E&M

2006/3

Il parroco la chiamava “il diavolo in gonnella”. Alfonsina Marini, la donna che per prima parteciperà al Giro d’Italia riservato agli uomini, suscitava scandalo scorrazzando in bicicletta per tutta l’Emilia. Proprio in quegli anni – eravamo nel 1912 – Pio X scriveva una lettera ai vescovi dell’Emilia-Romagna, invitandoli a insistere sulla proibizione, per i preti, di usare la bicicletta. “Ai disobbedienti – testuali parole – si commini la pena della sospensione. È tempo veramente di finirla con questo abuso tanto indecoroso al clero.” Figuratevi se a un simile papa capitava a tiro l’Alfonsina. Dovendo cercare un patrono per i ciclisti, san Pio X è meglio toglierlo dalla lista dei candidati. Passiamo al suo successore, Benedetto XV. Confidava ai suoi collaboratori: “Quanto al voto delle donne, mi sarebbe piaciuto che si fosse detto essere contro la vera missione della donna”. Poi si rassegnava, perché il partito dei cattolici puntava a occhi chiusi sul loro contributo. Va però ammesso che, all’epoca, neppure lo sport era molto più aperto. Pierre de Coubertin, l’animatore dello spirito olimpico, sosteneva che lo sport femminile era “poco pratico, privo di interesse, sgraziato e sconveniente”. Nel 1920 Suzanne Lengle, campionessa di tennis francese, vinse due ori ma sconvolse il pubblico di Anversa con la gonna definita “corta” perché non arrivava sino ai piedi. Le cose non migliorano con Pio XI, il grande scalatore. Aprì nuove vie che portano il suo nome. Eravamo tra le due guerre. Scrisse un’enciclica sul matrimonio casto, relegando la donna a regina del focolare. La rivista Famiglia Cristiana parlava della “frivolità della moda, che attira la donna fuori casa con gli spassi e gli sport”. Erano i tempi in cui Mussolini chiedeva alla categoria dei medici di intervenire a difesa delle donne grasse – “in stretto bacino mal si cova il piccino” – e ordinava ai giornali di eliminare tutte le figure femminili magre. Servivano donne formose, in modo che fossero in grado di figliare e di allattare la nuova stirpe italica.

Si usa dire: con il tempo le cose migliorano. E allora passiamo direttamente al 2006. A Teheran, cinquanta donne si sono presentate, munite di biglietto, per assistere alla partita di calcio Iran-Costarica. Sono state disperse con lo sfollagente. Poiché insistevano, la polizia promise loro di farle entrare da una porta secondaria. Le caricarono su un autobus che invece finì il suo viaggio nei paraggi del carcere. Stesso trattamento riserverei a quei giudici della Cassazione italiana, capaci di regalarci una sentenza allucinante: violentare una donna “usata” è meno grave che farlo con una vergine. Hanno confuso la liceità di un gesto con la facilità di esecuzione. Anche qui servirebbe un autobus, con destinazione la rupe Tarpea, prima che rimettano in vigore lo jus primae noctis. Concludiamo con Giovanni Paolo II, presto santo a furor di popolo. Scrisse una lettera alle donne di tutto il mondo ma, spalleggiato da Ratzinger, ci ha regalato un nuovo dogma: la donna non può diventare prete. Prendiamolo pure per buono. Ciò non impedirebbe però di nominare cardinale una donna. Può eleggere il papa anche se non può essere eletta. Madre Teresa di Calcutta sarebbe stata una candidata eccellente. Ne propongo un’altra, Mary Ann Glendon, giurista della Harvard University e capo della delegazione vaticana alla quarta conferenza mondiale sulla donna, svoltasi a Pechino nel 1995. Concluse con parole che anche un papa dovrebbe meditare: “Questa riunione internazionale poteva fare di più per le donne e per le ragazze che non lasciarle sole con i loro diritti”.