E&M

2023/4

Dino Ruta

Un modello di sport tra spirito olimpico e (iper) professionismo

Lo sport rappresenta un insieme composito e variegato di significati e di valori: è gioco, competizione, spettacolo ma anche rispetto della diversità, inclusione, cultura intesa nel senso più ampio del termine. Queste caratteristiche riguardano lo sport nella sua accezione professionistica, dove si articolano secondo diversi modelli culturali e sociali, le cui differenze, in particolare in ambito calcistico, sono evidenti soprattutto tra Europa e Stati Uniti.

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Pierre De Coubertin è stato un accademico illuminato, inventore delle Olimpiadi moderne quale evento in grado di dare centralità allo sport e ai suoi valori. De Coubertin ha creato simboli pieni di significato: i cinque cerchi, simbolo dell’intersezione dei cinque continenti; la bandiera olimpica con i sei colori presenti in tutte le bandiere dei Paesi del mondo e la fiamma accesa durante i giochi a sancire l’interruzione delle ostilità tra i popoli.

Insieme a questi simboli, De Coubertin ha prodotto anche principi e regole racchiuse nell’Olympic Charter, un documento costantemente aggiornato nel tempo che racchiude il senso più profondo dell’olimpismo e la missione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO). La visione del CIO è di costruire un mondo migliore attraverso lo sport. Il CIO è il custode dei giochi, leader del movimento olimpico e garante dei valori di eccellenza, solidarietà e amicizia che sono evocati in ogni azione olimpica. È un’organizzazione pienamente globale che lavora come catalizzatore di collaborazione tra tutti i portatori d’interesse olimpici, includendo gli atleti, i Comitati Olimpici Nazionali, le Federazioni Internazionali, i Comitati Organizzatori dei giochi, i partner commerciali e media.

Il CIO è impegnato a promuovere lo sport nella società, a rinforzare l’integrità dello sport e a supportare gli atleti e le organizzazioni sportive. È al vertice della cosiddetta piramide sportiva, che contraddistingue il modello sportivo internazionale, seguito dalle federazioni internazionali, i club, gli atleti professionisti e amatoriali.

La forza dei cinque cerchi risiede proprio nella sua riconoscibilità globale, nella definizione di un sistema di regole condiviso e uguale per tutti, e nella visione lungimirante di coesione e pace tra popoli, temi da sempre attuali ma che diventano più che mai indispensabili in un mondo alla ricerca di sostenibilità sociale e ambientale.

Le persone imparano e poi applicano concetti che sperimentano direttamente; ecco perché oggi più che mai il mondo ha bisogno di vivere l’olimpismo da vicino. E ospitare i giochi può essere un modo per ispirare le nuove generazioni. Diversità e inclusione sono parte del concetto stesso dei giochi, sia per chi vi partecipa sia per chi li organizza o li vive da spettatore. In questo modo lo sport non è solo spettacolo, ma diventa cultura, formazione di una mentalità sportiva che caratterizza la vita e l’educazione dei cittadini.

Sport e identità

Ogni cultura storicamente gioca e segue alcuni sport più di altri. Il calcio è unitamente riconosciuto come lo sport più popolare al mondo, altri sport hanno identità più definite territorialmente, come il cricket in India, Pakistan e UK; il badminton in Cina, il padel in Argentina e Spagna, il football americano negli Stati Uniti. La bellezza dello sport risiede nelle storie dei tifosi e degli appassionati, nella relazione che esiste tra giocare uno sport a livello amatoriale e vedere il proprio campione in tv. In Italia, si possono narrare le storie di Panatta nel tennis; Thoeni, Tomba e Compagnoni nello sci; Meneghin nel basket, Mennea nell’atletica, Vezzali nella scherma, Pellegrini nel nuoto, oltre ai tanti fuoriclasse nel calcio, nella pallavolo e negli altri sport.

La numerosità dei tifosi e la loro dispersione geografica sono due dei principali indicatori che spiegano come una pratica sportiva può diventare un business. Il numero di tifosi, infatti, spiega il volume di affari generato, per esempio i consumi che sono in grado di generare quando comprano merchandising, biglietti, abbonamenti media e ogni altro valore che contribuisce poi ai ricavi di club e competizioni. Questo legame tra pratica, campione e industria diventa un circolo virtuoso, soprattutto quando vi è un ecosistema in grado di creare competizioni internazionali, infrastrutture e impianti adeguati, dove atleti e spettatori creano lo spettacolo.

