E&M

2002/2

Tarasso Tarasso

Se cento giorni vi sembran pochi…

Scarica articolo in PDF

“Se penso che hanno approvato una legge che si limita a depenalizzare il reato di falso in bilancio mi sento più tranquillo. Sulle prime temevo che lo rendessero obbligatorio.”

C. Turati

Dunque, era circa un anno fa che sui muri di tutte le città svettavano i manifesti del grande sogno. Erano gli impegni concreti:

· città più sicure;

· pensioni più dignitose;

· più lavoro per tutti;

· meno tasse per tutti;

· più tette per Titti – la figlia minore del premier che porta un reggiseno concavo;

· più tatto per Totti – un impegno concreto a favore del bel gioco non poteva mancare.

Dietro a un sessantenne con la faccia del colorito del sedere di un neonato (microritocchi, si capisce, giusto per togliere un po’ di grigio e la riga in mezzo alle chiappette infantili), pensionati, casalinghe, imprenditori, studenti, operai, disoccupati, donne manager, professionisti, per non citare tutti gli altri. A tutti la promessa giusta, la giusta dose di speranza e la sola richiesta: “Datemi cento giorni” e vi faccio vedere io cosa so fare. Pochi impegni da subito, ma concreti: snellire la compagine di ministri, sottosegretari e compagnia briscola; organizzare al meglio il G8, ridare lustro all’immagine del paese ecc. Passato il G8, fatte le corna un po’ qui un po’ lì, moltiplicati i sottosegretari, cento giorni sono passati e, se non sono migliorate le tette di Titti, figurarsi tutto il resto.[1] Ma forse avevamo capito male. Forse non erano i primi cento giorni a contare, ma gli ultimi. Nel frattempo, abbiamo visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare.

Le iniziative che val la pena di ricordare…

La soppressione della tassa di successione. A brevi linee, e nel pieno rispetto del principio dell’uguaglianza – fondativo della repubblica francese –[2] chi muore è uguale per tutti, senza distinzioni di sesso, religione, colore della pelle e censo. Sulle prime, il governo pareva intenzionato anche a garantire il paradiso a ogni defunto, ma alcune oscure manovre dell’opposizione hanno impedito alle forze innovative di sprigionare tutte le proprie energie.

La depenalizzazione del falso in bilancio. In linea di principio, il falso in bilancio continua a costituire un reato ma solo se qualcuno se ne accorge. Secondo la nuova legge, le imprese colte con le mani nella marmellata possono alternativamente scegliere se ricusare il giudice o ricevere del carbone nella calza della befana. Grazie a un emendamento fortemente voluto dalle forze più liberiste all’interno della coalizione di governo, dalle scritture contabili obbligatorie sono stati cancellati i ratei e i risconti, rispettivamente sostituiti dalla mousse al cioccolato e dal sorbetto alla mela. Si pensava anche di eliminare interamente l’istituto del bilancio a vantaggio di un più pratico pandoro Paluani, ma le difficoltà incontrate dal Milan in casa contro il Chievo hanno fatto ripensare il ministro Tremonti. Se ne riparlerà solo alla fine del campionato.

La legge sulle rogatorie. In massima sintesi, e onde evitare a Cesare Previti di ricusare anche sua madre, si è valutato che eventuali documenti accusatori nei confronti dell’imputato provenienti dall’estero possano essere considerati validi solo se consegnati nel formato originale, controfirmato in ogni pagina da almeno la metà della popolazione residente nel paese d’origine, accompagnati da un gruppo di merengue legalmente riconosciuto dalla difesa e sono, come è giusto, comunque validi solo se l’imputato ha l’acetone.

Il rientro dei Savoia. Accogliendo l’invito del presentatore Fabio Fazio – e soprattutto della città di Ginevra che ne ha piene le palle di quei quattro spaccamaroni –, il governo si è preso la responsabilità di eliminare l’articolo transitorio della Costituzione che impedisce agli eredi maschi di casa Savoia di mettere piede in Italia. Il giuramento di fedeltà alla repubblica pare un problema ormai superato. Il governo, infatti, si limiterà a verificare che i vecchi re presentino un certificato di sana e robusta costituzione.

