E&M

2021/1

Paola Dubini

Quale città per la cultura, quale cultura per la città di domani

L’obiettivo di questo Focus è riflettere sulla natura, la qualità e il valore della relazione fra il mondo delle organizzazioni culturali e le città, ma anche su come questi fattori, in questo strano presente, potranno cambiare per essere motore virtuoso di rinascita economico-sociale.

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L’obiettivo di questo Focus è riflettere sulla natura, la qualità e il valore della relazione fra il mondo delle organizzazioni culturali e le città, ma anche su come questi fattori, in questo strano presente, potranno cambiare per essere motore virtuoso di rinascita economico-sociale.

Il Focus parte dalla consapevolezza della centralità delle città e dalla convinzione che le organizzazioni culturali siano attori fondamentali per costruire un tessuto sociale solido e per sostenere processi di crescita sostenibile a livello urbano. L’ipotesi di fondo è che sia l’economia delle città sia la loro qualità della vita abbiano molto da guadagnare da un dialogo più serrato con le organizzazioni culturali che in esse operano. In tal senso, è necessario superare la logica del «soccorso» e del «ristoro» chiedendo ai soggetti culturali di agire in modo propositivo e imprenditoriale, aiutando in questo modo a ridisegnare con attenzione e spirito solidale le relazioni all’interno dello spazio urbano. L’altra ipotesi di fondo è che vi siano organizzazioni culturali che abbiano compreso come i tempi richiedano un «cambio di postura», attivando comportamenti innovativi e trasformativi nei modi di svolgere la propria attività. A loro deve andare la nostra attenzione, la nostra gratitudine e il nostro sostegno.

La tenuta della qualità della vita a livello urbano riguarda tutti noi. Riguarda le pubbliche amministrazioni, chiamate a uno sforzo redistributivo di risorse per contrastare la crescita delle disuguaglianze accentuate dalla pandemia e a una gestione dell’emergenza che includa mobilità e servizi di base per i cittadini, in primis salute e istruzione; riguarda gli operatori economici, duramente provati dal rallentamento complessivo delle attività e che hanno solo da guadagnare da un tessuto sociale ed economico non disgregato, premessa indispensabile per ritornare a essere tessuto attrattivo; riguarda le famiglie, i cui stili di vita sono profondamente cambiati e per le quali la scelta di dove vivere (quando questa possibilità di scelta esiste) sarà sempre più condizionata da una molteplicità di fattori, inclusa la possibilità di trovare nel territorio servizi utili a soddisfare i bisogni emergenti.

Nel corso degli ultimi anni, alcune città hanno deliberatamente sottolineato l’importanza delle organizzazioni culturali e delle filiere di produzione e distribuzione culturale come elementi caratterizzanti il tessuto urbano, come driver di sviluppo economico, oltre che come pilastri identitari della crescita socio-culturale degli abitanti. Poiché la cultura definisce i rapporti delle persone con il tempo, con lo spazio e con le altre persone, tutte le città – in quanto luoghi densamente abitati e caratterizzati da numerose, articolate e frequenti relazioni – sono per definizione «culturali». Tuttavia, quando parliamo di città d’arte, di siti Unesco, di città creative o di reti di città costruite «attorno alla cultura» (dal World Culture City Network alla rete United Cities and Local Governments), ritroviamo una specifica volontà politica, nonché il riconoscimento di cluster settoriali geograficamente concentrati e il ruolo di specifici operatori (pubblici, privati, no profit) che convergono attorno all’idea che la cultura possa essere una risorsa per un territorio, e che come tale possa e debba essere valorizzata nell’interesse di molti.