E&M

2023/1

Michele Rutigliano

Management e board: una relazione cruciale nelle operazioni M&A

Vi è chi dubita che si possano realizzare sinergie significative nelle operazioni di acquisizione, ma generalizzare non è lecito, data l’ampia casistica, la necessità di riferirsi al caso specifico e l’impossibilità, nel caso delle società quotate, di dedurre l’attendibilità delle stime dalle reazioni del mercato azionario. Le stime del management della società acquirente potrebbero però essere influenzate dalla volontà di convincere il board della convenienza dell’acquisizione: serve perciò una rigorosa metodologia di valutazione ex ante, che responsabilizzi il management e valorizzi il ruolo del CdA. Un aspetto centrale è quello della completezza e trasparenza delle stime nei confronti del CdA, affinché possa decidere sulla base delle migliori informazioni disponibili. Le stime iniziali riflettono i limiti di una base informativa parziale; la prospettiva del board non deve tuttavia limitarsi alle sole valutazioni quantitative, ove sia evidente la rilevanza strategica dell’operazione. È inoltre importante che risulti chiaramente al board la quota delle sinergie stimate che viene trasferita alla controparte nel prezzo concordato, vale a dire il «premio» rispetto al valore stand alone della target, e che si stimi il payback period di tale premio mediante le sinergie previste. Ogni operazione di acquisizione deve essere seguita da relativa rendicontazione al CdA, secondo un modello operativo che deve replicare quello utilizzato per elaborare le stime sulle sinergie. Questa fase implica un coinvolgimento del management nel rilevare e comunicare il raggiungimento degli obiettivi, le motivazioni degli scostamenti e le considerazioni sulle difficoltà incontrate. Solo così può svilupparsi la necessaria dialettica con il board, valorizzando il suo ruolo di organo di supervisione strategica.

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Nelle operazioni di acquisizione il soggetto acquirente stima di regola le sinergie generate dall’aggregazione delle due entità. Si tratta di una componente del valore attribuito all’azienda target che spesso costituisce una percentuale non trascurabile del valore complessivo stimato. A questo proposito v’è chi ritiene che si tratti di una componente del valore assai di rado confermata ex post a seguito dell’effettiva integrazione, che il management effettui la stima con eccessivo ottimismo per giustificare l’operazione nei confronti del Consiglio di Amministrazione, degli azionisti e degli stakeholder in genere, e che per conseguenza numerose operazioni non diano luogo a una creazione di valore per gli azionisti, o che addirittura distruggano valore[1].

Ritengo che qualsiasi tentativo di generalizzare sulla questione, o comunque di giungere a qualche conclusione aprioristica, non sia accettabile, per tre semplici ragioni.

 

  1. La casistica delle operazioni di M&A è talmente vasta e diversificata da non consentire alcuna sintesi convincente.
  2. Una risposta potrebbe essere data soltanto con riferimento a casi specifici, conoscendo analiticamente come si è giunti a stimare le sinergie individuate e in che misura le evidenze post-integrazione hanno confermato o meno quelle stime. Si tratta di informazioni spesso non disponibili, soprattutto con riferimento ai risultati dell’integrazione, e che quando sono visibili, peraltro, non lo sono immediatamente ma su un orizzonte temporale di lungo termine, variabile nelle diverse fattispecie.
  3. Dedurre una valutazione in merito all’attendibilità delle sinergie stimate, quindi alla plausibilità del prezzo della transazione, sulla base della reazione (eventualmente negativa) del mercato azionario all’annuncio dell’acquisizione – ove l’acquirente sia una società quotata – costituisce un’inaccettabile semplificazione. è irragionevole immaginare che gli analisti e gli investitori in genere dispongano di elementi di valutazione maggiori e migliori rispetto agli organi dell’entità acquirente e che siano quindi in grado di valutare tempestivamente, secondo una vista ex ante, la capacità di conseguire le sinergie stimate in una prospettiva valutativa non di breve termine. In tal modo, peraltro, sarebbero comunque considerate soltanto le entità quotate, risultando necessariamente escluse tutte le operazioni (la maggior parte) che interessano società non quotate.

