E&M

2008/2

Gianni Canova Severino Salvemini

L’organizzazione palindroma

Tenere sotto controllo più opzioni contrastanti. Adottare la tattica della reversibilità. Spostarsi ai margini per governare il centro delle decisioni. Tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, il film Caos calmo offre parecchie chiavi metaforiche per leggere le organizzazioni complesse del mondo contemporaneo.

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Caos calmo

Regia: Antonello Grimaldi

Interpreti: Nanni Moretti, Isabella Ferrari

Italia, 2008

Chiamarsi fuori. Mettersi ai bordi. Lateralizzare. È questa la strategia adottata dal protagonista del film Caos calmo, diretto da Antonello Grimaldi e tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi.

Padre di una bimba che frequenta la scuola elementare e dirigente di un’importante azienda televisiva multinazionale, Pietro Paladini (interpretato con efficace intensità da Nanni Moretti) affronta il trauma dell’improvvisa morte della moglie scegliendo uno strano modo di elaborazione del lutto: dopo i funerali, quando amici e colleghi fanno a gara per offrirgli aiuto e solidarietà, Paladini decide di restare vicino a sua figlia. E di farlo in modo letterale: tutte le mattine la accompagna a scuola e rimane lì, nella piazzetta antistante l’edificio scolastico, fino al termine delle lezioni. Non si muove. Non va in ufficio. Aspetta. La panchina diventa la sua nuova “scrivania”. La piazzetta il suo nuovo mondo. Lì fa nuove conoscenze, e si adatta ai riti quotidiani delle persone che tutti i giorni transitano in quel luogo (un ragazzo handicappato accompagnato dalla madre, una ragazza con un cane e così via). Ma questa sua posizione “laterale”, lungi dall’emarginarlo dal sistema di relazioni familiari e aziendali, gli conferisce paradossalmente un nuovo ruolo: quello del consigliere autorevole e super partes, quello dell’amico a cui ci si può rivolgere per avere un punto di vista non canonico sui problemi più disparati. Così, un po’ a sorpresa, pur essendo lontano dall’azienda, Paladini si ritrova al centro di una complessa operazione di fusione che riguarda gli assetti proprietari e organizzativi della sua società, e la sua posizione suscita le invidie e i sospetti di più di un collega. Tanto che il suo “restar fermo” rispetto a un mondo che prende a ruotargli vorticosamente intorno finisce per diventare una possibile, suggestiva metafora di alcune dinamiche che caratterizzano oggi il mondo dell’organizzazione. Ne discutono, come di consueto, Severino Salvemini e Gianni Canova.

S.S. La cosa che più colpisce nel comportamento del protagonista del film è proprio la sua capacità di distanziarsi dalle dinamiche organizzative e di potere della sua azienda. Di fare un passo indietro e di osservare le cose in modo più distaccato e obiettivo. La panchina della piazzetta romana diventa la metafora di una lateralizzazione consapevole e voluta: scegliendo di fermarsi lì, di non frequentare più l’ufficio, il dirigente interpretato da Nanni Moretti si svincola di colpo dai ricatti, dalle offerte di scambio, dalle negoziazioni infinite che esplodono in azienda in vista dell’imminente fusione. Ma il suo sguardo distaccato, e a distanza, finisce paradossalmente per essere più lucido e lungimirante dello sguardo di coloro che sono – come dire – nell’occhio del ciclone…

G.C. … e che sentono il bisogno di andare da lui, da confidarsi, di chiedergli consigli, quasi illudendosi che la sua lontananza fisica sia anche un sintomo di indipendenza di giudizio, o di estraneità ai giochi che stanno avvenendo in azienda. Da questo punto di vista, mi pare che Caos calmo suggerisca un’indicazione contraria a quella che ci veniva da un film come Un’ottima annata di Ridley Scott, di cui ci siamo occupati in questa rubrica qualche mese fa: là il dirigente che si allontanava dall’ufficio per andare in Provenza a sistemare una pratica ereditaria lasciava scoperto il suo posto e i colleghi occupavano immediatamente quella postazione non presidiata cercando di far fuori l’assente. Qui accade il contrario: nessuno cerca di fare le scarpe a Paladini, anzi. Tutti vanno in pellegrinaggio da lui, come se la sua panchina diventasse una sorta di confessionale: un luogo confidenziale, un porto franco, uno spazio in cui dar sfogo a dubbi e timori che nessuno avrebbe il coraggio di esplicitare nel contesto aziendale, soprattutto in un momento ipercompetitivo e problematico com’è quello della fusione. La sua lateralizzazione ha invece un effetto magnetico: non genera né sanzioni né mugugni né risentimenti, ma valorizza ancor di più il suo ruolo.

S.S. Un altro aspetto molto interessante del film è la contrapposizione fra due modelli di leadership teorizzata dal personaggio interpretato da Silvio Orlando e poi fatta propria anche da Paladini: da un lato il modello trinitario cattolico, dall’altro il modello monoteistico ebraico. Il primo è senz’altro più italiano, o più mediterraneo, il secondo è più diffuso nei paesi di tradizione protestante. Il primo modello è più flessibile, più malleabile, e mi pare più idoneo a una situazione problematica come è quella di una fusione, dove non è mai facile conferire ex abrupto tutta la leadership a una sola persona. Il modello trinitario, che spalma il potere su più figure con funzioni almeno parzialmente diverse, è vissuto dai personaggi italiani come più funzionale all’assetto di un’organizzazione che sta prendendo forma, e che difficilmente tollererebbe decisioni inappellabili prese da una sola persona.

G.C. Accanto a questo aspetto, che è senz’altro centrale, a me pare che il film sottolinei anche due altre categorie molto interessanti per i modelli organizzativi contemporanei: l’ossimoricità e la reversibilità. Fin dal titolo (caos versus calma) il film accosta gli opposti e li fa coesistere.

S.S. Certo. Da un punto di vista aziendale, possiamo dire che ci sono due modi di affrontare la complessità e la compresenza di possibilità o di opzioni antitetiche: da un lato l’approccio riduzionista, che privilegia una variante e tende a cancellare l’altra, dall’altro l’approccio che gestisce organizzativamente le antitesi in una logica di compresenza e di compenetrazione. Direi che il film opta esplicitamente per questa seconda modalità…

G.C. … così come elogia in modo palese le forme e le figure improntate alla reversibilità. Da questo punto di vista è metaforicamente esemplare il palindromo imparato a scuola dalla figlia del protagonista: I topi non avevano nipoti. Lo si può leggere indifferentemente da sinistra a destra o da destra a sinistra. È biunivoco. Così come reversibile è, alla fine, la scelta di Paladini: che non rimane sulla panchina per sempre, ma accetta il consiglio della figlia e riprende la sua vita precedente.

S.S. Questa indicazione mi sembra particolarmente importante: in un momento come quello che stiamo attraversando, in cui tutte le organizzazioni operano sia in ambienti stabili sia in ambienti instabili, erratici e dinamici, la capacità di esplorare una strada, ma poi anche di tornare indietro e di imboccare – se è il caso – la strada opposta, diventa una capacità strategicamente decisiva. E Caos calmo ha il pregio di ricordarcelo in modo chiaro e suggestivo.