E&M

2020/5

Giuseppe Soda

La forza delle radici per anticipare il futuro

Giuseppe Soda, il Dean di SDA Bocconi School of Management, ripercorre lo stretto legame della rivista con la business school e i cambiamenti intercorsi negli anni in termini di contesto culturale, di approccio alla formazione e alla ricerca, di sfide.

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La lunga marcia della cultura manageriale in Italia è segnata nei prossimi mesi da due importanti anniversari: i cinquant’anni della SDA Bocconi School of Management e il trentennale di Economia&Management. Due compleanni che si possono definire di famiglia, l’uno strettamente legato all’altro e non solo per la visione del fondatore Claudio Dematté che le accomuna.

Questo contributo ricostruisce gli elementi portanti, e per certi versi invisibili, che hanno permesso a quella visione di alimentare la costruzione di una delle principali Scuole di management europee e di trasformare la vita professionale, e non solo, di decine di migliaia di persone passate dalle aule della SDA Bocconi. Al sogno di Claudio Dematté e di tutte le persone che con lui lavorarono in quegli anni irripetibili è dedicato questo articolo.

Cogliere lo spirito del tempo

Nel 1971 la Scuola di Direzione Aziendale (SDA) dell’Università Bocconi fu immaginata e fondata da un gruppo di giovanissimi professori con l’obiettivo di dare all’Italia, al mondo produttivo, alle imprese e alle istituzioni un luogo in cui formare una classe dirigente competente, capace di guidare lo sviluppo e di affrontare le grandi sfide della società e dell’economia. Ma a rileggere con attenzione quella storia, sin da subito quel gruppo di docenti comprese che l’impatto sul Paese e sulla società sarebbe stato tanto più forte quanto più si sarebbe esteso oltre le classi dirigenti. La SDA nacque dunque come una scuola aperta a tutto il mondo delle imprese – indipendentemente dalla dimensione – e delle istituzioni pubbliche e private, capace di dialogare non solo con i leader e gli imprenditori, ma anche con i professionisti, i giovani di talento, i quadri e gli impiegati. In quella visione iniziale, la cultura manageriale, i valori della competenza, della responsabilità e del merito, uniti alla forza della tecnica, rappresentavano i motori della mobilità sociale e un nutrimento fondamentale per lo sviluppo e la crescita.

Il legame stretto con lo spirito del tempo, unito alla continua sfida per la modernità e il progresso, sono le fondamenta della visione che portò alla nascita della SDA e, vent’anni dopo, al progetto editoriale di Economia&Management che estendeva il perimetro di azione di quell’intuizione ben oltre le aule di formazione. Le persone che nell’arco di tutti questi anni si sono confrontate con i corsi della SDA Bocconi e con gli articoli e le rubriche di Economia&Management ne hanno sempre riconosciuto e apprezzato la capacità di cogliere il tempo e le sfide del momento.

Così, quando alla fine degli anni Settanta l’economia mondiale manifestava i primi segni di globalizzazione, la SDA decise che si sarebbe aperta al mondo lanciando i programmi per il mercato internazionale – primo fra tutti il Master in Business Administration in lingua inglese – nella consapevolezza che Milano e l’Italia sarebbero state in grado di raccogliere una tale sfida e che quella apertura avrebbe reso anche il nostro sistema produttivo e le nostre istituzioni più forti e competitive. Quando negli anni Ottanta le grandi deregolamentazioni spingevano a considerare il mondo pubblico al capolinea, la SDA – così come l’Università Bocconi – lanciò nuovi programmi dedicati alla formazione dei decisori e del management pubblico, sia negli enti territoriali e centrali sia nel settore della sanità. Economia&Management, al contempo, ospitava contributi e riflessioni proprio sulle trasformazioni nell’amministrazione pubblica. Contestualmente, la nascita di internet alimentò una stagione irripetibile di crescita e nascita di nuove imprese e settori, prima della grande delusione causata dalla bolla delle dot-com. In quegli anni, sia la SDA sia la rivista si interrogavano su quanto la tecnologia avrebbe davvero trasformato i modelli di business e le imprese. E poi venne il tempo del modello dominante dello shareholder value e della finanza iperbolica, seguito dalla riflessione critica e dall’affermazione di contenuti attorno ai temi della responsabilità sociale delle imprese, dell’etica del business e della finanza sostenibile. Si arriva così agli anni della rivoluzione digitale che rendono sempre più inevitabile esporre i futuri leader delle organizzazioni private e pubbliche alla scienza dei dati, agli analytics, alle implicazioni gestionali e organizzative della robotica e dell’intelligenza artificiale.

