E&M

2020/5

Stefano Basaglia Zenia Simonella

I trent’anni della rivista: una visione d’insieme

Tra il 1988 e il 2018 Economia & Management è cambiata in linea con il contesto socio-economico dell’Italia, dei suoi editori, dei suoi direttori. Sono cambiati i temi, ma non l’importanza attribuita alle imprese e al management di tutte le istituzioni. In quanto «rivista ponte» tra accademia e pratica legata a una scuola di management, Economia & Management contribuisce al discorso manageriale alimentando i trend, i cicli e le mode che caratterizzano questo discorso.

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Questo quarto ed ultimo articolo della mini-serie dedicata ai Trent’anni di Economia & Management[1] presenta una visione d’insieme della rivista e del ruolo che ha svolto sul fronte della costruzione e diffusione del discorso manageriale in Italia.

Al fine di inquadrare Economia & Management all’interno del processo di costruzione e diffusione del discorso manageriale in Italia si è ricorsi alla letteratura sulle mode nel campo della scienza e del management[2]. In particolare, per presentare una sintesi dei principali risultati emersi, di cui questo articolo completa la serie iniziata nel n. 1 del 2019, può essere utile adoperare il modello proposto da Abrahamson e Fairchild[3]. Secondo i due autori la conoscenza manageriale è il prodotto dell’interazione tra gli attori delle cosiddette knowledge industries, ossia gli editori, le scuole di management, le società di consulenza e i mass-media. In base a questo modello, Economia & Management appartiene, in quanto rivista professionale, al settore dei mass-media e, in funzione del suo legame con SDA Bocconi School of Management, al settore delle scuole di management. Pertanto il discorso manageriale costruito e diffuso da Economia & Management risente di questa duplice appartenenza.

Rigore o rilevanza?

In termini generali Economia & Management è una rivista professionale che si occupa di tenere aggiornata una specifica categoria di lettori-professionisti[4]. L’aspetto cruciale, però, diventa definire chi siano questi lettori-professionisti e quali le loro caratteristiche. Per Claudio Demattè[5], fondatore e direttore editoriale di Economia & Management, questi lettori-professionisti sono «imprenditori e managers»; Vincenzo Perrone[6], che fu Direttore di questa rivista dal 2004 al 2013, allarga la categoria a «quanti operano nelle imprese, pubbliche e private»; Guido Corbetta[7], direttore editoriale fino al 2018, fa riferimento a «uomini e donne che lavorano nelle e per le aziende». Secondo Fabrizio Perretti (attuale Direttore di questa rivista), l’obiettivo di Economia & Management è quello di «stimolare una reazione continua, di partecipare a un dibattito pubblico che coinvolga anche il management e le stesse imprese che studia e a cui si rivolge»[8].  Si tratta dunque di una categoria ampia ed eterogenea, che al suo interno comprende lettori con ruoli differenti (imprenditori, manager, lavoratori, professionisti, consulenti, sindacalisti, policy makers ecc.) e che operano in organizzazioni diverse per dimensioni e settore (imprese manifatturiere, imprese di servizi, banche e altri istituti finanziari, istituti pubblici ecc.). Inoltre, il bisogno di aggiornamento professionale di questi lettori-professionisti deve essere soddisfatto attraverso le pubblicazioni di articoli frutto di «un continuo lavoro di ricerca»[9] e basati su «contenuti scientifici» con «standard di qualità internazionali»[10]. La rivista deve «attivare un circolo virtuoso in cui ricercatori e ricercatrici, uomini e donne che lavorano nelle e per le aziende si arricchiscano reciprocamente»[11] al fine di «stimolare una reazione continua, di partecipare a un dibattito pubblico che coinvolga anche il management e le stesse imprese che studia e a cui si rivolge»[12].

