E&M

2005/1

Vincenzo Perrone

Il nuovo anno di Economia & Management

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Diceva quel misogino talentuoso di Cesare Pavese, da qualche parte nel suo Mestiere di vivere, che scrivere è un po’ come fare all’amore: non si saprà mai davvero se la propria gioia è condivisa. La parola scritta trova strade che l’autore non controlla. Il destino di editoriali, rubriche e articoli lo rivelano solo gli occhi e l’attenzione di lettori sconosciuti. E, soprattutto nel caso di riviste professionali come questa, largamente silenziosi.

Invitare a rompere questo silenzio e a ridurre la distanza che separa Economia & Management (e chi la fa) dai propri lettori è l’obiettivo di queste rapide riflessioni di inizio anno. Chiediamo quindi subito al nostro lettore una prima indulgenza: quella di concederci di parlare di noi invece che delle cose che gli stanno veramente a cuore.

Almeno una volta al mese un gruppo di persone (i loro nomi sono riportati, alla voce Comitato Editoriale, nell’ultima pagina del giornale immediatamente prima della terza di copertina: vi siete mai spinti fin lì?) unisce le proprie competenze ed esperienze professionali per decidere, insieme all’editore, che cosa Economia & Management deve offrire ai propri lettori. Non si tratta di una decisione facile, perché difficile è l’obiettivo originario che la nostra rivista si è proposta di raggiungere e che, almeno una volta l’anno, vale la pena di ricordare. Offrire a quanti operano nelle imprese, pubbliche e private, uno strumento di aggiornamento professionale, di crescita culturale e civile, basato su contenuti scientifici ma orientato alla soluzione di problemi concreti e importanti per i propri lettori. Il tutto espresso in uno stile facile e accattivante che possa favorire la lettura. Adesso che i nostri lettori hanno la possibilità di leggere cosa ci riproponevamo di raggiungere sarà ancora più facile per loro constatare quante volte abbiamo mancato l’obiettivo. Ed è questa, dunque, l’occasione per chiedere loro un secondo atto di indulgenza: al di là dei nostri limiti, che ci sono e che cerchiamo faticosamente nel tempo di spostare in avanti, è la missione stessa di E&M a indurci facilmente in errore.

Conciliare infatti contemporaneamente, e possibilmente nello stesso articolo, rigore scientifico, rilevanza per la pratica e generalizzabilità a diversi contesti aziendali è un piccolo miracolo che non sempre riesce. Anche se possiamo contare sull’aiuto di una particolare categoria di angeli. Si tratta dei reviewer o referee, che dir si voglia, che vagliano criticamente ogni articolo che viene sottoposto alla nostra attenzione per una possibile pubblicazione. Il fatto che non sia facile trovare una parola italiana per tradurre questo compito essenziale per una comunità scientifica e per le riviste che ne pubblicano i risultati (in Italia i “revisori” si occupano di conti più che di teorie, anche se in alcuni casi conti e teorie hanno pari natura ipotetica…) la dice lunga su quanto comune sia da noi questa pratica. Eppure Economia & Management è nata, ormai diversi anni fa, sposando fin da subito il principio che il controllo della qualità e della validità di quanto si pubblica vada affidato ai colleghi degli autori, ai loro pari, e non al libero arbitrio di una direzione o di una redazione. Ogni volta, allora, che arriva un contributo per la pubblicazione, il comitato di redazione decide a chi affidarlo scegliendo per ciascuno due reviewer all’interno di un gruppo composto da circa una sessantina di colleghi, anche di università diverse dalla nostra. La revisione del pezzo avviene in modo “cieco”: i reviewer non sanno chi sono gli autori dell’articolo e gli autori non conoscono il nome di coloro che commentano criticamente il loro lavoro. In questo modo si vuole evitare che il giudizio sia influenzato da fattori che non hanno a che fare con la qualità di quello che è scritto.

