E&M

1997/6

Claudio Dematté

Competizione senza confini e senza protezione di cambio. Una sfida per le aziende e per il Paese

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Introduzione

Le relazioni sociali ed economiche si sono sempre dipanate fra due innate ed opposte pulsioni, in continuo confronto fra di loro: il conforto dell’abitudine ed il senso di sicurezza che provengono da ciò che è noto e vicino e la tensione verso il nuovo, l’ignoto, il lontano. Queste innate pulsioni nelle loro manifestazioni estreme sono proiettate nei miti e si sono incarnate in personaggi della storia. Esse convivono nelle persone in dosi diverse e nella stessa persona con intensità variabile nel tempo, influenzando comportamenti ed atti. A fare prevalere l’una o l’altra concorrono moti dello spirito e condizioni materiali. I moti dello spirito e la ricerca dell’utile sono stati a loro volta sospinti o frenati dalle circostanze d’ambiente. Quando non c’era ancora la stampa, né il telefono, né altri sistemi di comunicazione a noi noti; quando i trasporti erano difficili, lenti e pericolosi; quando le comunità erano separate da frontiere rigide, da dazi o da stati di guerra, la vita e le attività della maggioranza della popolazione si svolgevano entro ristretti ambiti spaziali. Il cosmopolitismo di pochi non modificava questo generale stato delle cose.

Le pulsioni verso il nuovo, l’ignoto, il lontano sono però sopravvissute a dispetto di tutti gli ostacoli, di tutti gli attriti e di tutte le sconfitte. Alimentate anche da speranze di profitto hanno portato alle grandi scoperte geografiche ed ai traffici transoceanici del quindicesimo e sedicesimo secolo. Ma hanno potuto dispiegarsi in tutta la loro forza fino a prevalere sul localismo quando le scoperte scientifiche e tecnologiche hanno ridotto l’attrito al movimento delle informazioni, delle persone, delle merci e dei capitali. Degradando le barriere naturali al movimento nello spazio sono però rimasti attriti d’altro genere e chiusure imposte dagli Stati sulla spinta di paure ataviche e di interessi costituiti.

È così che nel corso della storia, su una tendenza plurisecolare di dilatazione dello spazio praticabile, si sono innestate fasi di apertura e momenti più o meno prolungati di chiusura.

L’opinione diffusa è che in quest’epoca siamo di fronte ad un dispiegamento spaziale delle relazioni sociali ed economiche senza precedenti. Questo fenomeno viene indicato, attraverso la sostantivazione di un aggettivo, con il termine “globalizzazione”: un termine non bello dal punto di vista linguistico, impreciso dal punto di vista dell’analisi economica, probabilmente abusato, ma divenuto di senso comune. Come ebbe a scrivere il Governatore Fazio: “Il vero fatto nuovo di quest’epoca è la creazione di un mercato mondiale”.[1] Questo articolo veste sull’origine e sulle conseguenze di questo evento nuovo e sui problemi della competizione in tale contesto.

Ma proprio sul fatto che in quest’epoca vi sia una dilatazione spaziale dell’attività economica senza precedenti – che dovrebbe costituire il dato ed il punto di partenza del mio intervento – non tutti concordano. Alcuni sostengono che su questo fronte non vi sia novità, perché altre fasi storiche sono state caratterizzate da uguale o perfino maggiore apertura.[2]

Dedicherò la prima parte dello scritto a verificare se il dispiegamento spaziale dell’attività economica abbia davvero raggiunto in questi ultimi anni estensione e livelli mai conosciuti prima. Poi spiegherò i motivi per i quali vi sono alte probabilità che nel prossimo futuro il processo si intensifichi, anziché attenuarsi, nonostante le ricorrenti tentazioni protezionistiche. La parte centrale è dedicata ad indagare le conseguenze di questo fenomeno sulla vita delle istituzioni, delle aziende, delle persone. Completerò il quadro illustrando le azioni che possono e devono essere attivate per cogliere gli aspetti positivi e per attenuare quelli negativi.

Le ultime parole saranno riservate ai giovani, destinatari dei nostri sforzi e attori primi del futuro che verrà.

Per il resto dell’articolo si veda il pdf allegato.