E&M

2008/3

Per  bloccarlo, la polizia non può fare altro che attenderlo in cima. Lo stravagante Alain Robert si diverte a scalare i grattacieli più alti del mondo. Lo chiamano “l’uomo ragno”. L’ultima sua impresa, la settantesima per la storia, è stato il distretto finanziario Santa Fé, a Città del Messico: trenta minuti per superare ventitré piani. Dice di usare solamente le mani. Si professa seguace del fisico Van der Waals, che ha scoperto come mai i gechi possano camminare in verticale su superfici  levigate, senza secrezioni adesive. Le loro zampe sono ricoperte da milioni di peli che eccitano le molecole della superficie che percorrono, rendendole a loro volta uncinate, quasi fossero colla. Anche se Alain avesse ricevuto in dote gli stessi peli dei gechi, non può illudersi che, nella fisica molecolare, il peso sia una variabile trascurabile. Macro e micro, anche l’economia lo insegna, non sempre collimano. Qualche ventosa deve pure esistere.

Accanto a chi sale c’è anche chi scende, buttandosi dai grattacieli per divertimento. Già negli anni venti si gettavano con il paracadute dalla Statua della Libertà. Il jumping è proibito dalle leggi americane e da quelle internazionali. Chi lo pratica ha inventato i suoi trucchi. Entra nell’edificio con aria disinvolta, prende l’ascensore per l’ottantesimo piano, ben vestito come se andasse a una festa di compleanno, carico di pacchetti colorati che sembrano regali e che invece contengono il paracadute che si aprirà solo all’ultimo momento. Il margine di errore per non sfracellarsi è di due o tre secondi. Spiccherà il volo all’alba, contando su vigili assonnati. Vent’anni fa, quattro ragazzi del Texas hanno dato vita a un’associazione clandestina. L’iscrizione esige la previa effettuazione di  quattro tipi di salti: edifici, antenne, ponti e dirupi. I membri sono solamente 480. Hanno una nostalgia: mancano all’appello i 445 metri delle Petronas Tower di Kuala Lampur e i 436 metri della Sears Tower di Chicago. Un record curioso è detenuto dal californiano Mark Hewitt: è l’unico essere umano ad aver effettuato i quattro lanci previsti completamente nudo. Ovviamente, indossava sempre il paracadute.

Il fascino dei grattacieli non ha fine: adesso si raggiunge la cima salendo di corsa le scale. Anche il Pirellone sta facendosi un nome nel mondo, ma scompare di fronte all’edificio più alto che esista, il Taipei Financial Buildings: 508 metri per 2046 gradini. Il record di salita è di 10 minuti e 29 secondi ed è detenuto da Marco De Gasperi, un italiano di Bormio. A ben pensarci, 508 metri sono poco più di un giro di pista in uno stadio di atletica. Ma in verticale. Di solito si parte uno alla volta, a cinque secondi di distanza. A metà grattacielo si organizza un punto di ristoro, destinato a chi ha finito e sta scendendo. Ma è una tentazione anche per chi sta salendo e guarderà con invidia i campioni che si rifocillano, convinto che non solo vincono, ma anche dimagriscono. Per nulla. Lo sforzo intenso consuma le calorie, ma non i grassi. Se il vincitore si concede il premio di una brioche, sta ingrassando. Dimagrisce chi svolge attività costante e prolungata: per esempio, una buona passeggiata.  

I grattacieli costituiscono un mondo misterioso. Esistono anche quelli invisibili. A Mosca i dissidenti dicevano che il palazzo del Kgb era il più alto del mondo, perché “dalle sue finestre si vedeva la Siberia”. Si sbagliavano. L’edificio più alto al mondo è l’Università di Harvard, perché dalle sue aule – dicono loro – si vede “il resto del mondo”.