Conciliare rilevanza per la pratica e rigore scientifico ha rappresentato e rappresenta tutt’ora uno degli aspetti più critici per la rivista. Il tema, infatti, è uno dei più dibattuti nel campo del management[13] e riguarda maggiormente riviste che, come Economia & Management, possono essere considerate semi-accademiche[14] o riviste-ponte[15] che svolgono una funzione di cerniera tra accademia e pratica. Inoltre, un aspetto connesso con il trade-off tra rigore e rilevanza riguarda il ruolo degli accademici, tenuto conto del fatto che la rivista stessa, in quanto rivista di una scuola di management, è un’emanazione dell’accademia. Gli accademici sono autori o anche lettori? Gli articoli scritti per Economia & Management hanno un impatto sulla loro carriera? La funzione d’uso, quindi, si sposta dalla lettura come semplice aggiornamento professionale, allo scrivere per aumentare il numero delle proprie pubblicazioni scientifiche[16]. Pertanto la rivista si trova all’intersezione tra logica editoriale, logica commerciale e logica accademica propria e della scuola di management cui è legata. Infine, un ultimo aspetto da considerare, connesso al precedente, riguarda il mercato geografico di riferimento. La rivista nasce in Italia per il mercato italiano e Perrone la definisce «una rivista orgogliosamente italiana»[17]. A partire dal n. 2 del 2019, la rivista è pubblicata anche in inglese. Il pubblico dei lettori, quindi, potenzialmente si allarga.

Gli editoriali: da una dimensione «politica» a una «tecnico-specialistica»

Nel periodo 1988-2018 sono stati pubblicati 184 editoriali. In media, i temi maggiormente trattati sono stati: la governance e i fondamenti del management (23 per cento); la competizione (strategie, imprenditorialità, innovazione, internazionalizzazione, 17 per cento); il lavoro, il capitale umano e le organizzazioni (11 per cento) e il sistema-paese (11 per cento) (Figura 1). L’importanza dei vari temi, però, cambia in funzione del decennio di riferimento (Figura 2). Per esempio, il tema «la governance e i fondamenti del management» è nettamente prevalente nel periodo 1988-1997 in cui raggiunge una percentuale del 38 per cento, scende al 23 per cento nel periodo 1998-2007 e all’11 per cento dell’ultimo periodo (2008-2018). Una dinamica simile caratterizza il tema «il sistema paese/la classe dirigente» che dal 14 per cento del 1988-1997 scende all’11 per cento del 1998-2007 e all’8 per cento del 2008-2018. Per contro, il tema «il lavoro, il capitale umano e le organizzazioni» cresce dal 3 per cento del 1988-1997, passa al 10 per cento nel decennio 1998-2007 e al 20 per cento del 2008-2018 e quello degli «intermediari finanziari e la finanza» dal 3 per cento del 1988-1997 al 7 per cento del 1998-2007 e al 15 per cento dell’ultimo periodo (2008-2018). I motivi di queste differenze dipendono, da una parte, dal background degli autori degli editoriali, dall’altra, dalle caratteristiche del contesto economico e sociale. Fino al 2004, infatti, tutti gli editoriali sono scritti dal direttore Demattè, mentre dal 2004 fino al 2018 gli editoriali sono scritti dai direttori e da altri membri del comitato editoriale. Si assiste, quindi, a un passaggio da una dimensione «politica» legata al governo delle imprese e al sistema Paese, a una dimensione più «tecnico-specialistica» focalizzata sulle risorse umane e finanziarie.

Figura 1 I temi degli editoriali (1988-2018)

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Figura 2 I temi degli editoriali per decennio di riferimento

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Gli articoli: discipline e temi tra mode e americanizzazione

Nel periodo 1988-2018 sono stati pubblicati 2039 articoli. Il numero di autori coinvolti è stato pari a 1334. Di questi il 74 per cento sono uomini e il 26 per cento donne. La percentuale di donne è progressivamente cresciuta: dal 15 per cento del 1988-1997 al 35 per cento del 2008-2018. Le donne rimangono, comunque, una minoranza (Figura 3).

