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2013/2

Siamo stati noi a portare il calcio in Inghilterra. Quando Cesare invase l’isola, i suoi legionari giocavano l’arpasto che consisteva nel rubarsi la palla senza troppi complimenti. Divenne il passatempo preferito dell’esercito che disputava un vero e proprio campionato. Il tipo di gioco era molto diverso dalle prime manifestazioni che ebbero luogo in Estremo Oriente, mille anni prima di Cesare, dove l’imperatore obbligava i suoi uomini a cimentarsi in un gioco imperniato sul possesso di un oggetto sferico, molto simile al pallone di oggi, formato da sostanze vegetali tenute insieme da soffici capelli di fanciulla. Si giocava con le mani e con i piedi. Il campo era delimitato agli angoli da quattro tipi diversi di alberi: un pino, un ciliegio, un mandorlo e un salice. Il gioco, molto gentile, veniva spesso interrotto per scambi di inchini, di scuse e di complimenti.

La palla passa, per cosi dire, dai militari agli studenti inglesi. Il gioco che noi conosciamo evolve nelle scuole e ognuna inventa le sue regole. In alcuni collegi non era permesso toccare il pallone con le mani. Ogni giocatore portava dei guanti bianchi che, in mancanza dell’arbitro, palesavano ai colleghi le eventuali infrazioni. Alla Rugby School, fondata nel corso del 1500, con uno stemma di matrice benedettina “Pregando e lavorando”, si poteva toccare la palla anche con le mani. La tradizione racconta che un loro studente percorse tutto il campo con il pallone tra le mani, sino a violare la linea di fondo avversaria. Era nato il rugby.

Qualche residuato bellico esiste ancora. È il caso dell’Eton Wall Game che, dal 1766, prende vita ogni anno il 29 novembre al collegio di Eton, nelle vicinanze di Londra. È considerata la scuola più prestigiosa del Regno Unito, frequentata da ragazzi dai tredici ai diciotto anni. Prepara i candidati alle grandi Università di Oxford e Cambridge alle quali hanno l’accesso garantito. Fra gli allievi di spicco si ricorda il Duca di Wellington vincitore a Waterloo, lo scrittore George Orwell, l’economista Keynes, il principe Harry nipote di Elisabetta II. I Collegers, una settantina soltanto, che godono di una borsa di studio e vivono all’interno del collegio sfidano gli Oppidans, gli studenti che risiedono in città e pagano una retta.

Il campo da gioco è lungo centodieci metri, ma ha la caratteristica di essere largo solamente cinque. È una specie di budello tra un altissimo muro di cinta, su cui si assiepano gli spettatori, e una strada riservata al traffico. I giocatori, undici per parte, arrivano dal parco, scavalcano il muro di cinta e la partita comincia. Il campo si trasforma sin dall’inizio in una ammucchiata praticamente immobile di ragazzi, sotto la quale deve esistere un pallone, che nessuno vede mai. Sono leciti spintoni calci e pugni per portare la palla al fondo del budello. Tre arbitri assistono con le mani in tasca. Segnare, in quel contesto, è un’utopia. L’ultima rete risale al 1909, più di un secolo fa. Ogni anno ci riprovano. E si divertono. Un evento simile, considerato in Gran Bretagna come il più elitario dell’anno, può appassionare, come il cricket del resto, solo gli inglesi.