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15/12/2025 Donato Masciandaro

Contante e moneta digitale, attenzione alla sindrome di Stoccolma

L’Unione Europea deve avere sia il contante che l’euro digitale, come forme complementari di moneta pubblica. La moneta pubblica è condizione necessaria per garantire l’efficacia del sistema dei pagamenti, ma anche della politica monetaria, nonché per tutelare la concorrenza e i diritti dei consumatori, e più in generale la sovranità e la sicurezza nazionale. In Svezia il contante sta sparendo e la corona digitale non è stata ancora introdotta. L’Unione non deve ripetere l’errore svedese.

L’euro digitale è un investimento pubblico che va fatto al più presto. L’Unione deve avere al contempo l’euro cartaceo e quello digitale. La ragione: meno si utilizza la moneta pubblica, più è alto il rischio di divenire ostaggio delle monete private ed estere, magari senza accorgersene, anzi favorendole. E’ una sorta di sindrome di Stoccolma, ed è quello che sta accadendo in Svezia. L’unica ad essere preoccupata della situazione che si sta creando è la banca centrale, mentre i politici finora hanno ignorato il problema. E’ un caso di cattura del regolatore da parte dei regolati?

Il punto di partenza è toccare con mano cosa significa vivere in un Paese dove il contante è letteralmente sparito; basta trascorrere qualche giorno a Stoccolma. Poi si guardano i dati aggregati, che confermano l’impressione del viaggiatore: tra i Paesi industrializzati, la Svezia – insieme alla Norvegia – ha un comportamento unico, perché l’utilizzo del contante è crollato. Come mai? Ma è un fatto importante?

La risposta alla prima domanda si ottiene dall’analisi economica della domanda di moneta, che ci insegna che la moneta emessa dallo Stato, quindi pubblica, oltre ad essere il metro per calcolare tutti i prezzi, svolge due funzioni: è mezzo di pagamento, ed anche riserva di valore. Ciascuna delle due funzioni risponde all’esigenza razionale di ciascuno di noi di coprire due diverse forme di rischio.

Per un verso, ogni agente economico desidera minimizzare il rischio di illiquidità, ovverossia il non essere in grado di utilizzare il suo potere d’acquisto quando decide di farlo. Il rischio di illiquidità è massimo in una economia di baratto; questa è la ragione per cui qualunque comunità, prima o poi, “inventa” una moneta, cioè uno strumento che viene accettato negli scambi di beni e servizi. La moneta pubblica, in quanto ha sempre il cosiddetto potere liberatorio negli scambi – nessuno può rifiutarsi di accettarla - sancito per legge, è mezzo di pagamento per antonomasia.

Per un altro verso, sempre ogni agente vuol minimizzare il rischio di svalutazione del suo potere d’acquisto, cioè il valore di reddito e ricchezza in termini di beni e servizi. La moneta pubblica non ha un rendimento, ma essendo unità di conto, mantiene costante il suo valore nominale, quindi può essere considerata una riserva di valore.

Nel caso del contante, si scopre una ulteriore distinzione, che consente di separare le due funzioni, che è quella tra banconote di taglio normale e quelle di taglio grande. Le banconote normali sono di norma utilizzate come mezzo di pagamento, mentre quelle di grande taglio più come riserva di valore. E’ così possibile distinguere tra una domanda di contante “per la spesa”, misurata dall’utilizzo delle banconote “normali”, e la domanda di contante “per l’accumulo”, calcolata dall’uso delle banconote “grandi”.

La peculiarità della Svezia si scopre focalizzandosi sulle banconote “grandi”. In generale, un cittadino può domandarle poiché le considera una riserva di valore, almeno in termini nominali. Poi ci sono cittadini “particolari”, che preferiscono il contante per la sua proprietà di essere anonimo. L’anonimato può essere gradito per ragioni culturali e ideologiche, quando si è particolarmente sensibili alla riservatezza delle informazioni personali. Ma l’amore per l’anonimato può nascere da ragioni economiche, in quanto le risorse che si vogliono detenere in contanti sono il frutto di operazioni illegali, che vanno dall’evasione fiscale alle attività criminali. Inoltre, occorre distinguere tra i tempi normali e i tempi di crisi; nel secondo caso, i dati ci dicono che aumenta la propensione a detenere la moneta pubblica, a discapito della moneta emessa dai privati, che è generalmente rappresentata dai depositi bancari.

La Svezia è allora un Paese speciale perché la domanda delle banconote “grandi” è più bassa. Le ragioni sono almeno quattro. Primo: dopo gli anni Ottanta, l’intervento pubblico di salvataggio delle banche – che è ritenuto tra i più efficaci realizzati nei Paesi avanzati – ha reso stabile la fiducia nelle banche. Per cui anche quando – ad esempio durante la Grande Crisi Finanziaria – negli altri Paesi la domanda di banconote “grandi” è aumentata, il fenomeno non si è verificato in Svezia.

Secondo: la domanda di anonimato per ragioni legate alle attività illegali e criminali è endemicamente più bassa. Terzo: quando c’è un cambiamento delle banconote, la legislazione svedese rende fuori corso le “vecchie” rispetto alle “nuove”, rendendo meno appetibile detenere la moneta privata. Quarto: le banche hanno progressivamente ridotto gli sportelli, ma anche i bancomat sono vertiginosamente diminuiti.