Queste brevi premesse non devono tuttavia indurre a ritenere che la stima delle sinergie proposta dai soggetti acquirenti sia per lo più attendibile e di regola sufficientemente realistica. Al contrario, è ragionevole il sospetto che le stime interne possano essere talvolta orientate dalla volontà di giustificare la transazione, con il supporto di advisor non sempre neutrali rispetto alla conclusione dell’operazione. è quindi opportuno che le stime siano realizzate, per quanto possibile, con una metodologia rigorosa, affidabile, soprattutto più trasparente nei confronti del CdA, secondo un efficace modello di governance.

Trasparenza della stima delle sinergie nei confronti del CdA

Occorre però subito sottolineare che una prima stima del valore di acquisizione è effettuata spesso in presenza di informazioni parziali, frammentarie, a loro volta oggetto di stime, in assenza di dettagliate informazioni sui piani industriali dell’impresa target e prima di poter svolgere una due diligence contabile, fiscale, legale: informazioni che talvolta potrebbero risultare disponibili nel corso della relazione che si sviluppa con la controparte e secondo la natura dell’operazione e i rapporti tra le due entità. Ne consegue che anche la stima iniziale delle eventuali sinergie riflette i limiti della base informativa. è però importante che il processo decisionale, che si snoda in diverse fasi, evidenzi il grado di attendibilità (auspicabilmente crescente) delle stime, consentendo progressivamente all’organo amministrativo e agli organi delegati, come pure all’organo di controllo, tutti per quanto di competenza, di valutare al meglio l’operazione oggetto di istruttoria.

Tenuto conto di questi aspetti, il management dovrà certamente esporre agli organi aziendali un possibile prezzo di acquisizione, prudentemente stimato, che valorizzi le possibili sinergie derivanti dall’acquisizione per quanto si possa desumere da informazioni incomplete. Purché gli organi aziendali siano resi consapevoli dei limiti intrinseci delle stime e degli effetti di diverse assunzioni nell’ambito di un’analisi di sensibilità dei valori. Così sinteticamente tracciato un trasparente processo di acquisizione, occorre rivalutare il ruolo della eventuale rilevanza strategica dell’operazione, il che non significa attribuire un ruolo secondario alle stime quantitative, bensì riconoscere che, in una valutazione in condizioni di incertezza e in presenza di informazioni limitate, gli organi di gestione e di supervisione strategica devono comunque esercitare le proprie prerogative decisionali alla luce delle proprie conoscenze dell’azienda, del business e del settore di riferimento, delle eventuali ulteriori opzioni che il perfezionamento dell’operazione potrebbe consentire. Il board non può sempre assumere decisioni soltanto sulla base degli algoritmi proposti dalla finanza d’azienda, utili – anzi, indispensabili – strumenti tecnici di riferimento, da calare però nella realtà dei processi decisionali e coerentemente con una ben argomentata visione prospettica, che potrebbe in talune specifiche circostanze superare valutazioni strettamente quantitative.

Si ribadisce, quindi, la centralità del tema della trasparenza nei confronti del CdA da parte delle strutture deputate a istruire le operazioni di M&A e di investimento, rispetto alle assunzioni, alla qualità e quantità delle informazioni, al grado di incertezza, decrescente ma sempre presente; tutti elementi che caratterizzano le stime proposte nelle varie fasi del processo decisionale fino alla delibera. Ovviamente le sinergie stimate non potranno mai trovare precisa conferma nei valori rilevati a consuntivo, anche ove queste siano state valutate ex ante con la migliore comprensione dei processi e delle azioni necessarie per realizzarle. Il management post-acquisizione dovrà porre in essere tutte le azioni volte a cercare di cogliere per quanto possibile le sinergie attese, spesso alla base delle valutazioni di convenienza che hanno giustificato l’operazione ai prezzi concordati, e dovrà auspicabilmente rendicontare agli organi aziendali i risultati del processo di integrazione in maniera analitica, non nell’ambito di consuntivi gestionali dall’ampio perimetro che non consentono di valutare ex post i risultati dell’operazione.

Prevedere procedure che impongano tali livelli di trasparenza dovrebbe favorire decisioni di acquisizione a prezzi che riconoscano a favore della controparte quote delle sinergie nella misura minima possibile, comunque accettabile alla luce della dialettica negoziale. Diversamente, la controparte venditrice otterrebbe immediatamente, infatti, una significativa anticipazione di valori che il management dovrà impegnarsi a generare per importi non scontati, e certamente diversi da quelli previsti, e in tempi non facilmente prevedibili anche in relazione alla tipologia delle sinergie attese.