Figura 1 Sport più popolari al mondo (in miliardi di fan) secondo World Atlas 2022

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Lo sport professionistico

Mentre la struttura del movimento olimpico guidata dal CIO è uniforme in tutto il mondo, lo sport professionistico può avere diverse forme di organizzazione. Il modello più consolidato è proprio quello cosiddetto internazionale, o anche europeo, perché ispirato dalla piramide dello sport. I due principi cardine di questo modello sono: la solidarietà (tra le competizioni più ricche e gli altri attori del sistema) e il concetto di promozione e retrocessione in ogni competizione. Sono due principi che mirano a considerare lo sport come un bene di tutti, dove il risultato sportivo e la prestazione sul campo sono centrali e consentono a dare a tutti la possibilità di scalare la piramide e arrivare a vincere ogni competizione.

Il modello dello sport professionistico nord-americano si basa su concetti diversi, e in sintesi si può definire di «asset-appreciation». Gli investitori, i proprietari dei club, ci tengono che lo sport sia considerato un luogo di investimento e apprezzamento degli investimenti che fanno e per questi motivi progettano leghe chiuse (senza retrocessioni), mettono un tetto ai costi, per esempio i salari degli atleti (non agli investimenti in asset), adottano una governance dove i processi decisionali sono prevalentemente guidati dalle logiche economiche e puntano al «bilanciamento competitivo», vale a dire che ciclicamente tutti i club possono avere la possibilità e la probabilità di vincere un campionato. Oltre agli sport americani, un esempio può essere la Formula 1, cresciuta nel corso degli anni tra scuderie di prestigio (Ferrari, McLaren, Red Bull ecc.) e circuiti sparsi in tutto il mondo. Il desiderio è veder vincere la propria auto preferita, il proprio pilota e festeggiare nel gran premio più affascinante, da Monte Carlo a Monza. La rotazione dei vincitori è un punto centrale per la crescita di una lega o in occasione di un evento. Se pensiamo invece ad alcuni campionati di calcio, è evidente che solo alcuni e pochi club possono ambire a vincere. Il modello nord-americano rinforza l’equilibrio, creando quindi anche un valore finanziario più distribuito tra tutti i club.

In questo grafico si possono vedere i ricavi aggregati dei club delle principali leghe professionistiche americane (basket, football americano, baseball e ice-hockey) confrontati con il calcio europeo. Emergono due riflessioni. La prima è che il calcio in Europa ha un peso economico importante, competitivo rispetto alla NFL, anche considerando le altre competizioni Uefa che qui non sono inserite. Per contro, i numeri del grafico parlano di ricavi aggregati dei club, mentre la quota che rimane nelle leghe non è pubblica. Molto probabilmente il valore che le leghe americane usano come investimento sui propri asset (al di là dei club) è superiore a quello delle leghe calcistiche.

Figura 2 Confronto tra i ricavi delle quattro principali leghe americane e i ricavi delle Big-5 europee

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*Nota: i ricavi delle leghe sono calcolati come aggregati dei ricavi dei singoli club al loro interno, sulla base dei dati pubblicati da Deloitte (Annual Review of Football Finance) e Statista.

Infatti, se cambiamo prospettiva e anziché misurare i ricavi ci soffermiamo sul valore di questi club, le cosiddette franchigie che giocano nei campionati americani hanno un valore più elevato, come mostrato nel grafico seguente. Gli asset che queste società posseggono sono gli impianti sportivi, il brand, l’organizzazione manageriale, le tecnologie e la capacità di creare partnership commerciali. Gli atleti non sono degli asset intangibili come i calciatori in Europa, perché nel modello americano i giocatori sono considerati come personale a contratto, evitando il tema delle plusvalenze o minusvalenze che spesso crea ombre sui bilanci.

Figura 3 Squadre con il valore d’impresa (EV) più alto secondo i dati pubblicati da Forbes nel 2022

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I salari degli atleti

Come i proprietari dei club investono o spendono soldi per gli atleti può fare la differenza. Un indicatore che viene monitorato nell’industria è il rapporto tra salari e ricavi nelle principali leghe. Emerge chiaramente che in America vi è una regola che vieta di spendere più del 50 per cento dei ricavi, perché il resto deve essere investito in asset tangibili e intangibili di medio-lungo termine, tenendo fede alla visione di apprezzamento degli asset. In Europa, il desiderio di vittoria, di promozione o il timore di retrocedere spinge i proprietari a investire nella dimensione tecnica, nei giocatori, nel mercato, con indici che vanno dal 59 all’87 per cento di incidenza dei salari, togliendo ogni spazio a progetti di crescita se non per i pochi grandi club, come Real Madrid e Barcellona, Manchester City e United tra tutti.

