E&M

2019/2

Fabrizio Perretti

L’incontro-scontro tra materiale e immaginario

Scarica articolo in PDF

I nostri lettori potrebbero domandarsi come mai la nostra rivista abbia deciso, in occasione del cinquantenario, di dedicare così tanta attenzione all’anno 1969. La risposta, come tentiamo di illustrare in questo dossier, è perché alcuni degli eventi di quell’anno hanno avuto una rilevanza molto profonda rispetto ai temi di cui ci occupiamo, molto più di quelli del 1968, altro anno simbolo alla cui rilevanza ed eredità sono state recentemente dedicate ampie riflessioni.

I movimenti del ’68 e il maggio francese sono stati infatti la testimonianza di uno scontro generazionale e di una mutata sensibilità della condizione giovanile[1]. Come sottolineato dal sociologo Shmuel Eisenstadt, le comunità giovanili rappresentano istituzioni transitorie e i movimenti anagrafici che su queste si fondano difficilmente possono essere alla base di una controcultura in grado di trasformare la società. Tale impulso richiede l’affermazione di identità collettive più stabili. Nel 1969 assistiamo ad alcuni eventi che sono testimonianza di uno sviluppo di questo genere. Tra di essi vi sono, in ordine cronologico, i seguenti: i moti di Stonewall (28-29 giugno) che segnano l’inizio del movimento di liberazione omosessuale «moderno»; lo sbarco dell’uomo sulla Luna (20 luglio), esito finale di una gara spaziale tra URSS e Stati Uniti d'America, ispirata dalla Guerra fredda; il festival di Woodstock (15-18 agosto), il raduno di «pace e musica» che segna l’apice della generazione hippie; il cosiddetto «autunno caldo», la stagione di conflitto operaio che interesserà l’Italia a partire da settembre; la nascita di Internet, attraverso la rete ARPANET che il 29 ottobre invierà il primo messaggio tra due dei suoi computer collegati.

Si tratta di eventi che, pur appartenenti a un passato storicamente determinato, hanno profondamente influenzato alcune delle prospettive tecnologiche e sociali che caratterizzano il nostro presente e che si sono riflesse in molti dei nuovi settori che contraddistinguono l’attuale panorama economico. Partirei proprio dalla tecnologia e dall’evento simbolo che è testimonianza della sua punta più avanzata: lo sbarco dell’uomo sulla Luna. Pur rappresentando un risultato che segnala indubbiamente la supremazia tecnologica di una nazione all’interno di un conflitto come quello rappresentato dalla Guerra Fredda, si tratta di un traguardo – come ricordato dallo stesso Neil Armstrong che per primo vi pose piede – di tutta l’umanità. Mentre il progetto Manhattan, simile per ampiezza e complessità dello sforzo tecnologico, ci aveva infatti consegnato un ordigno di distruzione di massa come la bomba atomica, in grado di distruggere il nostro mondo, lo sbarco sulla Luna ci apre a nuovi mondi e a guardare non alle divisioni che ci separano sulla Terra ma alle prospettive che ci uniscono verso nuove frontiere. È su questa idea di collettività e di condivisione che si fonderanno molti degli sviluppi tecnologici futuri, come il personal computer e una rete (come ARPANET che diventerà poi Internet) in grado di collegarli.

Woodstock rappresenta l’esemplificazione di questa visione comunitaria e di partecipazione collettiva. Se si guardano le immagini del documentario[2] che è stato girato su quel raduno di tre giorni, che porterà circa 400.000 persone in un’area rurale per ascoltare insieme un concerto, la prima cosa che si nota è proprio la prospettiva collettiva, come se le persone facessero parte di un unico organismo. Si vive insieme, si ascolta insieme un bene collettivo per eccellenza come la musica dal vivo. Non esiste proprietà privata. Il corpo e la nudità sono visibili, non sono nascosti, ma nemmeno esibiti. Il sesso è libero e non condizionato da rapporti esclusivi. Si fuma moltissima marijuana, ma anche in questo caso il consumo non è individuale, ma è condiviso con altri in un rituale collettivo.