Completezza e trasparenza delle stime sono necessarie ai fini delle decisioni, qualità spesso insufficienti, non necessariamente per la volontà del management di non trasferire agli organi maggiori dettagli su risultati attesi, rischi e incertezza delle stime. Forse non di rado per una inadeguata sensibilità degli organi aziendali rispetto alle complessità delle operazioni proposte e dei processi valutativi alla base delle stime dei valori di acquisizione. Vi è quindi anche un rilevante e più complessivo tema di governance che non favorisce la qualità dei processi decisionali.

Trasparenza interna sulla condivisione del valore delle sinergie

Sotto il profilo metodologico, la stima delle sinergie richiederebbe teoricamente, ma direi astrattamente, di valutare le due entità distintamente, di valutare poi le due entità integrate e di calcolare infine la differenza fra il valore delle entità integrate e la somma dei valori delle due entità considerate distintamente. Sembra però evidente che ciò equivale di fatto a una rinuncia alla stima analitica delle sinergie nelle varie componenti, poiché la stima dei flussi di cassa per l’entità risultante dall’aggregazione non richiede e non prevede di dettagliarne la composizione. Quindi, nella prospettiva delle valutazioni manageriali e delle azioni che dovranno essere poste in essere per identificare le singole fonti di sinergie e porre in essere poi gli interventi per realizzarle, non sostituisce quell’analisi più mirata che si rende necessaria in ogni reale operazione di acquisizione. Quello accennato costituisce peraltro un approccio per certi versi inutilmente complesso e per altri semplificato. è complesso perché richiede tre stime, tra cui quella della stessa entità acquirente, con il rischio concreto di una sommatoria di errori di valutazione, o quanto meno di significative approssimazioni, dovuti alla numerosità dei parametri, delle assunzioni e delle previsioni necessarie. è semplificato, rispetto all’obiettivo della stima delle sinergie, perché la valutazione dell’entità derivante dall’aggregazione difficilmente può addentrarsi in un livello di analisi tale da consentire di identificare distintamente le singole categorie di sinergie, con un’evidente perdita di informazioni di rilevanza manageriale, il che renderebbe perfino poco utile qualificarle come specifiche componenti del valore gestibili e monitorabili dal management e dagli organi aziendali.

In pratica, dunque, le sinergie e le dissinergie stimate di regola si aggiungono algebricamente al valore stand alone stimato per la target al fine di contribuire alla determinazione del suo valore di acquisizione, da intendersi quale prezzo teorico massimo, tenuto conto che una creazione di valore per gli azionisti dell’entità acquirente deriva evidentemente da una differenza (positiva) tra il valore di acquisizione e il prezzo pagato. Si pone quindi di regola il tema della trasparenza, ovviamente soltanto interna all’acquirente, circa la condivisione tra le due entità delle sinergie stimate in quanto derivanti dall’acquisizione. Si ribadisce, a questo proposito, che la piena trasparenza nei confronti dell’organo di supervisione strategica sui profili valutativi dell’acquisizione potrebbe controbilanciare un eventuale eccessivo ottimismo implicito in proposte provenienti dall’organo di gestione e dal management che potrebbero essere ritenute prospetticamente non in grado di assicurare una creazione di valore.

In sintesi, al valore stand alone andrebbe aggiunta/sottratta la seguente somma algebrica, per macrocategorie, i cui importi devono essere computati al netto delle imposte in quanto rilevanti:

 

+ sinergie sulle spese del personale;

+ sinergie sulle spese amministrative;

+ sinergie di ricavi;

- dissinergie di costi e ricavi;

+ sinergie finanziarie;

+ benefici fiscali;

± altre eventuali sinergie/dissinergie;

- oneri di integrazione.

 

Le sinergie di costo devono essere stimate in valore attuale considerando tutte le principali componenti differenziali che possono essere ragionevolmente attribuite all’acquisizione secondo i tempi di effettiva realizzazione, tenuto conto che difficilmente potranno realizzarsi immediati benefici. L’orizzonte temporale teorico di riferimento sarà il medesimo utilizzato per la stima del valore stand alone della target (illimitato o limitato), risultando metodologicamente non giustificabile la considerazione di un diverso periodo, fermo restando che il periodo rispetto al quale si prevede che effettivamente si realizzeranno tali sinergie potrebbe risultare ben più ridotto, ove si identifichino distintamente sinergie temporanee e permanenti.