Figura 3 Il genere degli autori per decennio di riferimento

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La Figura 4 mostra, per ogni anno, le parole più frequenti nei titoli, mentre la Tabella 1 confronta le parole più frequenti nei titoli e negli abstract relativamente ai tre decenni oggetto di questo studio.

Figura 4 Le parole più frequenti nei titoli degli articoli (1988-2018)

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Tabella 1 Parole chiave nei titoli e negli abstract: un confronto tra decenni

 

1988-1997

1998-2007

2008-2018

Parole-chiave nei titoli

  • Impresa
  • Strategia
  • Management
  • Azienda
  • Organizzazione
  • Gestione e Italia
  • Impresa
  • Management
  • Italia
  • Valore
  • Analisi
  • Innovazione
  • Opportunità
  • Intervista
  • Caso
  • Italia
  • Impresa/Imprese
  • Crisi
  • Mercato
  • Management/Gestione
  • Innovazione
  • Opportunità
  • Private equity

Parole-chiave negli abstact

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  • Impresa/Impresa
  • Mercato
  • Sviluppo
  • Gestione e Management
  • Sistema e Sistemi
  • Modello
  • Analisi
  • Impresa/Imprese/Aziende
  • Mercato
  • Sviluppo
  • Gestione
  • Settore
  • Performance
  • Lavoro
  • Valore
  • Sistema
  • Italia
  • Crescita

 

Come si vede, è presente un certo grado di coerenza quando si confrontano i decenni. Le imprese, il management, l’innovazione e il riferimento all’Italia rappresentano le pietre angolari su cui si sorregge la costruzione di gran parte degli articoli della rivista. Si osserva, invece, un certo grado di variabilità quando lo sguardo si sposta ai singoli anni.

Al di là delle parole-chiave dei titoli e degli abstract, l’insieme degli articoli è stato categorizzato in base a due dimensioni: la prima riguarda la disciplina di riferimento, la seconda, invece, i macro-temi trattati dagli articoli[18].

Le tre discipline più frequenti sono state (Figura 5): strategia, management ed economia aziendale (25,4 per cento del totale), organizzazione aziendale (15,8 per cento del totale) e finanza e intermediari finanziari (15,3 per cento del totale). Seguono, in ordine decrescente, economia politica, marketing, management pubblico/sanitario/non profit, accounting e operations.

Nel confronto tra decenni (Figura 6) spiccano l’incremento di finanza e intermediari finanziari che passa dal 12,1 per cento del 1988-1997 al 17 per cento del 2008-2018 e di economia politica che passa dal 7,2 per cento al 13,6 per cento. Scende in maniera importante la quota di accounting che passa dall’8,1 per cento del primo decennio al 3,9 per cento del secondo.

Figura 5 Le discipline più trattate negli articoli: una visione d’insieme

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Figura 6 Le discipline più trattate negli articoli: un confronto tra decenni

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I macro-temi più frequenti sono stati (Figura 7): dinamiche competitive e imprenditorialità (14,5 per cento del totale), temi di finanza e intermediari finanziari (12,5 per cento del totale), governance e i fondamenti del management (9,6 per cento del totale). Seguono, in ordine decrescente, focus per Paese e/o settore, HRM/comportamento organizzativo, marketing /brand management, innovazione e cambiamento, ICT e concorrenza e altri temi con una frequenza inferiore al 5 per cento. Nel confronto tra decenni, i temi che aumentano maggiormente la propria presenza sulla rivista sono (Figura 8): gli scenari economici (dal 1,9 per cento al 4,3 per cento del totale), la concorrenza (dallo 0,8 per cento all’8,6 per cento del totale), l’etica (dallo 0,9 per cento al 5,5 per cento del totale), HRM e comportamento organizzativo (dal 2,3 per cento all’8,9 per cento del totale). Quelli, invece, che diminuiscono maggiormente la propria presenza sono: l’Europa (dal 2,8 per cento allo 0 per cento), clienti e consumatori (dal 3 per cento allo 0,7 per cento), contabilità e bilancio (dal 3,4 per cento all’1,1 per cento).

