E&M

2017/3

Sandro Trento Elena Feltrinelli Roberto Gabriele

L’impatto positivo della formazione manageriale sulla produttività aziendale. Un’indagine sulle imprese italiane

L’articolo affronta il tema degli effetti della formazione manageriale sulla produttività aziendale in Italia. L’analisi si basa su dati longitudinali dettagliati e attendibili riguardanti tutti i settori dell’economia italiana negli anni tra il 2006 e il 2011. I risultati mostrano che la formazione formale realizzata al di fuori del contesto lavorativo ( off-the-job formal training ) rivolta ai dirigenti, misurata in termini sia di costi sia di ore, ha un impatto significativo e non lineare sulla produttività totale dei fattori. Inoltre lo studio indica che l’off-the-job formal training dei dirigenti è più efficace nelle grandi imprese e che differenti metodologie formative hanno un impatto eterogeneo sulla produttività.

THE POSITIVE IMPACT OF MIDDLE MANAGER TRAINING ON PRODUCTIVITY: A TEST ON ITALIAN COMPANIES. This paper presents for the first time panel evidence on the productivity effects of middle managers’ off-the-job formal training in Italy. It is based on a rich and reliable longitudinal database covering all sectors of the Italian economy over the period 2006-2011. We employ longitudinal data techniques and self-selection models to show that off-the-job formal training for middle management, as measured by costs or hours, has a significant non-linear exogenous (meaning that it takes into account the impact of firm’s productivity on training intensity) effect on total factor productivity. Moreover, results indicate that middle manager’s off-the-job formal training is more effective in larger firms and that different training methods have heterogeneous effects on productivity.

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Gli investimenti in capitale umano sono essenziali per permettere alle imprese di mantenere alti livelli di competitività, affrontare i continui cambiamenti tecnologici e raccoglierne i frutti. Tra le varie strategie di valorizzazione del capitale umano, la formazione del personale rappresenta una delle più importanti attività per migliorare competenze e abilità, che a loro volta accrescono il capitale umano di ogni individuo (Becker 1964).

La letteratura sui benefici della formazione è ampia. Nonostante sia difficile stabilire e isolare l’impatto della formazione sulla performance d’impresa, numerosi studi empirici ne dimostrano l’impatto positivo e significativo (Bartel 1994; Bartel 2000; Dearden, Reed e Van Reenen 2006) ed evidenziano il fatto che la formazione migliora la performance d’impresa aumentando il livello generale di competenze.

Da questo punto di vista un ruolo prominente è svolto dalla qualità del fattore manageriale delle imprese: infatti, è dimostrato che l’adozione di best managerial practices ha un impatto significativo sulla performance d’impresa (Bloom e Van Reenen 2007, 2010).

Il presente articolo è focalizzato sulla formazione manageriale e fornisce evidenza dell’effetto dell’off-the-job formal training manageriale, ovvero il training realizzato durante l’orario di lavoro ma in una sede distaccata rispetto all’abituale luogo di lavoro, sulla produttività aziendale in Italia. La novità e l’unicità di questa nostra ricerca riguarda il target di analisi, ovvero il middle manager[1]. Questa categoria professionale rappresenta una figura intermedia tra il ruolo direzionale dei top manager e l’operatività dei line manager. I middle manager, definiti come «linking pins» tra «top- and operating-level activities» (Floyd e Wooldridge 1992), hanno un ruolo determinante nello spiegare le differenze di produttività tra le imprese.

Recenti contributi sostengono che la performance d’impresa è fortemente correlata con il tipo di middle management presente in azienda piuttosto che con il tipo di top management; i middle manager sono in questo senso attori strategici (Currie e Procter 2005). Con adeguato supporto, i middle manager possono mettere in pratica sostanziali cambiamenti strategici, per esempio in imprese mature nel settore manifatturiero (Jones 2005), tentare di influenzarne la strategia (Floyd e Wooldridge 1997), e spesso forniscono stimoli per nuove iniziative (Floyd e Wooldridge 1992).

