Appunti del direttore
Meno piccoli, più competitivi: come e perché
Qualche decennio fa, era molto in voga l’approccio secondo cui «piccolo è bello», a sottolineare la centralità delle piccole imprese nella nostra economia. Mi sembra che oggi, al contrario, le piccole dimensioni delle nostre imprese rappresentino uno svantaggio, più che un punto di forza, per il paese.
Ciò è dovuto in buona parte al fatto che il contesto in cui le imprese si trovano a operare è profondamente mutato rispetto al passato, sotto diversi punti di vista:
- mentre le piccole imprese hanno prosperato in una situazione di relativa stabilità, oggi il contesto economico internazionale si caratterizza in maniera quasi strutturale per incertezza e instabilità, che le imprese di dimensioni medio-grandi sono meglio preparate ad affrontare;
- di pari passo, la competizione internazionale si è fatta più intensa; la riduzione dei costi di trasporto, in particolare, ha fatto sì che le grandi distanze siano meno di ostacolo rispetto al passato per i potenziali competitor delle nostre imprese;
- infine, l’innovazione tecnologica (quella digitale, e non solo) determina dei salti di produttività legati alla capacità di incorporare le nuove tecnologie nei propri processi produttivi; le piccole imprese non sono in grado di compiere gli investimenti tecnologici necessari per mantenersi competitive e di sviluppare le competenze organizzative indispensabili per gestire questo genere di innovazione.
Di fronte a sfide tanto urgenti, la piccola dimensione rischia di diventare un serio limite per la competitività del nostro paese. È auspicabile, quindi, che vengano promossi quanto più possibile fenomeni di aggregazione tra imprese (anche attraverso strumenti come il contratto di rete), o anche coinvolgendo interlocutori del mondo finanziario come il private equity.