Figura 7 I macro-temi più trattati negli articoli: una visione d’insieme

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Figura 8 I macro-temi più trattati negli articoli: un confronto tra decenni

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La Tabella 2 mostra più nello specifico i contenuti dei temi trattati nei tre decenni. Da questa emerge come la rivista sia caratterizzata da una elevata differenziazione dei contenuti. I motivi sono di vario tipo: scelte editoriali dirette (per esempio, l’introduzione di spazi dedicati a determinati argomenti, l’avvio di rubriche tematiche, la pubblicazione di dossier ecc.); ricadute del processo di call for paper aperto e basato sulla «revisione cieca» nell’ambito della quale la selezione degli articoli non è basata sul tema/argomento, ma sul rispetto di determinati standard di affidabilità e validità scientifica.

Tabella 2 I temi più rilevanti: un confronto tra decenni

 

1988-1997

1998-2007

2008-2018

I temi

  • I nuovi modelli d’impresa
  • La trasformazione delle banche
  • La trasformazione della sanità
  • Il business process reengineering
  • Il total quality management
  • L’euro
  • Le ICT (la fabbrica automatica, l’intelligenza artificiale, il telelavoro)
  • Le PMI
  • La Cina
  • La transizione dei Paesi dell’Europa dell’Est
  • L’etica
  • Il Risk management e Basilea 2
  • L’aziendalizzazione e la managerializzazione del settore pubblico e delle utilities
  • La New Economy e l’e-business
  • La concorrenza e le regole
  • La Cina
  • L’imprenditorialità
  • La gestione delle differenze di genere
  • Gli effetti del downsizing
  • La corporate social responsibility
  • La Cina, i BRIC, il Medioriente, l’Asia e l’Africa
  • Il diversity management
  • Il mercato del private equity
  • L’evoluzione degli scenari macro-economici
  • La business analytics e i big data

 

Tra i temi della Tabella 2 emergono alcune etichette alla moda, ovviamente in lingua inglese, in specifici periodi. Si tratta, per esempio, di: business process reengineering, total quality management, new economy, e-business, downsizing, corporate social responsibility, diversity management, big data. Questa dinamica inserisce Economia & Management all’interno di un processo di diffusione globale di un discorso manageriale di stampo prettamente anglosassone che è stato inquadrato in letteratura come «americanizzazione del management»[19]. Da questo punto di vista, differenti attori nell’industria della conoscenza manageriale trasferiscono e traducono politiche e pratiche sviluppate negli Stati Uniti in altri contesti portando a un certo grado di omogeneizzazione e standardizzazione il discorso manageriale medesimo. Ciò perché si assume che le imprese affrontino tendenzialmente lo stesso ambiente, gli stessi problemi e, quindi, debbano individuare le stesse soluzioni. Lo scopo di riviste, semi-accademiche e in lingua locale, come Economia & Management è il gatekeeping, ossia occuparsi della «traduzione», della presentazione e diffusione delle politiche e delle pratiche per il contesto italiano. Compito difficile, perché spesso si perde qualcosa durante il processo di traduzione[20]; ma anche pericoloso, perché si finisce sia per neutralizzare le condizioni storico-sociali nelle quali quei modelli e quelle pratiche sono nati sia per presentarle come universali[21]. Per esempio, il primo articolo dedicato al diversity management è stato pubblicato nel 1998 e si intitolava «Management delle differenze». L’attacco dell’articolo era il seguente[22]: «Il tema delle differenze di genere non è consueto nella letteratura manageriale italiana. Spesso le persone ai vertici aziendali, sia uomini che donne, guardano con fastidio e sospetto a questo tema. […] Viceversa in alcuni Paesi, in particolare negli Stati Uniti e nel Nord Europa, questo è un tema molto dibattuto e oggetto di ricerche, seppur con il taglio specifico, storicamente e contestualmente situato, adottato nelle diverse realtà». Nell’inizio dell’articolo è indicata la traiettoria del «management delle differenze»: dagli Stati Uniti al Nord Europa e poi in Italia. Negli articoli successivi pubblicati nel 2002 e 2003, la «gestione delle differenze» è diventata «diversity management» e le «differenze» semplicemente «diversity»[23]. Questo mette in evidenza la difficoltà di sviluppare un’etichetta specifica per il contesto italiano e, come abbiamo scritto nell’introduzione del primo articolo di questa serie[24], le parole sono importanti: utilizzare «diversity» al posto di «differenze» o «diversità» non è la stessa cosa. La progressiva standardizzazione della conoscenza e del discorso manageriale a livello globale, dove il modello dominante diventa quello americano, deriva anche dal legame della rivista con SDA Bocconi School of Management. La scuola di direzione aziendale, infatti, è stata fondata da Claudio Demattè nel 1971 prendendo come modello di riferimento la Harvard Business School. Ricorda, infatti, Roberto Ruozi[25]: «Eravamo consapevoli che la formazione manageriale in Italia sarebbe diventata più importante di quanto non fosse stata in passato e ci chiedevamo cosa fare. […] In questo contesto il fatto che il professor Demattè […] avesse ottenuto una borsa di studio per frequentare un semestre ad Harvard fu un importante avvenimento. Infatti, si chiese esplicitamente a Demattè di studiare, mentre si trovava ad Harvard, l’organizzazione della scuola e i suoi programmi, in modo da utilizzare queste informazioni per lanciare le nuove iniziative alla Bocconi». La stessa decisione di SDA Bocconi di pubblicare, nel 1988, una rivista ha molto a che fare con quanto l’Harvard Business School faceva dal 1922, cioè pubblicare la Harvard Business Review.