Un’analisi approfondita della propensione delle aziende italiane a fornire formazione mette in evidenza che l’Italia è un paese particolarmente interessante per diversi motivi. Innanzitutto rappresenta uno dei paesi con minore incidenza di formazione sul luogo di lavoro (on-the-job training): nel 2005 solo il 30 per cento delle imprese italiane investiva in formazione (ISFOL 2013). Nonostante la quota di imprese che offrono formazione sia salita al 56 per cento nel 2010 (ISFOL 2013), tale dato è comunque ancora preoccupante essendo al di sotto della media europea (EU 27: 66 per cento). Inoltre, l’incremento registrato tra il 2005 e il 2010 è stato essenzialmente dovuto all’avvio di attività di formazione richieste per legge come, per esempio, quelle relative a normative in materia di salute, sicurezza sul lavoro e protezione ambientale. Alla luce dei dati descritti, l’Unione Europea stessa sottolinea l’importanza di sviluppare ricerche che dimostrino i potenziali benefici e le ricadute delle attività formative per incoraggiare le imprese ad aumentare i propri investimenti in questo ambito, per renderle quindi più innovative e competitive e per creare nuove posizioni lavorative (CEDEFOP 2014).

Si noti che solo due precedenti studi evidenziano un impatto positivo e significativo della formazione dei lavoratori sulla produttività delle imprese italiane (Conti 2005; Colombo e Stanca 2014) e non esiste evidenza per quanto riguarda la formazione manageriale.

Le analisi in questo studio sono state condotte utilizzando un dataset costituito da 10.169 imprese, che interessa gli anni dal 2006 al 2011 e contenente informazioni relative alla durata della formazione, ai costi per l’impresa e dati sulla produttività aziendale. Il dataset è statisticamente rappresentativo della popolazione delle imprese in Italia in termini di dimensione, settore e posizione geografica.

Questo articolo propone in primo luogo una breve sintesi dei principali contributi sul tema. Segue la presentazione dell’analisi dell’impatto dell’off-the-job formal training manageriale sulla performance d’impresa con descrizione dei dati, risultati e considerazioni strategiche.

L’impatto della formazione aziendale sulla performance d’impresa

La letteratura relativa alla formazione del personale e alla sua importanza è ampia ma non esistono molti contributi che analizzano la relazione tra formazione e performance d’impresa.

Come osservato da Thang, Quang e Buyens (2010, p. 29), il framework teorico circa la relazione tra formazione e performance d’impresa è stato oggetto di considerevole dibattito. Esistono numerose difficoltà nel misurare i ritorni della formazione per le imprese, prima fra tutte le disponibilità di dati attendibili. Si aggiungono, inoltre, problematiche econometriche quali l’eterogeneità inosservata della formazione e l’endogeneità della formazione. Il primo problema si riferisce al fatto che l’impatto del training può risultare sovrastimato e quindi incorporare l’effetto che altre variabili non osservate e correlate con i regressori avrebbero sulla variabile dipendente. Il secondo problema invece riguarda la relazione causale tra training e la variabile dipendente, che potrebbe avere una doppia direzione. Infatti, se da un lato possiamo postulare un effetto del training sulla produttività, dall’altro, le imprese più produttive potrebbero essere più inclini a offrire attività formative.

In questo senso, il cambiamento dell’orizzonte temporale di studio da trasversale (cross-sectional) a longitudinale permette di affrontare correttamente i due problemi di stima citati. Studi empirici sul tema hanno portato a risultati non sempre coerenti. Tra i principali contributi in materia nel contesto italiano si segnalano Conti (2005) e Colombo e Stanca (2014). Conti (2005) trova che un aumento dell’1 per cento dello stock di lavoratori formati porta a un aumento dello 0,4 per cento della produttività. Colombo e Stanca (2014) analizzano l’impatto della formazione dei lavoratori sulla produttività e sui salari utilizzando un database rappresentativo della popolazione delle imprese italiane, creato combinando le informazioni sulla formazione offerta dalle imprese e dati di bilancio tra il 2002 e il 2005. Gli autori trovano che un aumento dell’1 per cento delle attività formative comporta un aumento di circa lo 0,07 per cento del valore aggiunto per addetto.

Gli studi mostrano quindi la presenza di una relazione positiva e significativa tra l’attività formativa e la performance d’impresa anche se i risultati non sempre sono coerenti per quanto riguarda la stima dell’entità di tale relazione (per esempio, Ballot, Fakhfakh e Taymaz 2006; Barrett e O’Connell 2001; Colombo e Stanca 2014; Zwick 2006).