Figura 4 Valore medio del rapporto tra salari e ricavi nelle principali leghe sportive, sulla base dei dati pubblicati da Deloitte (Annual Review of Football Finance), Spotrac e Forbes

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Nota: i dati relativi NHL si riferiscono alla stagione 2020/2021; i dati relativi alle leghe di calcio europee si riferiscono alla stagione 2021/2022; i dati relativi alla NFL si riferiscono alla stagione 2021; i dati delle altre leghe americane si riferiscono al 2022.

Il Covid ha aggravato questa situazione, riducendo i ricavi da partite giocate e in parte i contratti commerciali, esponendo i club a gravi perdite in situazioni spesso già fortemente indebitate.

Il grande lavoro della Uefa, con il Financial Fair Play, era riuscito a eliminare quasi totalmente i debiti del calcio europeo, spingendo verso un modello più bilanciato nel quale i club spendevano in base a quanto ricavavano. Questa fragilità del sistema ha riaperto il tema della Superlega che in realtà è una profonda riflessione tra il giusto modello di governance del calcio europeo, tra il modello attuale dove i campionati nazionali convivono con le competizioni Uefa, oppure verso un modello di lega chiusa dove si privilegiano alcuni club per creare una piattaforma commerciale più ricca.

Il calcio europeo vede con gelosia e ammirazione come gli sport americani riescono a monetizzare soprattutto i diritti media, con la cifra record della NFL che ha raccolto i 10 miliardi di dollari nel 2022. Il calcio europeo non può garantire una costanza di partecipazione dei club, perché si devono qualificare. Si pensi che in questa edizione della Champions League 23-24 mancano Chelsea e Liverpool, oltre a Juventus e Ajax, club che hanno un seguito e un fascino importante per i media e per i tifosi del calcio in generale.

Figura 5 Ricavi da broadcasting (internazionali e domestici) delle principali leghe americane ed europee nel 2022, secondo i dati pubblicati da Football Benchmark e PwC Sports Outlook

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Di fronte a questa situazione, la Superlega proposta ad aprile 2021 da parte di Juventus, Barcellona e Real Madrid, è stata respinta da tutti i tifosi e dalle istituzioni europee, perché tradisce il concetto di sport europeo e di piramide dello sport. Sebbene la soluzione sia stata accantonata, è opportuno riflettere che gli Stati Uniti (senza il Canada che comunque partecipa alle diverse leghe) sono un mercato di più di 300 milioni di abitanti, con una moneta unica e un mercato basato sulla pubblicità e sulla comunicazione. L’Europa è un mercato troppo frammentato, difficile da confrontare con gli Stati Uniti.

La centralità della Uefa in Europa sta diventando sempre più solida, e i tentativi dei club di staccarsi dalla attuale Champions sempre più remoti. La European Club Association (ECA) sta contribuendo a creare un ambiente armonioso e di crescita del sistema calcio, a beneficio di tutti, soprattutto dei calciatori e degli investitori che sono i due pilastri di ogni sistema sportivo professionistico. La parola chiave è crescita e ciò avverrà sempre più con personale qualificato con visioni ampie del mondo economico-manageriale. Emergono infatti sempre più frequentemente progetti di formazione manageriale per sostenere la crescita dei dirigenti. Un esempio italiano è il programma executive di Management del Calcio del Settore Tecnico FIGC realizzato in partnership con SDA Bocconi, finalizzato a dare contenuti manageriali al mondo del calcio italiano, soprattutto alle figure dell’area tecnica e a ex giocatori che gestiscono il cuore del sistema.

In sintesi, tenere insieme i valori del movimento olimpico e lo spettacolo delle grandi leghe sportive americane ed europee è la sfida dei dirigenti sportivi di oggi, che operano in un ecosistema frammentato e complesso da gestire tra dimensione politica e manageriale. Lo sport è cresciuto molto negli ultimi trent’anni con gli sponsor e con le televisioni, oggi attende un nuovo impulso per aumentare ancor di più la sua centralità nella società moderna, sempre più attenta ai temi della sostenibilità e dei modelli educativi positivi. L’importante sarà tenere insieme i valori del movimento olimpico basati su cultura e benessere, e tutto ciò che lo sport può diventare, come spettacolo, intrattenimento e non solo.