Ai reviewer tocca il compito di dirci se l’articolo che hanno letto è in linea con gli obiettivi di Economia & Management. Si tratta di un compito gravoso e importante. Occorre tempo per leggere e rileggere. E poi bisogna scrivere il proprio commento sapendo che questo sarà mostrato direttamente agli autori. Non si tratta, quindi, di affibbiare voti o dare giudizi, come se si trattasse di una recensione libraria, ma di indicare quello che va, quello che non va e quello che dovrebbe e potrebbe essere migliorato. A ogni reviewer è detto infatti esplicitamente che la loro revisione deve essere capace di contribuire allo sviluppo degli autori e dell’articolo che essi hanno elaborato. Occorrono rispetto, educazione, competenza, passione e altruismo per fare un buon reviewer. E senso dell’importanza del proprio ruolo: che è quello di selezionare le conoscenze che da tutti gli altri possono essere considerate affidabili. Loro sono i guardiani alle porte della nostra comunità. Quello che loro ammetteranno all’interno verrà preso per buono da altri che potranno con tranquillità e serietà apprezzare, utilizzare, criticare, dimostrare errori e falsità, e con questo garantire il progresso di una disciplina e di una società. Un ruolo fondamentale, dunque: per il quale i reviewer non ricevono alcun compenso se non quello di leggere in anticipo quanto di nuovo viene prodotto da altri colleghi ed esperti. Da parte nostra possiamo solo aggiungere un “grazie!”, grande e sentito, che abbiamo intenzione di ripetere almeno una volta l’anno pubblicando qui i loro nomi. Grazie a loro quindi, e anche ai membri del comitato editoriale, nelle sue due versioni: ristretta (a quelli che possono, con uno sforzo ragionevole, vedersi spesso) e allargata (a coloro che, pur lontani da Milano, ci aiutano in modo rilevante a portare avanti questa impresa), alla redazione scientifica e all’editore.

Visto che l’obiettivo di queste poche righe è quello di conoscerci meglio, crediamo sia utile esaminare insieme cosa sia successo nel corso del 2004. I dati che vi presentiamo non sono precisi perché non è possibile, in un’attività a processo continuo come la nostra, separare nettamente un anno da un altro, ma crediamo che siano ugualmente significativi, soprattutto per dare un contenuto specifico al lavoro delle persone citate in precedenza. Sono stati ricevuti ed esaminati, nel corso dell’anno passato, più di quaranta manoscritti sottoposti per la pubblicazione in E&M. Di questi uno soltanto è stato respinto senza essere inviato ai reviewer perché palesemente non coerente con la linea editoriale della rivista. Un’altra decina di pezzi sono stati giudicati non idonei alla pubblicazione: per il settanta percento dopo la prima revisione e per il residuo trenta percento dopo la seconda. Dopo, cioè, che gli autori hanno cercato di modificare l’articolo seguendo le indicazioni dei reviewer: modifiche che gli stessi reviewer (insieme ai membri del comitato editoriale e alla direzione) in una seconda lettura non hanno ritenuto sufficienti. Dei circa ventiquattro articoli giudicati di accettabile valore scientifico che abbiamo pubblicato in un anno, il ventotto percento è stato approvato dopo la prima revisione, il sessantuno dopo la seconda e l’undici percento dopo la terza. Tra i cinque e gli otto articoli residui, più tutti gli arrivi più recenti, sono ancora in lavorazione ed entreranno, in un modo o nell’altro, nelle statistiche del nuovo anno. Un altro dato interessante riguarda gli autori: sono entrati in contatto con noi nei dodici mesi passati, presentandoci il proprio lavoro, circa quarantasette autori. Di questi il quaranta percento è rappresentato da colleghi della SDA Bocconi; il trentaquattro percento sono studiosi di altre università e ben il ventisei percento sono manager e professionisti esterni al mondo universitario. È un dato importante perché ci dice che siamo riusciti ad aprire la nostra rivista a contributi esterni all’ambiente che l’ha generata, garantendo in questo modo una pluralità di punti di vista e di esperienze che pensiamo rappresenti la nostra vera ricchezza.

Crediamo che questi numeri siano interessanti perché danno una dimensione concreta al lavoro che viene chiesto ad autori e reviewer prima di arrivare alla pubblicazione e prima di sottoporsi al giudizio finale, quello più importante di tutti: il vostro. Significa anche che un articolo rimane in lavorazione per mesi: un tempo che stiamo cercando il più possibile di ridurre chiedendo ancora più impegno sia ai nostri reviewer sia ai nostri autori. Basta, tutta questa attività, per spingervi a leggere quello che ogni due mesi pubblichiamo per voi? Ci piacerebbe saperlo. Al punto che abbiamo avviato, con l’aiuto dell’editore, una ricerca che ci dovrebbe consentire nei prossimi mesi di conoscervi meglio e di sapere cosa leggete, cosa apprezzate di più e cosa vorreste, viceversa, decisamente eliminare in E&M. Chiediamo a chi sarà coinvolto la cortesia di offrirci il proprio tempo con la pazienza necessaria per consentirci di raccogliere le informazioni che ci servono.