L’impatto dell’off-the-job formal training manageriale sulla performance d’impresa

Diversi studi hanno dimostrato che la formazione indirizzata ai middle manager ha un impatto positivo sulle loro pratiche (Mabey 2004), che, di conseguenza, hanno un impatto positivo sulla performance d’impresa (Bloom

e Van Reenen 2007, 2010; Bloom et al. 2012). è lecito quindi attendersi che l’impatto della formazione sulla performance d’impresa possa essere positivo e significativo a causa del suo effetto diretto sulla qualità delle pratiche manageriali utilizzate dalle imprese.

Inoltre, recenti contributi nella letteratura manageriale riconoscono la non linearità dell’effetto come un fattore chiave. Potrebbe, quindi, esistere una relazione di tipo a «U rovesciata» tra formazione e performance, o effetto «too-much-of-a-good-thing effect» – effetto TMGT (Wales, Parida e Patel 2012). Questo effetto può essere spiegato ricordando che esistono una serie di trade-off nel fornire formazione ai middle manager. In primo luogo, esistono dei costi diretti della formazione. Inoltre, vi sono dei costi indiretti legati alla perdita di produzione dovuta all’assenza del middle manager dalle sue responsabilità quotidiane durante i giorni di formazione. Tali costi possono essere compensati dai ritorni generati da un aumento delle competenze manageriali, che si traducono a loro volta in nuove e più produttive pratiche manageriali. Alla luce di quanto discusso, formuliamo la seguente ipotesi di ricerca:

H1: L’impatto dell’off-the-job formal training per i middle manager sulla performance d’impresa presenta l’effetto TMGT.

La dimensione d’impresa

L’entità dell’effetto della formazione sembra essere legata ad alcune caratteristiche strutturali d’impresa, nonostante i risultati non siano sempre coerenti e significativi (Colombo e Stanca 2014; Dearden, Reed e Van Reenen 2006; Turcotte e Rennison 2004). In particolare, la convinzione che la dimensione d’impresa sia una misura chiave della sua performance è ben documentata nella letteratura accademica (Lucas 1978; Bloom e Van Reenen 2010). La dimensione d’impresa influenza direttamente il processo produttivo: le grandi imprese utilizzano un processo produttivo maggiormente basato su intensità di capitale e presentano posizioni lavorative più specializzate e spesso occupate da personale altamente qualificato, con una maggiore correlazione tra formazione e produttività (de Kok 1999).

Testiamo quindi la seguente ipotesi di ricerca:

H2: L’effetto dell’off-the-job formal training è rilevante nelle imprese più grandi mentre non è significativo nelle piccole imprese.

Le metodologie formative

Il livello di dettaglio dei dati a nostra disposizione ci consente di analizzare, inoltre, come differenti metodologie di formazione adottate nell’ambito dell’off-the-job formal training abbiamo un effetto eterogeneo. Al riguardo, esistono diversi contributi che analizzano l’efficacia della formazione on-the-job vs off-the-job, ma non si trova alcuna evidenza in merito all’efficacia delle diverse metodologie di formazione.

L’ipotesi di lavoro è che alcune metodologie di off-the-job formal training siano più adatte ed efficaci per i manager rispetto ad altre. La letteratura sul tema esistente non analizza questo aspetto, con l’eccezione di Zwick (2005), che analizza l’impatto delle metodologie di training sulla produttività. L’autore distingue tra corsi esterni, corsi interni, seminari, conferenze, rotazione del lavoro, gruppi di auto-formazione e circoli di qualità. Inoltre, a livello teorico, l’utilizzo di metodologie applicative è incoraggiato da Read e Kleiner (1996). I lavoratori dovrebbero riuscire a trasferire nel loro lavoro quotidiano ciò che apprendono. Di conseguenza, un metodo che incoraggi la partecipazione attiva e fornisca feedback adeguati (per esempio, lezioni one-to-one, giochi di ruolo, simulazioni e analisi guidata di casi aziendali) è generalmente preferito perché l’utilizzo di tale metodo aumenta la probabilità che ciò che viene insegnato sia successivamente messo in pratica.

Nel nostro studio classifichiamo l’off-the-job formal training in tre principali gruppi sulla base delle seguenti caratteristiche: grado di interazione con i colleghi, utilizzo di piattaforme, utilizzo di situazioni virtuali. Nello specifico definiamo le tre categorie come: simulazioni e metodi esperienziali dove l’utilizzo di situazioni virtuali è una caratteristica distintiva (TrM1); lavori di gruppo basati sull’interazione tra partecipanti (TrM2); metodi tradizionali ed e-based che si appoggiano su piattaforme online (TrM3) (Tabella 1).