Sono solo degli esempi, tra i molti possibili, che marcano la determinazione costante della SDA Bocconi e di Economia&Management nell’essere accanto a studenti, manager, imprenditori e lettori nei passaggi e nei momenti cruciali dell’evoluzione economica e sociale non solo del nostro Paese ma anche del contesto internazionale. Pur con qualche errore di valutazione, una tensione costante che ha animato la Scuola e la rivista è stata quella di cercare sempre di cavalcare le onde più avanzate delle trasformazioni della società, dell’economia e della tecnologia, a volte anche delle mode manageriali, per mettere a disposizione delle imprese e della collettività una piattaforma dinamica di sapere, competenze e idee innovative. Ed è proprio la capacità di cogliere le sfide del tempo che amplifica il ruolo della formazione e della conoscenza come grande forza trasformativa. Una forza che in primo luogo agisce sulle persone e poi, trasversalmente, sulle imprese – di qualsiasi dimensione e settore – sulle istituzioni e la pubblica amministrazione. Persone, imprese, istituzioni e amministrazioni più preparate, poiché dotate di conoscenze e competenze funzionali alle grandi sfide della contemporaneità, sono anche quelle che meglio riescono a impiegare le risorse e a raggiungere più velocemente e con maggiore efficacia i propri obiettivi. 

Anticipare il futuro

Accanto alla capacità di affrontare le sfide del presente, quella visione originaria includeva anche un seme prezioso di anticipazione del futuro. Oggi, nell’economia che vira verso il valore della sostenibilità ambientale e sociale i grandi leader politici, aziendali e della finanza globale – anche quelli da cui meno ce lo si potrebbe aspettare – si affannano a indicare la via del primato della responsabilità verso le generazioni future. In tal senso, appare profetico quel poster della SDA Bocconi datato 1973 in cui si leggeva: «Una scuola di management serve alla collettività quando opera nella costante tensione fra l’esigenza di preparare all’esercizio di una professione e la necessità di produrre una critica costruttiva per la ricerca di strutture economiche e organizzative più giuste». Affermare l’identità collettiva della Scuola nella tensione tra la forza della preparazione ai ruoli di leadership e la necessità di osservare l’economia e le imprese attraverso il pensiero critico resta ancora oggi una lezione straordinaria e una visione senza tempo.

La capacità di cogliere lo spirito del tempo non impedì affatto di continuare a sviluppare energie creative, originali e innovative. Per questo, nel DNA della Scuola non è iscritta solo la divulgazione della conoscenza, ma anche la sua creazione. Anzi, si potrebbe dire che prima che essere luoghi di diffusione, la SDA ed Economia&Management sono stati concepiti come universi di creazione di nuove visioni, idee e tecniche. La creazione di nuova conoscenza, risultato dell’attività di ricerca, è di per sé un atto deviante: è l’esercizio di un pensiero alternativo a quello dominante, irrobustito dal rigore nel metodo. Così, lo sforzo innovativo di produrre nuova conoscenza manageriale è sempre quello di andare oltre, di cercare le risposte alla complessità dell’esistente, evitando ricette fondate solamente sul comune sentire o sulle esperienze passate.

Allo stesso tempo, però, la ricerca svolta alla SDA e ospitata su Economia&Management – o, da qualche anno, sulla sua propaggine online rappresentata dal sito E&MPlus – è stata sempre immaginata come «influente», focalizzata su temi rilevanti, sviluppata con il rigore e la qualità tipica delle discipline scientifiche ma in grado di produrre conoscenza ad alto impatto sulle comunità di riferimento. E proprio per evitare di perdersi nell’autoreferenzialità della ricerca fatta «dagli accademici per gli accademici», le aule della SDA e le pagine della rivista hanno rappresentato un luogo di esperienza e sperimentazione delle idee e delle conoscenze prodotte. Nulla di rivoluzionario, ovviamente; dobbiamo a Galileo l’idea che la scienza debba basarsi sull’esperienza penetrata dalla ragione.

Anticipare, quindi, senza però perdere mai la bussola che impone di esercitare un impatto reale sulle persone e sulle organizzazioni pubbliche e private, perché la visione dei fondatori era che le energie innovative dovessero essere incanalate nel solco della rilevanza e della concretezza.

L’esigenza di un legame più stretto tra le imprese, le istituzioni e una ricerca manageriale «rilevante e rigorosa» si è rafforzata con lo scorrere degli anni. La profondità, la precisione e il rigore della conoscenza utilizzata per l’assunzione di decisioni rappresentano elementi cruciali per quelle imprese che si trovano nella necessità di comprendere con precisione i profondi e repentini cambiamenti dell’economia, della competizione, dei modelli di gestione e di organizzazione. In secondo luogo, sono necessari per elaborare e implementare risposte sofisticate a un mondo complesso. Inoltre, le decisioni aziendali sono sempre più processi ad alto contenuto di conoscenza ma, al contempo, la conoscenza che li nutre diventa rapidamente obsoleta. Di conseguenza, la generazione continua di nuovi saperi diventa un processo centrale nelle scelte che manager e decisori sono chiamati a compiere.