Venendo all’aspetto più legato all’approccio degli articoli, emerge un impianto essenzialmente positivista-behaviorista che è segnalato, nei titoli e negli abstract, dall’uso di termini quali analisi, sistemi, modelli, e un maggior accento sulle tecniche, le variabili, e «la misurazione» di prestazioni, in linea con la tendenza quantofrenica già denunciata da Sorokin[26]. Un approccio, quindi, che si concretizza in un impianto di questo tipo: l’ambiente ha determinate caratteristiche che sono date per scontate/acquisite (per esempio, l’integrazione europea, la globalizzazione, lo sviluppo tecnologico ecc.). I differenti attori (individuali e collettivi) devono adattarsi a questo ambiente secondo il classico modello stimolo-risposta.

Le rubriche culturali e la contaminazione tra discipline

Economia & Management ha ospitato nel corso degli anni alcune rubriche che andavano al di là dei temi strettamente economici e manageriali. Di queste rubriche sono un esempio, in particolare, quelle culturali. Nel verbale del 6.5.1988 del comitato di gestione della SDA Bocconi è lo stesso Demattè ad annunciare l’apertura della prima rubrica: «Il prof. Demattè […]  informa dell’apertura di una nuova rubrica […] destinata a interventi di importanti scrittori e uomini di cultura sull’impresa e il mondo del management». Dal n. 5 del 1988 di Economia & Management viene introdotta «Risonanze». L’intervento di Severino Salvemini «Impresa e letteratura in Italia» illustra lo spirito che in generale caratterizza la rubrica, ossia quello di far dialogare mondi che sono sempre risultati distanti:

Sul fronte dell’impresa nei confronti della letteratura (e degli intellettuali in genere) vige un contegno di sospetto e di eccessivo pragmatismo, perché essa è in fondo considerata qualcosa che non produce a breve termine nulla di utile e che quindi serve a poco […] Sul fronte degli scrittori, invece viene ostentata una compiaciuta ignoranza della finanza, del marketing, dell’organizzazione, della tecnologia, le quali sono considerate tecniche di scarso spessore culturale […] In questo articolo voglio sottolineare il grande contributo che gli scrittori hanno dato e potrebbero dare in futuro alla narrativa d’impresa, proprio allo scopo di gettare un ponte tra questi due settori[27].  

