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2015/6

Guido Martinetti

Biografie fondamentali

I romanzi non sono il suo forte, ma le biografie dei grandi di tutte le epoche lo appassionano. E quelle su Steve Job sono state fondamentali per la sua formazione adulta.

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Il mio rapporto con i libri è cambiato per sempre da quando, nel 2012, ne ho scritto uno, Grom, storia di un’amicizia, qualche gelato e molti fiori. Per sei mesi infatti mi sono alzato alle sei del mattino. Il risultato però mi ha riconciliato con la vita, perché davvero l’avventura di Federico (Grom) e mia è la storia di due ragazzi, un manager e un enologo, che inseguendo un sogno allo stesso tempo semplice e rivoluzionario – fare il gelato più buono del mondo – partono da un negozietto di 25 metri quadrati a Torino e, in pochissimi anni, selezionando le migliori materie prime nei cinque continenti, rinunciando a utilizzare emulsionanti, coloranti e aromi e coltivando la frutta biologica nell’azienda agricola Mura Mura, creano un gelato di altissima qualità che li impone come marchio di eccellenza sulla scena del food internazionale.

Naturalmente la mia scrittura non è all’altezza dei miei modelli, e questo per me resta un vero peccato. Del resto sarebbe difficile raggiungere i vertici di Georges Simenon, Gabriel Garcia Marquez e Graham Greene. Scrittori diversissimi, con modalità narrative spesso opposte ma in cui si riconosce un tratto comune: la capacità di risolvere enigmi non solo criminali ma del quotidiano, andando oltre il senso comune e raccontando con semplicità e attenzione cosa può esserci dietro un dettaglio, a volte minimo come in Greene e Simenon, altre volte grandioso come in Marquez. In effetti è proprio lì, nel mistero dei dettagli, che si svela “il nocciolo della questione”, tanto per citare uno dei titoli di Greene che ho più amato.

Detto questo, ai romanzi preferisco senza dubbio la saggistica e sono un grande appassionato del genere biografico, delle grandi figure della storia che hanno segnato le varie epoche. Alessandro di Valerio Massimo Manfredi resta uno dei miei punti di riferimento, una vera e propria matrice su cui si innestano le altre.

In termini accademici, Fondamenti di analisi economica di Paul Samuelson per me è un classico ineguagliato, che da laureato in agraria ha cambiato per sempre il mio modo di vedere e concepire l’economia. Al marketing, invece, ho sempre preferito la comunicazione, che ho approfondito occupandomi dello sviluppo del nostro brand. Qui i testi di riferimento sono stati quelli di Charles Saatchi, soprattutto Know Unknowns e The Naked Eye.

Tornando alle biografie, le ultime che mi hanno colpito sono quelle di Steve Jobs – credo di averle lette tutte. Sono state fondamentali nella mia formazione adulta, che ritengo non meno importante di quella da ragazzo. È in Jobs che ho scoperto come anche le personalità più sicure e favolose, che hanno costruito successi ben oltre le loro immaginazioni, fossero in realtà spesso molto fragili. Non solo: nel caso di Jobs ho anche visto come l’ossessione per il dettaglio e la dedizione siano i veri fattori di successo. Dell’azienda come della vita. Tutto il resto alla fine non è essenziale e viene da sé.

Viaggiando molto faccio largo uso della tecnologia mobile, dal telefono agli Ipad. I libri però quando possibile preferisco leggerli in carta, alla vecchia maniera, perché danno delle sensazioni diverse che fanno parte del mistero e del piacere della lettura. Un piacere che più che un lusso o un modo per ingannare il tempo per me è una necessità. Per parlare compiutamente di libri però a questo punto devo fare un discorso diverso, che parte dalle librerie di legno di casa mia, dai loro colori e odori, dalla robustezza, dalla sensorialità e dal design. Elementi che mi danno un orientamento quotidiano, nato nell’infanzia e che ha formato e diretto la mia personalità. Da questo punto di vista mi fa piacere concludere così: mi riconosco molto nella vicenda di Vittorio Valletta, che come racconta Piero Bairati è stato qualcosa di più manager. Una figura mitica, un vero e proprio esempio di modo di essere e di ragionare, di stile pubblico e di comportamento privato. Potremmo chiamarlo stile piemontese ma sarebbe riduttivo. È lo stile che dovrebbe riscoprire l’Italia, ma questo sarebbe un altro discorso.