E&M

2006/2

Indice

Editoriale

I buoni propositi

Fuoricampo

Un viaggio a Madrid

Storie di straordinaria imprenditorialità

Calvi SpA contro i luoghi comuni

Archivio della rivista

Quando vai all’estero, tocca a te uscire dal guscio. Leicester, come tante città inglesi, ti accoglie con aria austera. Sembra addirittura non volerti. Se non intuisci che, per scendere dal treno che arriva da Londra, devi abbassare il finestrino della portiera per aprirla dall’esterno, prosegui per Birmingham. I taxi sono parcheggiati in uno squallido hangar. Poi, lentamente, prendi confidenza. Trovi anche un ristorante pseudoitaliano dove ti propongono un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico. La cottura è perfetta ma la quantità del sugo è tre volte quella degli spaghetti: li devi pescare. La cameriera che mi ha servito in inglese, quando mi passa accanto mi sorride e sembra dirmi: “Lo sapevo che li volevi proprio così!”. Ogni mondo ha i suoi dettagli. Se è vero che di servizi periferici viviamo, il primo è quello di saperli scoprire in culture diverse dalla nostra.

Leicester aveva in serbo un’ulteriore sorpresa. Mio figlio Paolo, milanista dal cuore sportivo ampio, mi aveva chiesto un regalo: la maglia della nazionale inglese. A riprova che anche fuori Londra esistono grandi negozi di oggetti sportivi, trovo la maglietta desiderata: trenta sterline. Per il nome e il numero dell’atleta prediletto, il sette di Beckham, dovevo passare il giorno dopo. Ripasso. Dopo qualche minuto di attesa mi comunicano che i numeri richiesti non sono disponibili. Non nascondo la mia delusione: “È un regalo per mio figlio” continuavo a dire. Distavo già almeno cento metri dal negozio quando la commessa mi raggiunge e col fiato corto per la corsa mi annuncia: “Abbiamo trovato i numeri!”. Dopo un quarto d’ora appare la maglietta come la desideravo: nome dell’atleta e numero grande sulle spalle, numero piccolo sul petto. Altre dieci sterline; ma ne avrei pagate cento. Nell’attesa adocchio anche i calzoncini. Stavo per sceglierli bianchi ma la solita commessa mi corregge: per la divisa della nazionale inglese serve il blu scuro. Quindici euro. Ero così felice che, nel dubbio se abbracciarla o meno, non l’ho neppure ringraziata.

Quando ritornerò a Leicester che regalo porterò a questa commessa, posto che la ritrovi? Devo inventare qualcosa che, senza offenderla, l’aiuti a ricordarmi per tutta la vita. Proprio quello che succederà a me nei suoi confronti. Non esiste la felicità senza limiti. Tocca quindi all’emozione perfezionare quello che già esiste. A questo servono i dettagli, nella professione come nell’amore: gesti, parole e sguardi che sono inattesi. Persino i silenzi hanno una voce. Non basta una vita per interpretare e gustare le magie che non ti hanno mai confessato.

Torno a Paolo, che non è nuovo a simili richieste. (Mi legge mentre scrivo: “Finalmente un articolo serio. Rischi il Pulitzer”.) Coglie così l’occasione di un mio viaggio in Paraguay: “Di passaggio fermati un attimo in Brasile, comperami una maglietta del San Paolo dove gioca Leonardo e poi gli fai mettere la firma”. E aggiunge: “Eccoti il pennarello”. Pensa proprio a tutto, il ragazzo. Faccio uno scalo in più, allungo il viaggio di trentasei ore, noleggio un taxi per un giorno, trovo la maglia desiderata ma non il giocatore. Recentemente, in occasione di una ricorrenza cui avevo invitato anche Leonardo, da una borsa a tracolla mio figlio estrae la famosa “camiseta”. Nell’autografarla il più emozionato era Leonardo, incredulo nel vedere un ragazzo ventenne che per cinque anni lo aveva aspettato. I dettagli danno un volto alle attese. E rendono indimenticabile il gesto più semplice.

Adesso mi serve un nuovo autografo. Beckham gioca nel Real, la squadra più amata e più odiata della Spagna. Per accontentare un figlio milanista, tra l’altro tifoso del Barcellona, mi aspetta un viaggio a Madrid.