All’intervento di Salvemini segue un pezzo letterario dello scrittore Giampaolo Rugarli, vincitore del Premio Bagutta-Opera Prima nel 1987. L’interesse della rivista per la cultura rimane costante: agli inizi degli anni Novanta              diverse rubriche scompaiono («Risonanze» verrà chiusa nel 1991), ma ne nascono di nuove: nel 1996 viene lanciata «Fotogrammi», curata da Gianni Canova e dedicata al cinema, una rubrica dove sono analizzati quei film che possono dare spunti di riflessione interessanti alla comunità manageriale. Per esempio, sul n. 1 del 1996, nell’articolo «Il lupo e il celenterato: modelli di organizzazione di fine millennio», Canova analizza due film (Pulp Fiction di Quentin Tarantino e I soliti sospetti di Bryan Singer) per riflettere su leadership e modelli organizzativi. Negli anni Duemila sono state aggiunte due rubriche di opinione – «Management e dintorni» (2001) a cura di Tarasso Tarasso e «Fuori campo» (2001) a cura di Gianfranco Piantoni – e «Libri» (2005), uno spazio nel quale venivano commentati testi di interesse per la rivista[28].

Conclusioni

Tra il 1988 e il 2018 Economia & Management è cambiata come è cambiato il contesto socio-economico dell’Italia, i suoi editori (Mondadori, Etas, Egea), i suoi direttori (Demattè, Perrone, Corbetta, Perretti). Sono cambiati i temi, ma non l’importanza attribuita alle imprese e al management di tutte le istituzioni. Economia & Management, in quanto «rivista ponte» tra accademia e pratica legata a una scuola di management, è parte delle knowledge industries, partecipa al processo di diffusione della conoscenza manageriale, muovendosi sul crinale molto sottile della rilevanza e del rigore. Contribuisce al discorso manageriale alimentando i trend, i cicli e le mode che caratterizzano questo discorso. In tutto questo rimane forte l’imprinting del suo fondatore e di quel soggiorno ad Harvard nella primavera del 1971.

1

Gli altri tre articoli sono stati pubblicati sui numeri 1, 2 e 3 del 2019.

2

P.A. Sorokin, Fads and Foibles in Modern Sociology and Related Sciences, Westport (CT), Greenwood Press, 1956; M. Bronfebrenner, «Trends, cycles, and fads in economic writing», The American Economic Review, 56(1/2), 1966, pp.  538-552; E. Abrahamson, «Management fashion», Academy of Management Review, 21(1), 1996, pp. 254-285.

3

E. Abrahamson, G. Fairchild, Knowledge industries and idea entrepreneurs: new dimensions of innovative products, services, and organizations, in C.B Schoonhoven, E. Romanelli (a cura di), The entrepreneurship dynamic: origins of entrepreneurship and the evolution of industries, pp. 147-177, Standford Business Books, Redwood City 2001.

4

F. Perretti, S. Basaglia, Economia e management dei media, Milano, Egea, 2018.

5

C. Demattè, «Dedicato all’azienda», Economia & Management, n. 1, marzo 1988. p. 1.

6

V. Perrone, «Il nuovo anno di Economia & Management», Economia & Management, n. 1, 2005, pp. 3-6.

7

G. Corbetta, «Per una rivista dedicata a chi lavora nelle e per le aziende», Economia & Management, n. 1, 2014.

8

F. Perretti, «Leggere la realta? per trasformarla», Economia & Management, n. 1, 2018.

9

C. Demattè, op. cit.

10

V. Perrone, op. cit.

11

G. Corbetta, op. cit.

12

F. Perretti, «Leggere la realta? per trasformarla», Economia & Management, n. 1, 2018.

13

R. Gulati, «Tent poles, tribalism, and boundary spanning: The rigor-relevance debate in management research», Academy of Management Journal, 2007, 50(4), pp. 775–782.