Analogamente può dirsi per le sinergie nette di ricavi (sinergie al netto delle dissinergie), il cui grado di incertezza viene di regola ritenuto più elevato, con un conseguente impatto sul tasso di attualizzazione. Meno agevole risulta la quantificazione delle sinergie finanziarie, fondate su assunzioni la cui manifestazione è in gran parte estranea al controllo dell’entità acquirente, quindi, se mai, è ragionevole procedere a una eventuale stima soltanto per arricchire il quadro informativo per l’organo decisorio, senza considerare, in via prudenziale, il valore ottenuto come una realistica componente del valore di acquisizione, anche ai fini negoziali con la controparte. Le sinergie fiscali sono invece di determinazione meno incerta, ma in ipotesi di costanza della normativa tributaria di riferimento.

Le sinergie stimate rappresentano quindi una componente del valore attribuito all’azienda target che può essere condiviso in una certa misura con la controparte a seguito del processo negoziale, riconoscendole un premio rispetto alla valutazione stand alone. In fase istruttoria è d’altra parte importante per il management stimare in quanto tempo le sinergie attese consentiranno un recupero del suddetto premio, per esempio calcolando il periodo di pareggio (o di recupero) finanziario attualizzato (o payback period) quale indicatore del rischio implicito nella percentuale di condivisione delle sinergie ipotizzata e poi concordata, rischio ovviamente crescente all’aumentare del premio:

Premio - t = 0 p SIN t ( 1 + k e ) t = 0

ove:

SINt = sinergie nette stimate dall’acquirente per l’anno t (è ragionevole ipotizzare che inizialmente gli oneri di integrazione siano maggiori delle sinergie, quindi SIN<0);

ke = tasso di attualizzazione;

p = incognita, periodo di pareggio finanziario attualizzato, quindi numero di anni necessari affinché le sinergie nette stimate, in valore attuale, consentano il recupero della quota delle sinergie riconosciuta alla controparte.

Poiché le sinergie stimate, e in parte riconosciute nel prezzo offerto, rappresentano di regola la componente più aleatoria, negli importi e nei tempi, del valore – in quanto da realizzare con il successivo massimo impegno futuro di tutte le funzioni aziendali interessate, che si aggiunge all’impegno per conseguire gli obiettivi già impliciti nei risultati attesi dell’acquisita stand alone – è evidente che periodi di pareggio/recupero del premio relativamente lunghi indeboliscono la credibilità della stima e inducono a maggior prudenza nella definizione dell’offerta, o eventualmente persino a rinunciare all’operazione.

Rendicontazione delle sinergie al CdA

Nelle operazioni di M&A non di rado risultano carenti i momenti di rendicontazione periodica e trasparente delle sinergie al CdA, quale organo di supervisione strategica. Ma, ancor prima della fase propriamente realizzativa, al Consiglio andranno rappresentate stime più realistiche, in quanto supportate dalle più analitiche informazioni disponibili post-acquisizione, e gli scostamenti rispetto alle stime iniziali che hanno contribuito a definire il prezzo offerto andranno adeguatamente motivati.

I momenti di rendicontazione rappresentano indubbiamente per il management un impegno rilevante, ma assolutamente necessario, per confermare la bontà dell’acquisizione, valutare i motivi degli scostamenti e le difficoltà incontrate, nonché la capacità della funzione M&A, e del management in generale, di stimare ex ante con adeguata ragionevolezza queste componenti del valore. In tal modo l’organo amministrativo potrà anche valutare se e in che misura l’acquisizione sia stata sostanzialmente indirizzata dagli organi delegati, in primis il CEO se delegato anche alla gestione delle operazioni straordinarie, con motivazioni non chiaramente riconducibili all’obiettivo di creazione di valore per gli azionisti, tutto ciò evidentemente anche nell’interesse dei soci dei quali l’organo è diretta espressione. è d’altra parte evidente che potrebbe risultare eccessivo ipotizzare rendicontazioni periodiche scadenzate lungo l’orizzonte temporale utilizzato per la valutazione manageriale delle sinergie; una rendicontazione periodica limitata nel tempo risulta sufficiente ai fini in oggetto, salvo esigenze e situazioni particolari che consentano di accorciare o richiedano di allungare il periodo del monitoraggio.