Tabella 1 Tassonomia delle metodologie formative

tabella 1 formazione manageriale

Per ognuno di questi gruppi, possiamo contare su informazioni molto attendibili e dettagliate circa il numero di ore di formazione in cui i manager sono stati coinvolti.

Quindi, la terza ipotesi di ricerca può essere formalizzata come segue:

H3: Le attività di training dei middle manager realizzate attraverso simulazioni e metodi esperienziali hanno un maggiore impatto sulla performance rispetto a metodologie più tradizionali, e-based e lavori di gruppo.

I dati utilizzati nella ricerca

La nostra analisi empirica si basa su un database longitudinale relativo ai sei anni tra il 2006 e il 2011, creato combinando due differenti fonti informative: Fondirigenti (fondo interprofessionale italiano che promuove l’attività formativa dei middle manager delle imprese italiane aderenti) e Bureau van Dijk. Il dataset ottenuto da Fondirigenti contiene dettagliate informazioni circa l’attività formativa dei middle manager nelle aziende italiane. Il dataset indica, per ciascuna azienda e ciascun anno, il numero di manager coinvolti in formazione, il numero di giorni e di ore e i costi, oltre che le stesse informazioni disaggregate per metodologie. Inoltre, per ciascuna impresa aderente a Fondirigenti, è disponibile il dato relativo al budget annuale a disposizione per finanziare l’attività formativa dei manager; questo dato è stato utilizzato per classificare lo «status» delle imprese in «attive» – quelle che spendono una parte o tutto il budget a disposizione – e «passive» – quelle che non utilizzano il budget a disposizione.

Dalla seconda fonte di dati sono stati estratti i dati di bilancio per ciascun anno per le imprese facenti parte del campione e quindi una serie di indicatori d’impresa e di variabili come settore di attività, vendite, valore aggiunto, valorizzazione del capitale fisso, numero di impiegati, costo del lavoro, così come altre informazioni riguardanti il bilancio, dati demografici e di occupazione. Il controllo del settore di attività è particolarmente importante in questo studio e, sulla base della recente classificazione delle industrie manifatturiere proposta da OECD (2011), viene considerato in questa sede una proxy del livello tecnologico dell’impresa.

La Tabella 2 riporta la lista delle variabili utilizzate nell’analisi empirica.

Tabella 2 Descrizione delle variabili

tabella 2 formazione manageriale

Il database finale contiene 10.169 imprese.

I principali risultati dell’analisi empirica

Le imprese attive in formazione rappresentano circa il 30 per cento del campione. Il 34,5 per cento del campione complessivo è formato da piccole imprese (con meno di 50 impiegati) e circa il 65 per cento delle imprese attive in formazione è di dimensioni medio-grandi (con più di 50 impiegati). La maggioranza delle imprese è collocata nel Nord Italia (circa il 79 per cento) e opera da oltre 14 anni (circa il 67 per cento).

La Tabella 3 riassume l’effetto dei costi di formazione e delle ore di formazione sulla TFP. Le stime dell’impatto della formazione sulla TFP (in logaritmo) sono positive e significative: l’aumento delle spese di training e delle ore di training dell’1 per cento porta a un aumento della TFP di circa 0,08 per cento (Colonna 1) e 0,15 per cento (Colonna 3) rispettivamente.

Tabella 3 Effetto dei costi della formazione e delle ore di formazione su TFP

tabella 3 formazione manageriale

Note:  a:  K-P rk testa se l’equazione è identificata in assenza di omoschedasticità. L’ipotesi nulla è che l’equazione è sottoidentificata.  b: Hansen J: l’ipotesi nulla è che gli strumenti sono validi. Errori standard robusti in parentesi. ***: p

Le Colonne 2 e 4 della Tabella 3 presentano i risultati del modello nel quale viene introdotto il termine quadratico rispettivamente del costo del training e delle ore di training. La TFP mostra l’effetto TMGT: esiste un valore ottimale di spese di training che massimizza il beneficio che deriva dall’attività di formazione e minimizza i costi per l’impresa. Le stesse conclusioni si hanno utilizzando il numero di ore piuttosto che i costi come misura di intensità della formazione. L’ipotesi H1 risulta quindi accettata.

