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Concorrenza e concentrazione tra banche, neobank e istituti di pagamento
Concorrenza e concentrazione sono fenomeni che interessano contemporaneamente banche tradizionali, neobank e istituti di pagamento. Come è noto, le prime sono veri e propri intermediari finanziari. I terzi sono invece aziende di servizi che, almeno per il momento, non intermediano alcunché. Le seconde sono entità relativamente ibride, anche se è difficile generalizzare perché sono estremamente diverse fra loro.
L’evoluzione del contesto in cui queste tre categorie di operatori agiscono parte dall’idea di poter produrre nuovi servizi finanziari di varia natura, e specialmente quelli di pagamento, in modo semplice, poco costoso, efficiente e trasparente, generalmente per 365 giorni l’anno e 24 ore al giorno. La loro attività, almeno agli inizi, è stata rivolta soprattutto a cercare di acquisire in qualche modo la clientela che utilizzava i loro stessi servizi, o servizi simili ai loro, ma prodotti da banche tradizionali. La concorrenza con queste ultime è stata evidente e le banche tradizionali hanno perso quote nei mercati dei servizi in questione. Lo sviluppo delle neobank e degli istituti di pagamento è stato rapido ed essi hanno raggiunto in molti Paesi dimensioni del tutto ragguardevoli sia in termini di numero di clienti sia per quanto riguarda le masse monetarie da gestite. Questo è stato favorito anche da un atteggiamento non molto convinto delle banche, che almeno inizialmente, non credendo possibile lo sviluppo suddetto, hanno adottato un comportamento pressoché solo difensivo, mal organizzato e per nulla deciso.
Da qualche tempo (qui i tempi corrono peraltro velocissimi) le cose sono cambiate e le banche tradizionali, alla luce degli eventi, hanno deciso di cambiare atteggiamento e hanno cominciato a dotarsi di strutture in qualche modo concorrenti con quelle delle neobank e degli istituti di pagamento. Hanno acquisito fintech di varia natura, hanno organizzato nuovi servizi, hanno utilizzato al massimo la loro capacità di investimento, hanno potenziato la loro rete distributiva affiancando nuovi canali a quelli storici, hanno valorizzato la forza delle loro relazioni di clientela, che sono ancora certamente maggiori di quelle dei nuovi venuti.
Questi ultimi stanno reagendo a loro volta, ma non possono nascondere le loro difficoltà, che sono essenzialmente di natura economica. Nonostante i grandi sviluppi della loro attività, buona parte delle neobank e degli istituti di pagamento continua ad essere in perdita. Molte delle loro prestazioni non sono infatti rimunerative. Il problema può essere risolto in due modi. Il primo riguarda l’allargamento della gamma dei servizi resi inserendo prodotti diversi ma più rimunerativi, in grado cioè di bilanciare le perdite dei servizi oggi prestati. Il secondo riguarda l’accelerazione dello sviluppo delle attività attuali, la cui economicità è strettamente collegata alla loro dimensione. Il fenomeno delle economie di scala in questi settori è infatti importantissimo.
Entrambe le possibili soluzioni possono essere ricercate anche, e forse soprattutto, attraverso operazioni di fusione o di incorporazione: nel primo caso coinvolgendo intermediari che già effettuano la produzione e la distribuzione di prodotti e servizi complementari con il loro business; nel secondo caso con acquisizioni di aziende impegnate nello stesso business, che ne aumenterebbero le dimensioni permettendo sia una riduzione degli investimenti soprattutto tecnologici sia la realizzazione di economie di scala.
Anche sulla base di quanto sta accadendo in numerosi Paesi – compresa l’Italia, anche se in verità il problema è al momento di minor conto – la concentrazione è così diventata un processo diffuso e attualissimo. Quasi paradossalmente esso è nel contempo di grande attualità anche nel mondo delle banche tradizionali, che hanno problemi ancor più difficili da risolvere di quelli delle neobank e degli istituti di pagamento e che non risolveranno certamente con la sola concentrazione. Vedi quanto potrebbe accadere nel nostro Paese se questo processo coinvolgesse sia Banca Intesa San Paolo, che mira all’acquisizione della maggioranza del capitale di UBI, sia Carige, MPS e Banca Popolare di Bari che finiranno in braccia che oggi ancora non conosciamo, sia infine il mondo delle BCC e quello delle piccole banche popolari soprattutto del Mezzogiorno.
È così abbastanza naturale che le combinazioni aziendali che portano a una maggior concentrazione dei tre settori prima indicati aumentino considerevolmente così come è assai naturale che la stessa concentrazione riguardi anche i singoli settori. Con riguardo agli istituti di pagamento è del resto opinione largamente condivisa che in Europa fra qualche anno ce ne saranno non più di tre o quattro e lo stesso sembra probabile anche a livello mondiale, dove tuttavia non è ancora chiaro cosa succederà quando i grandi colossi dell’information technology e dell’e-commerce entreranno, più decisamente di quanto stanno facendo oggi, nel mercato in questione.
Il panorama è quindi al tempo stesso chiaro e confuso. È chiaro perché le linee della sua evoluzione non sono discutibili. È oscuro perché non si sa ancora bene quali caratteristiche avranno le singole linee in questione. In ogni caso, il dinamismo che i tre tipi di aziende hanno finora mostrato, soprattutto negli ultimi tempi, è destinato ad accentuarsi e ad accelerarsi. Chi non parteciperà alla gara rischierà di essere escluso dal mercato, a beneficio di quelli che invece usciranno vincitori.
Roberto Ruozi è Professore emerito dell'Università Bocconi