Sapere chi siete e cosa volete è infatti estremamente importante per chi, come noi, fa una rivista di management in un paese come il nostro. Un paese con una struttura economico-produttiva peculiare e in continua trasformazione. Quando ci confrontiamo (o ci confrontano) con i più affermati campioni dell’editoria manageriale del mondo anglosassone, non possiamo fare a meno di ricordare infatti che, per esempio negli Stati Uniti, quando si parla di management ci si riferisce in primo luogo a una classe di persone di numero e peso sociale elevati, con una lunga storia, relativamente omogenea per formazione e largamente impegnata nelle grandi corporations che sono al cuore dei processi di globalizzazione che stiamo vivendo. Trovare punti di interesse comuni potendo contare sulla forza di un target così vasto e relativamente omogeneo pensiamo sia oggettivamente più semplice che cercare di compiere la stessa operazione in Italia. Un paese nel quale il peso della grande impresa e dei manager che ne compongono i ranghi è andato a diminuire progressivamente nel tempo, nel quale contano molto i piccoli imprenditori e i professionisti, la pubblica amministrazione e le banche, con le loro peculiarità regolamentative, gestionali e organizzative. Puntare a un comune denominatore tra realtà così diverse tra loro non è facile, e a volte ci è parso più conveniente differenziare i contenuti in modo da avere contributi capaci di parlare a un particolare segmento di lettori; anche a costo di perdere in attrattività generale e di ridurre la compattezza dell’offerta per ciascun numero. Una scelta comunque consapevole, fatta com’è al fine di continuare a essere una rivista orgogliosamente italiana, sia pure con l’ambizione di rispettare standard di qualità internazionali, capace di parlare a lettori reali con interessi diversi.

Una seconda questione che dobbiamo affrontare ad ogni riunione di comitato di redazione è come fare in modo che i nostri articoli siano capaci di penetrare in uno spazio tanto più ambito quanto più diviene ristretto: lo spazio di tempo che potete dedicare alle letture che servono alla vostra crescita professionale. Sappiamo quanto sia difficile mantenerlo di fronte alle urgenze e alle difficoltà di questi anni complicati. Abbiamo infatti i vostri stessi problemi e, probabilmente, gli stessi sensi di colpa. Sappiamo, per esempio, che un rito, vergognoso e per questo segreto, si perpetua periodicamente in molti dei nostri uffici. Un rito sacrificale che si compie a danno del principale quotidiano economico nazionale (quello stampato su carta salmonata, per intenderci). Ci siamo abbonati perché ritenevamo indispensabile seguire le notizie sull’economia e gli approfondimenti di cui è ricco. Abbiamo cominciato ad accumularne copie intonse quasi subito. Abbiamo provato a selezionare quei numeri che sembravano contenere articoli indispensabili che avremmo sicuramente trovato il tempo di leggere. Prima o poi. E siamo finiti con aria furtiva in corridoio a scaricare nel bidone per la carta da riciclare (abbiamo almeno una coscienza ecologica) il peso cospicuo delle nostre occasioni di lettura perdute. Magari con l’unica meschina soddisfazione di cogliere in fallo, nello stesso corridoio, il collega più snob o più globalizzato di noi che si sta liberando, nello stesso modo sbrigativo, di altri chili di carta ugualmente colorata, che la lingua inglese non è riuscita a salvare da ugual destino. Siamo sopraffatti dalle informazioni che dovremmo acquisire: troppi documenti da leggere, troppi memo e report, troppi giornali e troppi libri.

Immaginiamo per questo che la selettività dei nostri lettori sia aumentata nel tempo e che essere scelti per la lettura sia un privilegio che bisogna essere sempre più capaci di meritarsi. Noi ci abbiamo provato inserendo nell’impianto tradizionale di una rivista scientifica scritta per il management, articoli più brevi, contributi richiesti a colleghi di chiara fama e capaci di richiamare per ciò stesso l’attenzione, interviste a persone interessanti, casi esemplari, spazi gestiti dalle diverse aree disciplinari che fanno capo alla SDA Bocconi nei quali fare il punto in modo rapido e semplice sulle cose nuove e più interessanti, forum dove chiamare a discutere sui temi del momento più esperti assieme. Siamo fermamente intenzionati a continuare su questa strada anche nel nuovo anno: vorremmo sviluppare la sensibilità dei nostri lettori relativamente ai temi di geopolitica che riteniamo essenziali per interpretare al meglio la globalizzazione dei mercati e dei processi produttivi; vorremmo parlare di corporate governance e di responsabilità sociale delle imprese, di processi di ristrutturazione come di economia dell’arte e della cultura.

Le vostre indicazioni ci saranno preziose per correggere la rotta e raggiungere l’obiettivo, che rimane sempre lo stesso: conquistare la vostra attenzione e non farvi rimpiangere mai il tempo che ci avete dedicato. Ci riusciremo se saremo capaci di offrirvi ogni due mesi una rivista capace di raccontarvi cose interessanti e rilevanti in modo agevole quanto scientificamente rigoroso. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto, dell’aiuto di tutta la SDA Bocconi di cui siamo espressione e di quanti in tutti questi anni in qualità di autori, redattori, reviewer e editori hanno, insieme a Claudio Dematté prima, e ora anche con noi che ne abbiamo raccolto la difficile eredità, fatto di E&M una cosa unica. A voi stabilirne il grado di successo. Buona lettura!