E&M

2022/3

Maurizio Dallocchio

La finanza sostenibile. Perché deve cambiare

Il focus di questo numero di Economia&Management , alcuni colleghi del REPAiR propone studi e analisi, sviluppati nel contesto del nuovo laboratorio di SDA Bocconi, sul futuro della finanza.

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Gli studiosi della materia hanno la chiara percezione che nel mondo reale la finanza sia percepita come un privilegio per pochi e un danno per tanti; che sia incentrata sullo scambio di oggetti virtuali e alla fine dannosi per l’economia reale e la società; che sia dominata da sofisticati programmi software e da scatole nere di derivazione matematico-statistica che nulla hanno a che fare con le vite di tutti noi.

In realtà nella sua accezione originaria e nell’interpretazione dei suoi rappresentanti più genuini, la finanza aziendale, che si occupi dell’ordinaria gestione dei flussi di risorse o che si concentri sulle iniziative di natura straordinaria, si connota per due caratteristiche: è orientata al valore ed è ancella dell’economia d’azienda. Essa rappresenta infatti il sostegno principale delle altre funzioni, a partire da produzione e vendite nelle realtà industriali.

Più di quarant’anni fa, nel suo innovativo Trattato di finanza aziendale, Giorgio Pivato affermava chiaramente che mai la finanza avrebbe potuto assumere il ruolo di centro di profitto in un’azienda industriale e che la banca – in particolare nei Paesi europei continentali – era il centro di raccolta e di distribuzione delle risorse finanziarie. Il tramite dell’entità in surplus verso quelle in deficit, che con la sua competenza ed esperienza doveva fornire un sostegno mirato alla gestione di tesoreria e al contenimento del rischio, affiancando le imprese con denaro e consulenza nelle operazioni di natura straordinaria: dalle semplici acquisizioni all’accesso ai mercati regolamentati.

Se ci voltiamo indietro e proviamo a rivedere il film dei primi due decenni del nuovo secolo, ci accorgiamo immediatamente del fatto che la realtà ha completamente travisato, se non del tutto ignorato, il lucido pensiero di Pivato.

Quanti esperti di matematica finanziaria o statistica, di micro o macroeconomia, persino di econometria, si sono definiti studiosi, docenti di «corporate finance». E quanti modelli, formule, raffinati algoritmi hanno consegnato a un’affascinata platea di studenti che si beava per due ragioni: perché i modelli offrono quasi sempre approdi sicuri, certezze che confortano e appagano chi è privo di esperienza. E perché la conoscenza dei modelli consentiva loro di accedere ad ambitissime posizioni nelle banche d’affari, organizzazioni che, prima dello scoppio della grande crisi sistemica del 2007/2008, avrebbero garantito loro remunerazioni incomparabili rispetto ai colleghi delle aziende industriali, commerciali, di servizi o del mondo pubblico-istituzionale.

È una finanza affascinante e pericolosa perché attraverso opportuni hardware e software restituisce certezze e consente – essenzialmente grazie al trading – la generazione di profitti generosissimi; ma fondandosi su principi e attività sempre più lontani dall’economia reale, dalle necessità di imprese, famiglie, istituzioni, produce la malattia che da ormai molti anni il mondo sta affannosamente e dolorosamente curando: l’insostenibilità generata dal rischio imprevisto e dunque incontrollato.

Se il bisturi passa dalle mani del chirurgo a quelle del biotecnologo, i danni possono essere molto, molto gravi.

C’è la chiara esigenza, la necessità urgente di ripensare ai cardini della materia, di riportare l’attenzione del mondo accademico, ma soprattutto degli studenti e delle aziende ai vari livelli, verso il centro di gravità della finanza d’azienda e di mercato. Dobbiamo riportare l’attenzione di tutti verso la vera finanza, verso la «nostra finanza». La nostra finanza è valore e sostenibilità. È una disciplina al servizio delle imprese, delle banche, delle famiglie e delle organizzazioni governative e no profit, alle quali deve assicurare equilibrio e prospettive di lungo periodo. La nostra finanza si occupa della raccolta e dell’impiego delle risorse, delle previsioni dei flussi di cassa e della gestione del rischio, della prevenzione e gestione delle crisi, così come della crescita – sia essa per linee interne o attraverso operazioni straordinarie (M&A). La nostra finanza è rispetto e condivisione, trasparenza e responsabilità. La nostra finanza è stretta parente del bene e i suoi valori ispiratori sono: responsabilità, pazienza e affidabilità. Con un acronimo anglosassone: REPAiR, ovvero una finanza Responsible, Patient, Reliable.

