E&M
1997/3
Indice
Editoriale
Interventi
La natura delle competenze manageriali
Scenari con le Mappe Cognitive Fuzzy. Le dinamiche complesse al servizio dell’analisi strategica
Progetto PMI
La competitività dei cluster produttivi. Un progetto sul ruolo delle società di servizi
Interventi
Dalla concorrenza all’ipercompetizione, dall’evoluzione alla coevoluzione
Teoria finanziaria e decisioni strategiche d’impresa. L’approccio delle opzioni reali
Opportunità e limiti dei processi di outsourcing. Esperienza nella logistica
La comunicazione nell’organizzazione: solo una variabile soft?
Imprese-banche: un rapporto da ricostruire
Scarica articolo in PDFLe imprese si lamentano nei confronti delle banche in continuazione e anche rumorosamente, con tutti i mezzi di comunicazione possibili. Non passa giorno che esse non critichino pubblicamente la lentezza e l’imprecisione nell’esecuzione dei servizi di incasso e di pagamento, il modo garantista di concedere i crediti, il costo dell’intermediazione, l’arroganza verso i clienti, specie quelli piccoli; in alcuni casi sono perfino arrivate ad accusare le banche di pratiche usuraie. Qualche ragione ad esercitare pressioni per un migliore servizio le imprese ce l’hanno, perché le banche per anni erano state sottratte alle pressioni della concorrenza, cioè alle uniche forze in grado di costringerle a ridurre i costi, a migliorare la qualità dei servizi ed a collocare il cliente al centro del processo produttivo. In parte hanno invece torto, perché, come vedremo, alcuni dei problemi nei rapporti fra banche e imprese non dipendono solo dal comportamento delle prime, ma dal concorso perverso di più fattori, con responsabilità suddivise su più soggetti, fra i quali vi sono le stesse imprese le cui prassi non sempre facilitano l’instaurarsi di l’apporti bancari corretti.
Infatti, se si passa ad esaminare il problema dall’altro punto di vista, nemmeno le banche sono soddisfate dei rapporti con le imprese. A differenza di queste ultime ed in linea con il loro tradizionale riserbo, per lo più esse non lo dichiarano pubblicamente; a meno che non vi vengano costrette da continue provocazioni. Ma l’insoddisfazione c’è, è profonda ed è anche motivata. Le banche lamentano la qualità inadeguata e la intempestività delle informazioni, per non dire la scarsa trasparenza dei dati sui quali sono costrette a decidere: per flussi finanziari che, per venire sottratti al fisco, spariscono dai conti delle imprese e quindi anche dalla disponibilità dei creditori e degli azionisti di minoranza; per la disinvoltura con la quale alcune imprese gestiscono i rapporti intergruppo, facendo inabissare in società off-shore, fuori dalla aggredibilità in caso di insolvenza, quote di ricavi e spesso anche di attivo (come marchi e brevetti); per la pretesa di certi imprenditori di svolgere questo loro ruolo con dosi ridicole di capitale di rischio e con richieste arroganti di credito illimitato.
Vi sono dunque da un lato e dall’altro robusti motivi di lagnanza, fermo rimanendo – ma questo è ovvio – che non tutti i rapporti sono viziati dai problemi di cui sopra, A dover destare preoccupazione sono semmai la radicalizzazione e l’estensione delle critiche reciproche. Quelle delle imprese verso le banche, poiché espresse a voce alta e con tutti i mezzi di comunicazione di massa, spesso assumono il tono della caccia all’untore di manzoniana memoria. Ne sono testimonianza alcuni “processi” pubblici televisivi che muovono dall’obiettivo utile di fungere da stimolo al miglioramento dell’attività bancaria, ma poi finiscono con il produrre effetti di resistenza, perché i problemi sono illuminati da un solo punto di vista. Se queste critiche si limitassero a fare rumore si potrebbero trascurare. In realtà esse sono il sintomo di un malessere crescente che ostacola il funzionamento di quel delicato meccanismo che in un’economia di mercato presiede alla formazione del risparmio ed alla sua allocazione fra impieghi alternativi. In sistemi come il nostro, e più in generale quelli dei paesi europei continentali, ciò è ancora più grave, poiché il peso preponderante della intermediazione è sulle spalle del sistema bancario, non essendo stato sviluppato adeguatamente – come sarebbe stato opportuno – il mercato azionario, quello obbligazionario e quello monetario.
Per tutti i motivi suddetti è giunto il momento di analizzare con molta attenzione tutte le cause che si frappongono al formarsi di rapporti funzionali fra banche e imprese. Solo se queste sono chiare si può intraprendere un lavoro che porti ad un miglioramento della situazione, Come vedremo, le ragioni che hanno condotto al deterioramento della situazione sono molte e con ramificazioni estese.