Premiere League

Rifondata nel 1992, la Premier League è diventata la prima lega di calcio al mondo, implementando in modo lungimirante un modello di sviluppo che è stato poi imitato (con colpevole ritardo) dai diretti competitor europei.

Se l’internazionalizzazione e la necessità di differenziare i ricavi è stata altrove percepita come un’esigenza, soprattutto dopo l’introduzione del Financial Fair Play da parte della Uefa, il calcio inglese ne ha fatto il driver della propria crescita esponenziale sin dalla sua nascita.

A oggi il divario appare ben lungi dall’essere colmabile: secondo l’Annual Review of Football Finance 2023 pubblicato da Deloitte, nella stagione 2021/22 le venti squadre di Premier League hanno generato ricavi aggregati per 6,4 miliardi di euro. Mentre per le altre principali leghe europee si parla di 1,8 miliardi della Ligue 1; 2,3 miliardi della Serie A; 3,1 miliardi della Bundesliga; e 3,7 de LaLiga.

La Premier ha puntato a diventare un prodotto media per tutte le televisioni del mondo, attraendo anche investimenti da parte di proprietari stranieri che vedono nel calcio un gioco ma anche un business. Come dimostra una ricerca condotta dallo Sport and Entertainment Knowledge Center SDA Bocconi, tra i venti club partecipanti alla stagione sportiva 2021/22, sono ben sedici quelli la cui quota di maggioranza è detenuta da investitori stranieri.

La Premier League è diventata il campionato più seguito in Asia, con accordi per trasmettere le partite in India e Cina già dagli anni Novanta. Le tournée estive dei club in Asia sono diventate una consuetudine, e nel 2003 è stato istituito il Premier League Asia Trophy, un torneo amichevole che viene disputato ogni due anni in Asia. E tante altre iniziative all’estero, come per esempio la recente apertura di un ufficio a New York.

Queste strategie di espansione hanno portato alla conquista di nuovi tifosi in tutto il mondo, garantendo un impatto significativo soprattutto nei diritti TV. Difficile per le altre Leghe europee colmare il gap, anche perché le televisioni, sparse in tutto il mondo, non posso permettersi di comprare anche le altre leghe europee: le ore di calcio sarebbero troppe e la concorrenza arriva anche da altri sport.

E così oggi non si parla più di big-5 (UK, Italia, Spagna, Germania e Francia), ma di 1+4. La crescita della Uefa Champions League darà un ulteriore grande impulso alla dimensione e alla crescita delle Leghe.

NBA

La NBA (National Basketball Association), massima espressione del basket professionistico, è conosciuta in tutto il mondo per le sue regole che mirano ad avere una competizione equilibrata tra tutti i team, dove prima o poi tutti hanno la possibilità di vincere il campionato di basket più bello del mondo.

Si parte dal fatto che, come in ogni lega americana, viene firmato un Collective Bargaining Agreement (CBA), tra proprietari e giocatori che identificano tra le tante cose il valore in percentuale dei ricavi della Lega da distribuire ai giocatori. Da ciò consegue, in primis, il Salary Cap, ovvero il tetto salariale posto a ciascuna franchigia nella stipulazione dei contratti degli atleti. A differenza di altre leghe come NFL, MLB, NHL e MLS, la NBA utilizza un Soft Cap: è possibile, infatti, esulare dai confini del Salary Cap, pagando una sanzione pecuniaria nota come Luxury Tax, che prevede una multa progressiva in base all'ammontare dello sforamento da versare nelle casse della Lega. Nella stagione 2022/23, la soglia della Luxury Tax Line, ovvero l'importo al di sopra del quale scatta la multa, è stata fissata a 150,3 milioni di dollari, circa 27 milioni oltre il Salary Cap.

Seconda regola è il Draft NBA, un evento annuale in cui vengono selezionati i migliori talenti provenienti dalle università, dai campionati giovanili e dai campionati internazionali. In questo caso, il meccanismo del Reverse Draft prevede un particolare ordine di precedenza nel processo di selezione, attraverso il quale le franchigie con il piazzamento peggiore riescono ad assicurarsi i talenti migliori.

Secondo le regole attuali, solo le prime quattro scelte vengono decise tramite lotteria, con la squadra peggiore che ha la migliore possibilità di ottenere una prima scelta; dopo la lotteria, l'ordine delle scelte per le altre squadre segue l'inverso del bilancio vittorie-sconfitte.

Un’ulteriore particolarità risiede nel fatto che le franchigie possono cedere o scambiare il proprio diritto di precedenza all’interno del Draft, in base alle particolari esigenze che possono manifestarsi nel processo di costruzione della squadra.

