E&M

2007/1

Vincenzo Perrone

Doni utili per un Anno Nuovo

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Quando, all’inizio di un nuovo anno, si pensa a qualcuno che porta doni i primi personaggi a venire in mente, almeno nel nostro paese e con la nostra cultura, dovrebbero essere i Re Magi. Gaspare, Melchiorre e Baldassarre – questi i loro nomi secondo la tradizione – erano astrologhi che una stella ha guidato all’incontro con un Dio bambino deposto in una mangiatoia. I loro doni erano simboli: l’oro a richiamare la potenza, l’incenso per indicare la spiritualità e il rapporto con il divino e la mirra, utilizzata per imbalsamare i corpi dei defunti, per segnalare fin dall’inizio quella che sarebbe stata la conclusione violenta e dolorosa della parabola esistenziale del Cristo. Correndo il rischio di una leggera blasfemia vorremmo miniaturizzare questo grande gesto di fede e di omaggio e ridurlo alle nostre dimensioni di donne e uomini impegnati ogni giorno, con tutti i nostri limiti, in aziende, istituzioni, scuole di management, comunità varie e nelle redazioni di riviste come questa che state leggendo. Se ci fossero dei saggi visionari e generosi in viaggio verso di noi anche oggi, cosa vorremmo che ci portassero in dono di utile perché l’anno che viene sia profondamente nuovo?

La cosa che ci converrebbe trovare nel primo scrigno è il coraggio. Ne occorre di più se vogliamo davvero innovare e migliorare. Ci serve il coraggio che nasce dall’insoddisfazione per il presente e dalla speranza fondata che il domani possa essere migliore. Quel coraggio che sta animando decine di imprenditori e di loro collaboratori intorno a noi che si sono per l’ennesima volta rimboccate le maniche e stanno reagendo con successo alle sfide poste dalla globalizzazione dei mercati. È l’opposto della tendenza decadente al ripiegarsi cinicamente su sé stessi e sul proprio passato. Ricordare e coraggio sono parole che hanno in comune il riferimento al cuore. Ma rimettere al centro del proprio cuore quanto è già successo spesso ci impedisce di spenderne l’energia per costruire quello che ancora deve essere. Forse abbiamo un nuovo problema di caduta della libido: non abbiamo brama sufficiente di futuro. E questo ci rende deboli.

Nel secondo scrigno ci servirebbe trovare una cosa che non sta tutta dentro una parola: l’attitudine al pensiero complesso. Se c’è una cosa che l’anno appena passato dovrebbe averci insegnato è che le semplificazioni eccessive, idee che sono finte scorciatoie come “scontro di civiltà”, tanto per fare un esempio, uccidono. La tentazione di trovare una chiave di interpretazione del mondo che abbia la concisa forza ispiratrice di uno slogan pubblicitario è forte e aumenta in modo proporzionale alla complessità del reale. Ma è una tentazione alla quale dobbiamo imparare a resistere preferendo affinare lo sguardo. Ci dovrebbe essere regalata la capacità di distinguere, che è la precondizione essenziale per ben interpretare. Per capire prima e operare poi in mercati e società complessi occorre affrontare la fatica di pensare in modo sottile. Tra relativismo strisciante e universalismo recidivo vorremmo un anno di riscoperta della logica e del pensiero libero e acuto. Anche in azienda, soprattutto nelle relazioni con gli altri e quando si hanno responsabilità di direzione. Stupisce che ci siano così tante persone capaci, per esempio, dopo lungo studio e applicazione, di cogliere il profumo di viola mammola, l’odore acre della pipì di gatto o il sapore di liquirizia quando si tratta di distinguere un vino da un altro e rigide invece come tronchi nell’applicare sempre gli stessi schemi interpretativi, le stesse regole di comportamento, gli stessi pregiudizi ogni volta che interagiscono con la complessità di una situazione o di una persona. Siamo più attrezzati a cogliere le differenze tra i vini che quelle tra le persone. Una cosa che dovrebbe farci riflettere. Abbiamo perso forse la curiosità e il gusto della scoperta. E non vogliamo fare fatica. Eppure senza un occhio capace di discriminare la realtà finirà sempre per sorprenderci malamente. Questo dono dunque ci occorre.

Così come avremmo bisogno di trovare nel terzo scrigno il dono dell’equilibrio. Che non è, come sa chiunque abbia imparato a sciare o ad andare in bicicletta, un esercizio di statica conservativa, quanto piuttosto lo sforzo continuo necessario per bilanciare forze contrastanti, utilizzandole senza annullarle per rimanere eretti e andare avanti. L’equilibrio richiede energia. Senza equilibrio il coraggio diventa temerarietà e il pensiero si fa sofisma. Senza equilibrio, senza sintesi dialettica e dinamica tra poli contrastanti della nostra esperienza, inaridiamo come persone e come manager appiattendoci su un’unica dimensione.

Equilibrio, attitudine al pensiero complesso e coraggio vorremmo che fossero tre doni (nel secondo editoriale di questo primo numero sospeso tra Capodanno e Carnevale ne troverete anche un quarto importante: l’ironia) capaci di illuminare anche le pagine di Economia & Management nell’anno appena incominciato. Ci sembra di avere fatto qualche passo in avanti nel realizzare la nostra missione che è quella di offrirvi sempre qualcosa di interessante e utile sostenuta in modo scientificamente rigoroso. Ma sappiamo che molto ancora resta da fare. Per questo abbiamo, come sempre, bisogno di persone speciali. Come la dottoressa Fabiola Mantegna, la nostra infaticabile segretaria di redazione. Come gli amici che in Etas Libri e più in generale nel Gruppo RCS condividono con noi la responsabilità di questa rivista di management per la quale l’aggettivo “italiana” non ha per una volta alcun connotato dispregiativo o diminutivo. Abbiamo infatti capacità, idee e pratiche di management originali che meritano lo spazio che queste pagine offrono loro. Con orgoglio e senso di responsabilità. Dobbiamo come al solito ringraziare tutti i reviewer che hanno aiutato gli autori pubblicati a tirare fuori il meglio dal proprio lavoro. I loro nomi li trovate indicati qui di seguito. Più della metà dei quaranta articoli che ci sono stati sottoposti per una possibile pubblicazione nel corso del 2006 non hanno superato il loro vaglio critico: la ventina rimanente ha subito un lungo processo di rilavorazione che è sicuramente servito a migliorarli. O almeno così speriamo. Perché sarete solo voi lettori, con il vostro sostegno, a dirci se e quanto abbiamo ragione. Buon anno!