Per quanto riguarda, in particolare, i soci e il ruolo dell’assemblea degli azionisti, un articolato modello operativo per le fasi di previsione, condivisione e rendicontazione consentirebbe al CdA di rispondere prontamente in assemblea in merito a ragioni e risultati dell’acquisizione che, se particolarmente rilevante, potrebbe essere oggetto di precise richieste di un’adeguata informativa per il doveroso vaglio dei soci.

Il modello di rendicontazione dovrebbe evidentemente replicare analiticamente quello utilizzato ai fini delle stime effettuate dalle competenti strutture al momento dell’istruttoria dell’operazione, evidenziando linea per linea, come tipicamente nei budget presentati agli organi: stime; consuntivi; scostamenti; previsioni; commenti. In mancanza di ciò, il processo di acquisizione risulta incompleto e autoreferenziale, e agli organi aziendali rimarrebbe la responsabilità ma non il controllo. Il management impegnato sul progetto di integrazione, eventualmente organizzato in un Project Management Office (PMO), dovrebbe quindi essere responsabilizzato specificamente rispetto al conseguimento delle sinergie stimate, relazionando agli organi aziendali secondo quanto sopra enunciato. Ed è evidente che il grado di approfondimento che ha caratterizzato la stima delle sinergie nella fase ante-aggregazione, necessariamente e motivatamente corretta nei primi tempi dopo l’acquisizione sulla base delle più precise informazioni disponibili, non soltanto – per quanto possibile – rende più precisa la stima, ma impone anche un più responsabile coinvolgimento del management nella fase realizzativa, una più mirata verifica e rendicontazione circa il raggiungimento degli obiettivi e un più puntuale monitoraggio degli organi amministrativo e di controllo, ciascuno per quanto di competenza.

Non ci si nasconde che in fase di rendicontazione non è sempre agevole distinguere in concreto i risultati ottenuti in quanto derivanti dalle sinergie attese, sulla base di specifica pianificazione e responsabilizzazione del management, da risultati che dipendono da variabili di mercato o aziendali indipendenti, i cui effetti economici si sarebbero manifestati comunque e non sono riconducibili alla categoria delle sinergie e alle azioni pianificate. Si può però ritenere che non sia necessario tentare di scorporare i due effetti all’inutile ricerca di una difficile precisione; la rendicontazione sarà utilmente inquadrata entro un’analisi degli scenari favorevoli o sfavorevoli nei quali la gestione del processo di integrazione si è svolta, consentendo così, sotto questo profilo e in una prospettiva di performance attribution, sufficienti valutazioni qualitative, come sempre quando si confrontano target, budget e consuntivi.

In sintesi

    Vi è chi dubita che si possano realizzare sinergie significative nelle operazioni di acquisizione, ma generalizzare non è lecito, data l’ampia casistica, la necessità di riferirsi al caso specifico e l’impossibilità, nel caso delle società quotate, di dedurre l’attendibilità delle stime dalle reazioni del mercato azionario. Le stime del management della società acquirente potrebbero però essere influenzate dalla volontà di convincere il board della convenienza dell’acquisizione: serve perciò una rigorosa metodologia di valutazione ex ante, che responsabilizzi il management e valorizzi il ruolo del CdA.

      Un aspetto centrale è quello della completezza e trasparenza delle stime nei confronti del CdA, affinché possa decidere sulla base delle migliori informazioni disponibili. Le stime iniziali riflettono i limiti di una base informativa parziale; la prospettiva del board non deve tuttavia limitarsi alle sole valutazioni quantitative, ove sia evidente la rilevanza strategica dell’operazione. È inoltre importante che risulti chiaramente al board la quota delle sinergie stimate che viene trasferita alla controparte nel prezzo concordato, vale a dire il «premio» rispetto al valore stand alone della target, e che si stimi il payback period di tale premio mediante le sinergie previste.

      Ogni operazione di acquisizione deve essere seguita da relativa rendicontazione al CdA, secondo un modello operativo che deve replicare quello utilizzato per elaborare le stime sulle sinergie. Questa fase implica un coinvolgimento del management nel rilevare e comunicare il raggiungimento degli obiettivi, le motivazioni degli scostamenti e le considerazioni sulle difficoltà incontrate. Solo così può svilupparsi la necessaria dialettica con il board, valorizzando il suo ruolo di organo di supervisione strategica.

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Questo e altri temi di discussione sono trattati nel volume M. Rutigliano (a cura di), Temi di valutazione d’azienda. Letture e casi, Milano, Egea, 2022.