E&M
2012/2
Indice
Editoriale
In primo piano
Rilevanza e rigore
Lo spirito di Anassimandro e il dialogo tra impresa e ricerca nel management
Il PhD in Business Administration and Management dell’Università Bocconi
The Cognitive and Neuropsychological Foundations of Strategic Decision-Making
La finestra sul mondo
Il Diversity Management
Temi di Management
Airport retailing reengineering: la conquista del valore economico per l’impresa-aeroporto
Il rapporto banca-impresa: dal conflitto alla logica win-win
Il mercato delle regole
Fuoricampo
Articoli
Detenere liquidità genera valore? Benefici, costi ed evidenze dall’Italia
I Direttori Generali dei Comuni tra (City) management, politica e governance locale
Storie di straordinaria imprenditorialità
Fotogrammi
Fuoricampo
Scarica articolo in PDFAnche un intervento al menisco può salvarti la vita. Successe a Sauro Tomà, terzino sinistro del grande Torino, riserva di Maroso. La squadra si apprestava a giocare una partita amichevole in Portogallo contro il Benfica e Sauro fu escluso dal viaggio perché il suo ginocchio, stranamente, non riusciva a guarire. Non poté quindi salire, come avrebbe tanto desiderato, su quell’aereo che il 4 maggio del 1949, al ritorno dalla trasferta, poco prima di atterrare a Torino si schiantò sul terrapieno dietro la basilica di Superga provocando la morte di tutti i 31 passeggeri. Spariva la squadra che con cinque scudetti di fila, insieme a Bartali e a Coppi, aveva esaltato con grandi campioni l’Italia che si riprendeva dalla guerra. Quella squadra mitica giocò la prima partita esterna di quel fatidico campionato proprio a Bergamo. È stata la prima partita che ho visto in serie A. Per la cronaca, vinse l’Atalanta per 3 a 2. Del grande Toro segnarono Grezar e Valentino Mazzola. Terzino sinistro, al posto di Maroso, giocava proprio Tomà, il sopravvissuto. Dopo aver disputato 77 partite nel Torino, concluderà la sua carriera nel Brescia e nel Bari.
Nove anni dopo una sciagura simile successe al Manchester United. Di ritorno da Belgrado dove si era disputata una partita di Champions contro la Stella Rossa, l’aereo, dopo una sosta a Monaco di Baviera per un rifornimento, al terzo tentativo di decollo non riuscì a prendere quota e si schiantò contro la recinzione che circondava la pista e poi su una casa, che in quel momento era vuota. Le vittime furono 23 e i sopravvissuti 21. Tra gli scampati c’era un giocatore di 21 anni, il mitico Bobby Charlton. Pallone d’oro, ha vinto tre campionati e una Coppa dei Campioni. È stato campione del mondo nel 1966, a Londra, quando sconfisse la Germania in finale. Detiene ancora il record delle reti segnate con la Nazionale inglese: 49. L’ho incontrato tre anni fa in Svizzera. Nessun cenno alla sua avventura aerea, completamente rimossa dalla sua memoria. Mi raccontò invece che, dopo il Mondiale del 1966, il magico Italo Allodi lo aveva acquistato per la grande Inter. Avrebbe fatto coppia con Eusebio. Fu fatale la disfatta dell’Italia contro la Corea perché la Federazione italiana proibì l’acquisto di giocatori stranieri e la nuova grande Inter non decollò.
Al terzo posto tra i fortunati sopravvissuti voglio ricordare un giovane che risiedeva per lavoro in Paraguay. Tifoso del Botafogo di Garrincha, ogni sabato viaggiava in aereo fino a Rio de Janeiro per assistere alla partita della squadra del cuore. Una sera, al rientro ad Asunciòn, giunti a Curitiba per uno scalo, un guasto meccanico impedì di ripartire. I viaggiatori furono ospitati in un hotel sino a riparazione avvenuta. Dopo giorni di inutile attesa, il nostro protagonista si presenta all’aeroporto e nota che l’aereo non c’è più. Alle sue proteste – “Dove sono finiti i miei bagagli?” – la hostess risponde: “Non si preoccupi, l’aereo è caduto”. Avevano dimenticato di chiamarmi. Se le hostess fossero state zelanti e puntuali come Carla Redaelli quando sollecita il mio pezzo, non sarebbe mai esistita la mia rubrica Fuoricampo.