciare più spazio alle nuove forme di business, ma solleva anche interrogativi per quelle strategie che puntano a costruire basi cliente ampie, stabili e fidelizzate. In un contesto dove le esternalità positive e negative delle scelte di consumo individuale sono visibili e tangibili, queste caratteristiche della domanda sono ragionevolmente anche fonte di riflessione per chi si occupa della cosa pubblica e degli investimenti infrastrutturali necessari per un efficientamento della mobilità urbana.
Foto iStock / Tanatpon Chaweewat