14

E. Abrahamson,  G. Fairchild, op.cit.

15

A.C. Schulz, A.T. Nicolai, «The Intellectual Link Between Management Research and Popularization Media: A Bibliometric Analysis of the Harvard Business Review», Academy of Management Learning & Education, 2015, 14(1), pp. 31-49.

16

Per esempio, nel 2010 Economia & Management è stata accettata come rivista scientifica dall’Accademia Italiana di Economia Aziendale. L’accreditamento è stato poi rinnovato nel 2016.

17

V. Perrone, op. cit.

18

In base alle informazioni ricavabili dal titolo, dall’abstract, dal testo, dall’autore/autori e dai riferimenti bibliografici i ricercatori hanno suddiviso gli articoli, prima di tutto, tra le seguenti discipline: accounting (programmazione e controllo, contabilità e bilancio), comunicazione, diritto, economia politica, finanza e intermediari finanziari, management delle organizzazione culturali, management pubblico/sanitario/non profit, marketing, operations (produzione, logistica), organizzazione aziendale (teorie organizzative, comportamento organizzativo, HRM), storia, strategia e management (strategic management, economia aziendale, gestione). Successivamente sono stati individuati uno o più temi chiave. Questi temi chiave, per semplicità di esposizione, sono stati raggruppati in una serie di macro-temi che sono: assetti organizzativi, brand management, burocrazia, cambiamento e innovazione, clienti e consumatori, comportamento organizzativo, comunicazione esterna, concorrenza, conoscenza, contabilità e bilancio, cultura organizzativa, decisioni, dinamiche competitive, etica, focus per Paese/settore, fondamenti del management, governance, HRM, ICT, imprenditorialità, Jobs Act, marketing strategico/operativo, marketing territoriale, performance, PMI, produzione/supply chain, project management, reti d'imprese, scenari economici, società, temi di finanza.

19

B. Üsdiken, «Americanization of European Management Education in Historical and Comparative Perspective: A Symposium», Journal of Management Inquiry, 2004, 13(2), pp. 87-89; M. Kipping, B. Üsdiken, N. Puig, «Imitation, Tension, and Hybridization: Multiple “Americanizations” of Management Education in Mediterranean Europe», Journal of Management Inquiry, 2004, 13(2), pp. 98-108.

20

E. Boxenbaum, «Lost in Translation: The Making of Danish Diversity Management»American Behavioral Scientist, 2006, 49(7), pp. 939-948.

21

P. Bourdieu, L. Wacquant L, «On the Cunning of Imperialist Reason», in Theory Culture Society, 1999 16, p. 41.

22

M.C. Bombelli, «Management delle differenze: gestire il genere», Economia & Management, 1998, 6, p. 43.

23

M.C. Bombelli, «Diversity management: un’idea da sviluppare», Economia & Management, 2002, 1; M.C. Bombelli, «Uguali o diversi? Per un utilizzo consapevole del diversity management», Economia & Management, 2003, p. 5.

24

S. Basaglia, Z. Simonella, «1988-1997: il dibattito sui modelli d’impresa», Economia & Management, (1)2019.

25

Roberto Ruozi insieme a Giordano Dell’Amore, Vittorio Coda, Carlo Masini e Claudio Demattè era membro del gruppo di lavoro incaricato di riprogettare il corso di perfezionamento in Economia aziendale da cui sarebbe nata la Scuolad direzione aziendale dell’Università Bocconi. M. Draebye, F. Pennarola, Il caso SDA Bocconi, p. 355, in G. Gemelli, Scuole di management, Origini e primi sviluppi delle business schools in Italia, Bologna, Il Mulino. M. Cattini, A. De Maddalena, M.A. Romani, Storia di una libera università, III volume. L’Università Commerciale Luigi Bocconi dal 1945 a oggi, Milano, Egea.

26

P.A. Sorokin, op. cit.

27

S. Salvemini, «Impresa e letteratura», in Economia & Management, n. 5, 1988, pp. 18-19.

28

Progressivamente le rubriche culturali, come tutte le altre rubriche, sono state chiuse o modificate e pubblicate solo online.