E&M

2012/1

“Li pagano troppo questi giocatori!”. Chi non l’ha mai detto?  Nessuno però immagina quanto sia doloroso giungere alla vetta e come sia problematico restarci a lungo. Dino Baggio, a cinque anni, si presenta al campo sportivo di Tombolo, un paesino del padovano di settemila abitanti, e chiede di giocare nella squadra locale. Sarà il Torino a scoprirlo a dodici anni, ospitandolo nel suo pensionato dove, fatalità, il direttore è il famigerato Luciano Moggi. Il mondo dell’infanzia è già finito.

I genitori vanno a trovarlo tutte le settimane. Il loro viaggio da Tombolo comincia alle tre del mattino del sabato per arrivare a Torino alle otto. Gli chiedevano tutte le volte se volesse tornare a casa. “Noi non ti abbiamo venduto proprio a nessuno.” Ma la risposta di Dino, tra le lacrime, era sempre la stessa e si limitava a un cenno di diniego con la testa. Sapeva soffrire.

Incredibilmente il Torino lo vende alla Juventus. Dino lo sente come un tradimento. Per lui, per tutti i tifosi del Toro, il granata non è il colore di una maglia, ma di un’anima. Neanche il tempo di indossare la casacca bianconera che arriva la seconda doccia fredda: “Ti abbiamo ceduto in prestito all’Inter in cambio dell’allenatore Giovanni Trapattoni”. Tornerà in bianconero l’anno dopo, ma per poco tempo. Dopo il mondiale del 1994 la Juve lo scarica al Parma. Mondo sereno, con capitan Minotti responsabile delle multe da versare in caso di ritardi. Asprilla, il più recidivo, aspetta l’attimo propizio. Con una velocità impressionante si impossessa dei foglietti che lo compromettono  e, dopo una rapida masticazione, li inghiotte.

Il palmarès di Dino Baggio è già di tutto riguardo: un secondo posto ai mondiali in USA, sessanta partite in nazionale, sette reti. È l’unico giocatore in Europa ad aver vinto tre volte la Coppa Uefa: una con la Juve e due con il Parma. Ma la vita improvvisamente gira. Succede il 9 gennaio 2000, quando si gioca Juventus-Parma. Il permaloso Farina di Novi Ligure arbitra a senso unico. Nell’intervallo, Dino Baggio gli dice: “Fischi solo per loro, ci siamo anche noi in campo”. Verso la metà del secondo tempo Dino compie un normale fallo su Zambrotta: espulsione con il rosso. Nell’uscire dal campo Dino mima a Farina il gesto dei soldi, strofinando il pollice e l’indice della mano destra. Sei giornate di squalifica, esclusione dalla nazionale a vita, scaricato anche dal Parma alla Lazio che, in piena crisi, non pagava tutti gli stipendi. La carriera è finita. Delitto di lesa maestà. Aveva denunciato in modo plateale quello che tutti sapevano, anticipando di sei anni  Calciopoli. Adesso sta allenando i giovani del Padova. Se si ama la vita, si sa rinascere.

Ciessedizioni, che ci ha regalato un delizioso libro su Dino Baggio, allo stesso tempo ha pubblicato un valido romanzo di Patricia Daniels, L’elastico viola. Si propone lo stesso messaggio: lo sport, come la vita, lascia a volte sul terreno rami secchi, fango, sterpaglia. Non importa. Le cose che apprezziamo di più sono quelle che possiamo perdere perché, anche a chi soccombe, sanno ridare la speranza. Guardate il Nilo: proprio quando fuori­esce, regala quel limo che è fonte di vita.