Grazie a questi meccanismi di controllo dell’equilibrio competitivo, l’NBA è riuscita ad assicurare ai propri fan una competizione avvincente e dall’esito imprevedibile: dal 2003 al 2023, ben undici franchigie diverse hanno alzato al cielo il celebre Anello NBA, il trofeo dedicato a Larry O’Brien commissioner NBA degli anni Settanta che ha gettato le basi per il successivo sviluppo internazionale portato avanti dal famoso David Stern e oggi da Adam Silver.

Formula 1

La Formula 1, massima espressione del motorsport, è una delle competizioni più amate ed emozionanti al mondo. Al cuore di questo modello organizzativo vi è la Federazione Internazionale dell'Automobile (FIA), che funge da organo di controllo e garante della sicurezza e dell'integrità della competizione.

Silverstone, Monte Carlo, Indianapolis, Bremgarten, Spa-Francorchamps, Reims, Monza: questi gli storici circuiti che nell’ormai lontano 1950 ospitarono la prima edizione del Mondiale di Formula 1.

Un cerchio ristretto, dal carattere fortemente europeo, ben lungi da ciò che la Formula 1 sarebbe diventata nel corso degli anni: una competizione aperta, sia agli ospitanti (i circuiti) sia agli ospitati (le scuderie), di stampo internazionale.

Dagli anni Sessanta agli anni Ottanta aumenta la partecipazione dei Paesi d’oltreoceano (Canada, Messico, Argentina, Brasile); gli anni Novanta vedono invece l’ingresso del mondo asiatico, con Suzuka (Giappone), Adelaide (Australia) e Sepang (Malesia), divenuti in seguito colonne portanti del mondo delle corse automobilistiche.

Il nuovo millennio è segnato dalla presenza della Cina (Shangai) e di Singapore (Marina Bay) e dal protagonismo del palcoscenico arabo: Paesi come il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar e l’Arabia Saudita danno vita a magnifici paddock, in grado di assicurare tecnologie di ultima generazione alle scuderie ospitate ed esperienze indimenticabili ai fan che partecipano agli eventi.

Grazie a questa sapiente strategia di internazionalizzazione, la Formula 1 è diventata col tempo una piattaforma di marketing globale, con brand internazionali che si associano ai team e alla competizione stessa. Il valore mediatico delle gare attira un vasto pubblico, offrendo opportunità di visibilità e coinvolgimento per i partner commerciali e gli sponsor, da Rolex a Saudi Aramco, da Crypto.com a Qatar Airways, da Dhl a Heineken.

Nel 2022 Liberty Media, proprietaria della Formula 1, ha registrato un fatturato pari a 2,4 miliardi di euro (in aumento rispetto ai 2 miliardi del 2021): le monoposto della Formula 1 attirano infatti un’audience media globale di circa 70 milioni di spettatori per ogni gara (circa 1,5 miliardi nelle 22 gare stagionali).

In sintesi

  • Il calcio è unanimemente riconosciuto come lo sport più popolare al mondo mentre altre discipline sportive hanno identità più definite territorialmente. Il numero di tifosi spiega il volume di affari generato e questo legame tra pratica, campione e industria origina un circolo virtuoso.
  • Lo sport professionistico può avere diverse forme di organizzazione. Il modello più consolidato è quello europeo, ispirato dalla cosiddetta «piramide dello sport». I due principi cardine di questo modello sono la solidarietà e il concetto di promozione e retrocessione. Il risultato sportivo consente di dare a tutti la possibilità di scalare la piramide e vincere ogni competizione. Il modello dello sport professionistico nord-americano si basa su concetti diversi, e in sintesi si può definire di «asset-appreciation».
  • Tra Europa e America vi sono differenze sostanziali anche nel modello salariale: se in America è vietato spendere più del 50 per cento dei ricavi, perché il resto deve essere investito in asset di medio-lungo termine, in Europa, il desiderio di vittoria, di promozione o il timore di retrocedere spinge i proprietari a investire con indici che vanno dal 59 all’87 per cento di incidenza salariale.

Riferimenti bibliografici

Chadwick S., Parnell D., Widdop P. e Anagnostopoulos C., (2019), Routledge Handbook of Football Business and Management, Routledge.

O’Brien D., Parent M., Ferkins L. e Gowthorp L., (2019), Strategic Sport Management, Routledge.

Slack T., (2014), «The social and commercial impact of sport, the role of sport management», European Sport Management Quarterly.