In effetti, se proviamo a ricercare nei siti delle più importanti istituzioni universitarie internazionali, (quali, per esempio LBS, NYU-Stern, Wharton, Chicago Booth, Stanford) dotate di robusti e rinomati dipartimenti di finanza, non troviamo centri di ricerca, laboratori, progetti specifici e neppure collane di volumi o paper focalizzati sui principi ispiratori della finanza REPAiR. A un primo esame, non risultano neppure iniziative di formazione incentrati sui temi in questione. Naturalmente si possono trovare numerosi progetti dedicati alla sostenibilità in generale, alle tematiche ESG e agli investimenti correlati, ai green bond e alle loro performance, ma nulla sulla finanza responsabile, paziente e affidabile.

La finanza REPAiR si fonda su tre pilastri.

  1. È responsabile: non è fine a se stessa e non è autoreferenziale. Guarda al lungo periodo e rifiuta la redditività che penalizza la sostenibilità e spreme le organizzazioni. Sostiene il profitto e la generazione di cassa come condizioni irrinunciabili dell’azione imprenditoriale e difende responsabilmente il rispetto delle regole e i diritti dei legittimi portatori di interessi nei sistemi economici e sociali. Propugna e difende il giusto rendimento per i singoli e le organizzazioni. La finanza REPAiR non ha paura di lanciarsi contro paradigmi radicati per sostenere e proporre responsabilmente i valori nei quali crede e che dichiara in modo trasparente.
  2. È paziente: non ha premura. La generazione di benefici monetari, alla ricerca di robusti tassi di rendimento non può costituire una minaccia per la crescita e la solidità delle prospettive degli individui e delle organizzazioni. La finanza REPAiR mira all’equilibrio e al rispetto delle condizioni che ne favoriscono il conseguimento. Comprende e difende gli interessi degli investitori e degli intermediari finanziari, attori centrali e insostituibili dei sistemi economici e sociali. Allo stesso tempo ne sollecita la responsabilità e la sensibilità, unitamente al doveroso rispetto per i destinatari delle loro risorse. E li sollecita a contemperare la giusta ricerca dei rendimenti con l’esigenza di propugnare e difendere valori legati ai fattori ESG.
  3. È affidabile: è solida, credibile, rigorosa, amichevole. La finanza REPAiR è al servizio dell’economia reale e di tutti i suoi protagonisti: dalle imprese alle famiglie, dalle banche alla pubblica amministrazione, dai governi alle organizzazioni assistenziali e senza fine di lucro. Aiuta ciascuno di questi protagonisti ad analizzare e programmare il presente e il futuro; a raccogliere e a impiegare le risorse; a gestire consapevolmente i rischi; a crescere equilibratamente in modo organico o attraverso aggregazioni; ad affrontare responsabilmente le crisi e le riorganizzazioni. Di tutti i protagonisti dell’economia reale è amichevole compagna di viaggio, ma anche guida ferma verso il rispetto dei legittimi diritti di tutti e della sostenibilità di lungo periodo.

SDA Bocconi ha dunque ancora una volta dato concretezza a una intuizione, ideando e lanciando REPAiR Lab, un centro di ricerca e innovazione destinato a studiare, declinare e diffondere i principi della finanza responsabile, paziente e affidabile. 

Nei prossimi articoli di questo focus di Economia&Management, alcuni colleghi del REPAiR Lab propongono studi e analisi, sviluppati proprio nel contesto del nuovo laboratorio, sul futuro della finanza.