E quelle che stiamo aspettando…

Città più sicure. Il problema delle città è, ovviamente, al centro dell’agenda del governo. Come ha avuto recentemente a dichiarare il sottosegretario per le città più sicure, “Stiamo valutando alcune proposte concrete, tra cui: aumentare la sicurezza delle città e rendere le città meno insicure”.

Pensioni più dignitose. Il problema delle pensioni occupa, ovviamente, un ruolo centrale nell’agenda del governo. Come ha avuto recentemente a dichiarare il sottosegretario per le pensioni più dignitose, “Stiamo valutando alcune proposte concrete tra cui: rendere le pensioni più dignitose e aumentare la dignità delle pensioni”.

Più lavoro per tutti. Il problema dell’occupazione è, ovviamente, al primo posto nel cuore del governo. Come ha avuto recentemente a dichiarare il sottosegretario per più lavoro per tutti, “Stiamo valutando alcune proposte concrete tra cui: garantire più lavoro per tutti e diminuire la disoccupazione”.

Una giustizia più giusta. Il problema delle giustizia si colloca, ovviamente, al primo posto del calendario di lavori del governo. Come ha avuto a dichiarare il sottosegretario per una giustizia più giusta, “Stiamo valutando alcune proposte concrete tra cui: rendere la giustizia più giusta e creare le condizioni per una giustizia meno ingiusta”.

Una scuola che insegni. Il problema dell’istruzione è, ovviamente, al centro delle preoccupazioni del governo. Come ha avuto a dichiarare il sottosegretario per una scuola che insegni, “Stiamo valutando alcune proposte concrete tra cui: creare una scuola che insegni di più e eliminare una scuola che insegni di meno”.

Meno tasse per tutti. Il problema delle tasse ha, ovviamente, un posto di primo piano nelle manovre del governo. Come ha avuto a dichiarare il sottosegretario per meno tasse per tutti, “Stiamo valutando alcune proposte concrete tra cui: diminuire le tasse per tutti e abbassare per tutti le tasse”.

Lasciatemi lavorare

Naturalmente, mi si dirà, tutte queste sono solo delle facili insinuazioni. Un anno fa il governo entrante mise alla porta del palazzo il cartello “Stiamo lavorando per voi” e nessuno si può illudere che un anno di buon governo e di democrazia possa rimediare a decenni di comunismo, di mal costume. I semi però già si vedono: un premier che fa rimuovere le mutande dal centro storico di Genova (“Una nazione si giudica anche dalla sua biancheria intima e io, modestamente, lo nacqui”), un premier che bacchetta i propri pari grado europei sul loro rapporto con Bush (“Glielo avevo detto: andiamo tutti insieme, se no magari quello si ricorda di Bellini e Cocciolone e mi lascia a casa”), un premier che va ad interim se serve (“E non dite mai ‘interim’: sono comprovatamente milanista e Terim l’ho anche cacciato”), un premier che rilancia il gesto delle corna a livello continentale (e dire che noi pensavamo che Leone fosse un pirla), un premier che mostra le scarpe senza rialzo alla CNN (“Basta con queste dicerie che porto i tacchi: lo sanno tutti che senza il tailleur giusto è di cattivo gusto”), un premier che si presenta al meeting dei ministri degli esteri vestito come un pastore sardo – ma firmato, un premier che affronta il conflitto di interessi con la stessa veemenza di un amministratore di condominio; un premier – per dirla come qualcuno – uno e trino: Silvio per la politica, Piersilvio per la televisione e Paolo per la giustizia. Insomma, basta con i pettegolezzi. Come ebbe a dire una persona più importante di lui: “Non stare a guardare la pagliuzza nell’occhio del tuo nemico, prova a tirargli una trave in testa”.

1

“La stampa comunista, come sempre, ha frainteso il concetto di snellimento: nel mio governo non conta il numero ma il peso. E vi posso garantire che 100 sottosegretari a dieta sono molto più efficienti di 50 che non vanno mai in palestra” ha dichiarato il premier al proposito.

2

Secondo la proposta di riforma costituzionale attualmente in discussione, la parola uguaglianza potrebbe essere alternativamente sostituita con Mira Lanza oppure con paranza (“Tanto fanno rima lo stesso”, è l’opinione del Sottosegretario per il cambiamento delle parole con altre parole del presente governo).