Una visione della leadership

Quella di SDA ed Economia&Management è una storia fatta di consolidamento delle professioni e sapere critico, creatività e concretezza, generazione e divulgazione, spirito del tempo e anticipazione. Tuttavia, se volessimo trovare un elemento che ha attraversato costantemente la storia della Scuola e della rivista è forse l’idea della continua ricerca di equilibrio tra forze divergenti, senza cadere nella trappola della tranquillizzante semplificazione che finisce inevitabilmente per banalizzare la complessità del reale. Assumendo questa prospettiva, è del tutto evidente come l’impronta che ha segnato questi cinquant’anni è quella di una visione precisa della leadership e della responsabilità individuale e collettiva.

Le leadership, qualunque esse siano, aziendali o politiche, hanno la responsabilità di indicare la strada, di definire la rotta. C’è in questa funzione un’innata capacità di guardare lontano, di proiettare nel lungo termine una meta da raggiungere. Definire la rotta è sancire una promessa fatta a chi aspetta le indicazioni su come, in quanto tempo e perché intraprendere quel cammino. Più importante è la meta da conseguire, più chiare devono essere la visione del futuro e la consapevolezza del presente. Capire e pensare prima di agire servono per proiettare le scelte su un orizzonte temporale più lungo di quello di corto respiro. Questo significa preoccuparsi non solo delle decisioni in sé ma anche di costruire le condizioni per un’efficace attuazione dei processi di cambiamento, assicurando al tempo stesso la continuità. La visione della SDA e il valore attribuito alla conoscenza prendono corpo in una concezione della leadership come capacità di gestire il paradosso della stabilità e del cambiamento: proteggere le condizioni che rendono necessarie la continuità, ma al tempo stesso agire in modo trasformativo agendo sulla cultura e sui modelli cognitivi dominanti nell’organizzazione, realizzando un cambiamento in grado di cogliere le grandi sfide del futuro. Sotto questa luce, i leader sono al contempo architetti e agenti del cambiamento. Per far questo, devono essere capaci sia di costruire nuove visioni sia di riempirle di senso. Ecco che torna l’impronta visionaria e culturale delle origini. Esercitare la leadership, indipendentemente dal ruolo occupato nella società, significa dare il proprio contributo per cercare di sfuggire al determinismo di scelte generate da forze esterne e apparentemente incontrollabili, demolire le inerzie legate al passato, costruire e trasmettere l’idea di nuove possibilità e nuove direzioni.

L’impegno per il futuro

Poi è arrivato l’annus horribillis della pandemia, che ha cambiato scenari e percezioni e ha stravolto le consolidate conoscenze di chi si trova al comando di imprese e istituzioni. In questo contesto, abbiamo scoperto che i dati, anche se siamo in grado di maneggiarli con grande cura, quando le condizioni mutano improvvisamente non ci sono e, se ci sono, a volte, non sono decisivi. Ci siamo accorti che esistono trade-off e dilemmi irrisolvibili – situazioni dove la scienza dei dati ci aiuta senz’altro –, ma poi molte decisioni si prendono sulla base di giudizi, di assunzione di responsabilità, di intuito. Abbiamo drammaticamente capito che in condizioni di incertezza ci servono prospettive multiple e che il pensiero critico alimenta l’innovazione e può favorire la scoperta di soluzioni efficaci. La pandemia ha messo in luce la necessità di disporre di conoscenze e strumenti utili sia a comprendere la situazione che si sta affrontando, sia a migliorare le abilità di visione prospettica e sistemica sull’evoluzione di questa al fine di avere piena consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e di quelle degli altri. A integrazione di tutto questo, occorre sviluppare competenze di trasmissione delle conoscenze, ma anche comunicative, relazionali e negoziali orientate a favorire l’emergere di un contesto utile al raggiungimento di un risultato comune, specie quando gli ambiti decisionali sono composti da attori e interessi multipli e non sempre convergenti. Il tutto senza mai perdere di vista l’orientamento al risultato, la capacità di misurarlo e monitorarlo. In sostanza, il virus ha svelato molte debolezze dei leader e non solo, indicando un nucleo di competenze su cui occorrerà orientare i programmi formativi e lo sviluppo di nuova conoscenza per i prossimi anni e che sarà fondamentale per aiutare le persone e i leader a fronteggiare responsabilmente la complessità del futuro. Queste competenze non sostituiranno quelle su cui oggi la SDA Bocconi è impegnata nella sua attività educativa, ma andranno ad arricchire un’offerta articolata in cui profondità e ampiezza delle competenze saranno affidate a percorsi flessibili e costruiti sui bisogni di ciascuno.

Anche in queste inaspettate circostanze, il solco tracciato da quella visione originaria rimane un’ancora di salvezza.