Il risultato finale? Il contante è sparito, e il cittadino che vorrebbe ancora spenderlo – sono circa un milione, nelle fasce più disagiate, economicamente o geograficamente – ha difficoltà, perché i punti vendita lo rifiutano. Ironia della storia: la Svezia, nel 1661, fu il primo Stato europeo ad introdurre le banconote.

La Riksbank, che è la banca centrale svedese, è molto preoccupata. La ragione è macroeconomica: meno esiste moneta pubblica, maggiori sono le inefficienze nella condotta di una serie di politiche, sia economiche – sistema dei pagamenti, politica monetaria, politica della concorrenza, tutela del consumatore – che di ordine generale, prima fra tutte la sicurezza nazionale.

Per questo la Riksbank è da un decennio la prima banca centrale che vorrebbe una corona digitale. Ma è una voce nel deserto. Il cittadino svedese medio è verosimilmente ignaro, o indifferente, dei rischi macroeconomici che il deficit di moneta pubblica può provocare al suo Paese. Ed i politici? L’ultima volta che si sono occupati del sistema dei pagamenti non hanno ritenuto che fosse un argomento rilevante né la scomparsa del contante, né l’assenza di una moneta pubblica digitale. I motivi possono essere due, e non sono alternativi. Se il politico ha una funzione obiettiva il cui unico argomento è massimizzare il consenso, se nel suo Paese i cittadini non percepiscono un problema, automaticamente la questione della moneta pubblica è irrilevante anche per lui. Inoltre, il deficit di moneta pubblica va a tutto vantaggio delle monete private, tradizionalmente emesse dalle banche, ma oggi anche da soggetti non bancari, nazionali ed esteri, attivi anche nel settore delle attività finanziarie digitali. Quanto più è probabile che soggetti privati possano essere strumenti per aumentare il consenso, tanto più verosimile è l’ipotesi che il politico sia “catturato” dagli interessi privati, favorendoli.

Dunque: se il contante si riduce, occorre creare la moneta pubblica digitale. La complementarietà tra moneta pubblica fisica e digitale è stata recentemente sottolineata da Piero Cipollone, membro esecutivo della BCE, proprio a proposito dell’euro digitale. Le monete private, tradizionali ed innovative, nazionali ed estere, non devono monopolizzare gli scambi, sequestrando l’economia. Il rischio già esiste, pensando alle iniziative in corso oltre Atlantico, quali le cosiddette monete stabili, che più correttamente andrebbero definite pseudo-stabili. In Svezia la Riksbank predica al vento. I politici svedesi non vedono il problema. La classe politica europea non deve ripetere lo stesso errore.

 

Per saperne di più:

  • Armelius, H., Claussen, C.A. and Reslow, A. (2020), Withering Cash: Is Sweden Ahead of the Curve or just Special?, Sveriges Riksbank, Working Paper Series, n.393.
  • Borestam, A. and Pedersen, M.  (2024), The Digital Euro and its Potential Consequences for Sweden, Sveriges Riksbank, Staff Memo, May.
  • Burge, A. (2024), Payments that don’t Function in Day-to-Day Life will not Function in a Crisis either, Sveriges Riksbank, Open Forum, April, 25.
  • Burge, A. (2025), Legislation Needed to Protect the Status of Cash, Swedish Parliament, Seminar, January, 21.
  • Burge, A. (2025), Public-private Sector Cooperation is Key to a Secure, Accessible and Innovative Payments Market, SEB Northern Thoughts Day, February, 12.
  • Cipollone, P. (2025), Introductory Statement, Committee on Economic and Monetary Affairs of the European Parliament, Brussels, July, 14.
  • Engert, W., Fung, B. and Segendorff, B. (2019), A Tale of Two Countries: Cash Demand in Canada and Sweden, Sveriges Riksbank, Working Paper Series, n.376.
  • Khiaonarong, T. and Humphrey, D.  (2023), Measurement and Use of Cash by Half the World’s Population, International Monetary Fund, Working Paper Series, n.62.
  • Rosl, G., Seitz, F. (2021), Cash Demand in Times of Crises, University of Applied Sciences Amberg-Weden, Discussion Paper Series, n.83.
  • Sveriges Riksbank (2023), Consultation Response Regarding The State and Payments, October, 10.
  • Sveriges Riksbank (2024), E-Krona Pilot Phase 4, E-krona Report, March.
  • Sveriges Riksbank (2025), E-Krona, May, 27.
  • Shy, O. (2023), Cash is Alive: How Economist Explain Holding and Use of Cash, Journal of Economic Literature, 61(4), 1465-1520.
  • Tarlin, S. (2021), The Future of Cash, Federal Reserve Bank of Philadelphia, Supervision, Regulation, and Credit Department, Discussion Paper Series, n.20-03.

 

Donato Masciandaro è Professore di Economia Politica presso l’Università Bocconi, dove è titolare della Intesa Sanpaolo Chair in Economics of Financial Regulation. Dal 1989 scrive sul Sole24Ore. Dal 2005 per Economia & Management riprende e sviluppa i commenti e le analisi pubblicate sulle pagine del quotidiano economico-finanziario. Le idee espresse in questo articolo sono personali e non riflettono la posizione che l’autore occupa stabilmente in istituzioni accademiche e temporaneamente in istituzioni pubbliche.


Photo iStock / Nastyaaroma

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