La Tabella 4 presenta i risultati riguardanti la relazione tra training e dimensione d’impresa (con meno o più di 50 impiegati), e dell’ipotesi relativa all’effetto del metodo di formazione adottato.

Tabella 4 Impatto del training su TFP

tabella 4 formazione manageriale

Note: coefficienti stimati tramite regressioni separate. Nel caso delle metodologie formative riportiamo i coefficienti stimati delle differenti categorie di training per il totale campione.  a,bIl test statistico per l’uguaglianza dei coefficienti di regressione porta a rifiutare l’ipotesi nulla che i coefficienti siano uguali.  Errori standard robusti in parentesi. ***: p

Il training ha un effetto positivo e significativo sulla TFP per le imprese medio-grandi (cioè con 50 o più impiegati), mentre i risultati per le piccole imprese (con meno di 50 impiegati) sono positivi ma non significativi. Nelle imprese medio-grandi, l’aumento dell’1 per cento delle spese in attività formative porta a un aumento della TFP di circa lo 0,06 per cento, mentre un aumento dell’1 per cento nelle ore di formazione porta a un aumento di circa lo 0,12 per cento in TFP (Tabella 4). L’ipotesi H2 risulta quindi accettata.

Per concludere, i risultati evidenziano che le imprese più grandi beneficiano maggiormente dall’attività formativa dei middle man­ager. Una possibile interpretazione è che le imprese più grandi possano impiegare man­agement più qualificato che permetta l’implementazione di migliori pratiche manageriali rispetto alle piccole. Nelle grandi imprese inoltre i middle manager dispongono più facilmente di una maggiore autorità e riescono a mettere in pratica più agevolmente ciò che apprendono in formazione. D’altro canto, nelle imprese più piccole sembrano prevalere gli svantaggi legati al training. I proprietari possono essere meno inclini a lasciare l’autorità ai middle manager e questo potrebbe incidere sugli incentivi dei middle manager. Gli stessi incentivi potrebbero essere negativamente influenzati dalle prospettive di carriera che vengono percepite come limitate, eliminando quindi il nesso training-effetti sulle performance d’impresa (Kuratko e Hodgetts 1998; Barth, Gulbrand­sen e Schønea 2005).

In aggiunta, le imprese più piccole non dispongono di «ammortizzatori» che possano assorbire eventuali errori nell’allocazione delle risorse in termini di decisioni errate di assegnazione dei middle manager ai diversi tipi di training. Infine, la diversa struttura delle piccole rispetto alle grandi ne potrebbe vanificare gli sforzi volti a migliorare la qualità e le pratiche dei middle manager. Tra questi: i) i costi unitari del training per le imprese più piccole sono in genere più alti; ii) le eventuali perdite di produzione dovute all’assenza dal posto di lavoro dei middle manager non sono facilmente assorbibili; iii) le piccole imprese non hanno la possibilità di utilizzare fornitori interni di training, cosa che invece succede nelle realtà di maggiore dimensione.

Dallo studio dell’ipotesi H3 emerge poi che alcuni metodi di formazione di off-the-job formal training per i middle manager si rivelano più efficaci per l’impresa rispetto ad altri (confermando l’ipotesi H3). I risultati mostrano che i tre gruppi di metodi hanno un diverso impatto sulla TFP. In particolare, a fronte di un aumento delle ore di training dell’1 per cento, la TFP aumenta dello 0,46 per cento se vengono impiegati metodi di simulazione ed esperienziali (TrM1), dello 0,39 per cento se vengono impiegati metodi di apprendimento di gruppo (TrM2) e dello 0,29 per cento se vengono impiegati metodi tradizionali e e-based (TrM3).

Alcune considerazioni strategiche sulla formazione

Come abbiamo mostrato, esiste un effetto significativo del training manageriale sulla performance delle imprese italiane, misurata in termini di produttività (TFP). I ritorni degli investimenti in training sembrano essere maggiori per le imprese più grandi (con 50 o più impiegati) e per le imprese che prediligono metodi applicativi.