Ed è sempre in tale ambito di «liberazione», e quindi necessariamente di conflitto rispetto ai valori e alle strutture dominanti, che si sviluppano le lotte per i diritti civili degli omosessuali così come quelle operaie e sindacali. Il 1968, con le occupazioni universitarie e gli scontri del maggio francese, aveva infatti diffuso strumenti di lotta, ma anche aspirazioni sociali («vogliamo tutto e subito!») che saranno ripresi nel 1969 da gruppi che riconosceranno (o riaffermeranno) nell’orientamento sessuale o nella condizione di classe la propria identità collettiva. Per il movimento omosessuale questo significherà innanzitutto scontro e rifiuto dei modelli esistenti (gay is good), uscire allo scoperto (coming out) non solo individualmente ma anche collettivamente, occupando simbolicamente con i gay pride gli stessi luoghi pubblici della società dominante. Per il movimento operaio ciò determina una conflittualità di fabbrica diffusa con forme di lotta innovative, nuove strutture di rappresentanza operaia, l’ampliamento progressivo dei diritti sindacali in fabbrica, nuove metodologie nelle trattative e forme contrattuali innovative. A distanza di cinquant’anni, possiamo osservare come il sistema economico abbia reagito in modo diverso rispetto a queste due diverse istanze: integrando i soggetti LGBT in quanto consumatori e dis-integrando, attraverso la tecnologia (o la delocalizzazione a essa sempre connessa), gli operai in quanto produttori.

Nell’ottobre 1969 la rivista Life[3] aveva individuato, in quello che diventerà un celebre trittico – sex, drugs and rock –, gli elementi fondanti della controcultura. In questo dossier si evidenzia come ciascuna delle tre componenti, anche quelle considerate più «scandalose» – fondate cioè sul sesso e sulla droga –, abbiano poi trovato una legittimazione sociale sempre più diffusa e uno sfruttamento commerciale legale sempre più intenso. Se la cultura mainstream dominante aveva concentrato l’attenzione su queste singole componenti, considerate «indecenti», non percependo il quadro d’insieme più ampio, il rischio attuale è invece il silenzio della ricerca su alcuni di questi settori. A quel contesto controculturale sono infatti riconducibili molte visioni imprenditoriali che hanno trovato ampia realizzazione nella nostra società contemporanea: dai movimenti hacker, al free software, fino alle recenti evoluzioni della sharing economy. Ed è sempre da quel contesto che nasce il famoso stay hungry, stay foolish pronunciato da Steve Jobs, riprendendo il motto di una famosa rivista della controcultura – The Whole Earth Catalogue – che secondo alcuni è da considerarsi il progenitore di Google e la cui copertina era sempre dedicata a un’immagine della Terra vista dallo spazio e dalla Luna. La stessa Terra che hanno visto gli astronauti della missione Apollo 11, il cui successo, impensabile senza il sistema di pilotaggio computerizzato, avviene a pochi mesi di distanza dall’uscita del film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick – film in cui il conflitto tra uomo, tecnologia e intelligenza artificiale rappresentata dal computer HAL è quanto mai evidente e attuale.

Se il 1968 è stato simbolicamente l’anno in cui si è immaginato un mondo diverso, il 1969 è invece l’anno in cui si è iniziato a trasformarlo, gettando alcuni di quei semi di cui oggi osserviamo i frutti. Il 1969 può essere infatti considerato l’anno dell’incontro, ma anche del conflitto che da tale incontro si genera, tra il materiale e l’immaginario. È proprio in quell’anno che diventa evidente quella fusione tra tecnologia e società, che aprirà nuove prospettive per realizzare i mondi sognati e immaginati negli anni precedenti e, forse, anche alcuni incubi.

1

G. Ortoleva, I movimenti del '68 in Europa e in America, Roma, Editori Riuniti, 1998.

2

Woodstock (1970), di Michael Wadleigh. Vincerà l’Oscar come miglior documentario.

3

E. Kern, «Can it happen here?», Life, 17.10.1969, pp. 66-78.