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2011/5
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La fine della Grecia
Scarica articolo in PDFSe prendete il treno a Grenoble, quale che sia la vostra destinazione, rassegnatevi. La tariffa sarà gravata da un euro di supplemento. Il balzello data dal 1968, quando quella località ospitò i giochi olimpici invernali. Sta ancora pagando i debiti di allora.
I grandi organizzatori, CIO in testa, seguito da FIFA e UEFA, sanno indorare la pillola. Quando una città, ambiziosa, ingenua e incosciente, viene prescelta per organizzare un grandissimo evento sportivo, vi diranno che i vantaggi sono tanti: lo sviluppo dello sport, la risonanza internazionale, la realizzazione di grandi strutture che migliorano il paese.
Raccontarono tutto questo anche alla Grecia quando vinse le Olimpiadi del 2004. Quanto a risonanza, la Grecia è notissima anche senza le Olimpiadi.
A giochi fatti, lo sviluppo degli sport locale lascia perplessi: ventuno dei ventidue impianti costruiti per i giochi olimpici non sono utilizzati. Alcuni servono come discarica. Il paese ha fatto registrare qualche miglioramento nelle infrastrutture, ma gli investimenti previsti – inizialmente quattro miliardi di euro – si dice che abbiano superato i trenta, nascosti da prestiti da parte di banche americane che a un certo punto presentarono un conto salato, che si sussurra non sia una parte trascurabile del famoso debito greco.
Fatte le proporzioni, trenta miliardi di euro, per la Grecia, pesano come duecento miliardi per l’Italia.
Uno studio della Commissione Sport Cultura e Media presentato alla Camera dei Comuni di Londra nel 2007 afferma che nessun paese che ha ospitato i giochi è riuscito a dimostrare di aver ottenuto i benefici promessi.
Lo stadio olimpico di Atlanta è diventato un parco di baseball, il Nido d’Uccello di Pechino è una meta turistica e il biglietto di ingresso costa sette dollari. Ed eccoci allo stadio olimpico di Londra, quello che ospiterà i giochi del 2012. È già nell’occhio del ciclone. È stato realizzato nel settore Est della città, nel tentativo di qualificarne la parte più depressa, ma all’inizio dei lavori fu scoperta nella zona una discarica tossica. Il costo dell’opera ammonta già a quasi seicento milioni di euro. Si sta correndo ai ripari.
Nel febbraio scorso il suo usufrutto è stato concesso alla squadra londinese del West Ham, ma l’altro club in gara, il Tottenham, è ricorso in tribunale affermando che il concorrente ha vinto grazie alle bustarelle. Non siamo i soli.
Un progetto del Master FIFA, presentato nel luglio 2011, afferma che “non essere i prescelti” può significare “vincere”. Si ottengono infatti interessanti ricadute, più congeniali alla dimensione della propria città. Per esempio, Istanbul, che perse le Olimpiadi del 2000, da allora ha realizzato dieci eventi sportivi, tra cui una finale di Champions e un Gran Prix di Formula Uno (evento che si ripete ogni anno). Una cosa simile è successa a Manchester. La sconfitta non sempre viene per nuocere. Roma è candidata per il 2020. Da tempo sogno di scrivere un giallo, con l’apertura dei giochi olimpici a Roma in contemporanea con la morte del papa. Non svelo la trama. Ma su una cosa voglio essere chiaro: spero proprio che Roma non vinca. Perché, almeno per questo, l’Italia non faccia la fine della Grecia.