In particolare, dalla nostra analisi empirica emerge che la formazione manageriale ha un impatto positivo e significativo sulla TFP e l’effetto è non lineare. Va notato infatti che mentre inizialmente gli investimenti in training hanno un effetto benefico sulla performance delle imprese, superata una certa soglia questo effetto positivo diminuisce significativamente. In effetti, la formazione comporta sia benefici sia dei costi, costi tanto diretti quanto indiretti, dovuti al fatto che i manager vengono distratti per troppo tempo dall’attività lavorativa vera e propria. È immaginabile pertanto che all’aumentare delle risorse e del tempo dedicato alla formazione i costi della formazione stessa siano superiori ai benefici dei quali l’impresa può appropriarsi. Le scelte formative vanno quindi effettuate tenendo conto anche del fatto che «troppa formazione» potrebbe comportare un ritorno molto ridotto o addirittura negativo per l’impresa stessa.

Il focus della nostra ricerca è la formazione dei middle manager, che costituiscono una figura molto importante nella gestione delle imprese. In molti casi i middle manager sono preposti ad attività operative molto delicate e spesso hanno una funzione di raccolta di conoscenza e di informazione ai livelli più bassi della struttura organizzativa e di trasmissione di questa conoscenza verso i livelli più alti della scala decisionale. I middle manager, proprio in virtù del contatto diretto con i dipendenti che hanno ruoli tipicamente operativi, con i clienti e i fornitori esterni, si trovano nella posizione di poter fornire suggerimenti al management più elevato circa le scelte strategiche in vari ambiti aziendali. Un certo grado di discrezionalità e di autonomia è forse necessario affinché il middle manager possa utilizzare pienamente le proprie skill e le proprie competenze.

I risultati evidenziano che gli effetti benefici della formazione sono più rilevanti nelle imprese medio-grandi rispetto a quanto si osserva nelle imprese più piccole. Nelle piccole imprese il middle manager è spesso soggetto a un controllo costante e forse eccessivo da parte dell’imprenditore (o comunque del vertice aziendale), che nei fatti riduce le opportunità di valorizzazione delle competenze aggiuntive acquisite dal middle manager stesso durante il periodo di formazione «fuori dall’impresa».  Strutture organizzative troppo semplificate, a volte rudimentali, come quelle presenti in molte piccole imprese finiscono per ridurre le opportunità di valorizzare figure intermedie come i middle manager e potrebbero soffocare le possibilità di sfruttamento degli investimenti in capitale umano come quelli in training realizzato fuori dal luogo di lavoro.

Per quanto riguarda le forme di training, le metodologie formative che prevedano simulazioni o metodi esperienziali sembrano assicurare risultati migliori rispetto a metodologie più tradizionali o e-based. Più precisamente, questi risultati suggeriscono ai dirigenti d’impresa responsabili della scelta del tipo di formazione per i propri middle manager di focalizzarla su metodi che simulino problemi reali, simili a quelli che essi stessi devono quotidianamente affrontare. La scelta del giusto metodo di training potrebbe quindi aumentare la capacità competitiva dell’impresa.

I risultati ottenuti consentono di concludere che gli investimenti in off-the-job formal training per i middle manager sono efficaci e rappresentano una decisione strategica che permette all’impresa di migliorare il proprio management e la sua produttività nel lungo termine. Ciò è vero per il fatto che la formazione influenza le pratiche manageriali, che a loro volta influenzano la performance d’impresa. In altre parole, gli investimenti in capitale umano (come per esempio le attività formative promosse dall’impresa) hanno un ruolo fondamentale nello sviluppare buone pratiche manageriali che contribuiscono a spiegare i gap tra le imprese. In particolare, la formazione manageriale sembra avere un effetto positivo sulla produttività totale dei fattori misurata a livello di singola azienda. La produttività totale dei fattori, come è noto, è un indicatore del grado di innovazione. La formazione manageriale quindi sembra accrescere la capacità dell’impresa di utilizzare e sviluppare soluzioni innovative sia in termini tecnologici sia in chiave organizzativa. È questo un risultato molto interessante per chi dirige un’impresa e deve prendere decisioni sulla formazione dei dipendenti.

Le prospettive di indagine future sul tema dovranno essere rivolte all’approfondimento del ruolo delle diverse tipologie di formazione utilizzabili dalle imprese. Nel presente lavoro tocchiamo solo marginalmente la questione, ma i risultati suggeriscono che investigare il nesso tra tipo, contenuto e metodologie di training e performance d’impresa possa essere di estremo interesse e possa avere implicazioni manageriali rilevanti.

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1

Useremo nell’articolo l’espressione formazione manageriale per intendere soltanto le attività di formazione impartite ai middle manager.