Economia & Mercati

18/03/2022 Donato Masciandaro

Laocoonte e i due serpenti: crescita economica, corruzione e riciclaggio

La crescita economica del nostro Paese, al di là delle fasi congiunturali positive, è gravata da zavorre endemiche. Una delle più intossicanti, anche per le sue conseguenze sociali e politiche, sono i comportamenti criminali e illegali. Il loro effetto inquinante colpisce le istituzioni pubbliche, attraverso la corruzione, e l’economia legale, a causa del riciclaggio dei capitali illeciti. Due malattie che possono anche intrecciarsi, aumentando l’effetto di soffocamento sullo sviluppo sano e regolare di un Paese. Un esempio, oltre al nostro, è quello della Russia.

Prima che l’aggressione militare della Russia di Putin contro l’Ucraina modificasse gli scenari congiunturali, tutti i media celebravano la ripresa economica italiana. L’Italia è stata definita «la lepre» dell’area euro, utilizzando i dati più recenti della Commissione europea, relativi al 2021. La crescita del PIL italiano è stata del 6,5%, contro il 5,3% medio, e i dati di Paesi come la Germania e la Spagna, che hanno registrato una crescita economica rispettivamente del 5% e del 2,8%; tra i big dell’area euro solo la Francia ha fatto meglio, con una crescita del 7%. Ma se si prova ad allungare lo sguardo solo un po’, il giudizio cambia radicalmente. Rispetto alla crescita anteriore alla recessione pandemica – dato 2019 – l’area euro è cresciuta in media del 2,5%, mentre l’Italia è cresciuta appena dell’1%; tra tutti i Paesi membri solo la Spagna ha fatto peggio (-1,1%). Il panorama non migliora se si allunga ulteriormente l’orizzonte temporale, anzi è vero il contrario. Rispetto al 2007 – l’anno che ha preceduto la grande crisi finanziaria – l’area euro è cresciuta in media del 12,9%, mentre l’Italia registra addirittura una decrescita del 2,8%; è il penultimo Paese, con la Grecia fanalino di coda. Ma riusciamo a diventare ultimi se misuriamo la crescita economica dall’anno successivo all’introduzione dell’euro (il 1993): la crescita media dell’area è stata del 55,8%, per l’Italia solo del 21,9%. Traduzione: in termini di crescita, tutti hanno goduto di un «dividendo euro», ma l’Italia meno di tutti.

La causa? L’Italia ha strutturalmente delle zavorre economiche – principalmente bassa produttività e alto debito pubblico – e anche una malattia endemica che ha anche costi economici: la diffusione dei comportamenti criminali. Anche nella cronaca più recente – per esempio quella legata alla spesa pubblica per contrastare la recessione pandemica – ritroviamo l’espressione «associazione a delinquere», spesso insieme a «corruzione» e «riciclaggio dei capitali». È l’intreccio perverso attraverso cui i comportamenti criminali colpiscono da un lato le istituzioni pubbliche, attraverso la corruzione, e dall’altro l’economia legale, a causa del riciclaggio dei capitali illeciti. Se poi le due malattie si presentano intrecciate, il rischio di soffocamente dell’economia aumenta. Proprio come i due serpenti fecero con Laocoonte e la sua prole. Vediamo perché.

È diffusa la percezione che la corruzione, da un lato, e il riciclaggio di capitali illeciti, dall’altro, siano una tossina per l’economia. Molto più rara è invece la consapevolezza che quando i due fenomeni si intrecciano l’effetto tossico è ancora più nocivo. Solo recentemente l’intreccio tra corruzione e riciclaggio è stato analizzato in modo sistematico, sia sul piano teorico sia su quello empirico. L’intreccio tra corruzione e riciclaggio è, per così dire, speciale «perché» si sviluppa attraverso tre diversi canali: l’effetto innesco, l’effetto moltiplicatore e l’effetto acceleratore. I tre effetti possono essere evidenziati partendo dalla peculiarità del reato del riciclaggio.

Infatti, non c’è reato economico che non produca automaticamente una domanda di riciclaggio. La ragione è semplice. Chiunque commetta un reato per ottenerne un vantaggio economico ha un obiettivo: minimizzare la probabilità di essere scoperto. Dunque, occorre ridurre al minimo l’eventualità che dal reddito illegale si possa risalire al reo. La domanda di riciclaggio viene così alimentata da una platea di criminali, che da altri punti di vista possono essere considerati molto diversi: si va dall’evasore fiscale a i membri dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma c’è di più: dall’11 settembre del 2001 ci si è progressivamente resi conto che anche il finanziamento del terrorismo aveva con il tradizionale riciclaggio una comune finalità: quella di occultare il percorso che portava risorse e redditi, magari di origine lecita, a finanziare reati efferati quale quelli terroristici. Qui emerge l’effetto innesco: anche i corrotti hanno un reddito illegale da occultare e ripulire, e quindi hanno una domanda di riciclaggio da soddisfare.

Ma il riciclaggio non è solo un reato generale, è anche il più tossico per il tessuto economico e finanziario, e di riflesso sociale e politico. All’analisi economica va dato il merito di aver individuato, a partire dagli anni Novanta, la peculiarità di questo reato, che già era stato oggetto di interesse delle discipline giuridiche e criminologiche. La peculiarità è proprio nell’effetto moltiplicatore. Il meccanismo del moltiplicatore si fonda sulla constatazione che il denaro ripulito può avere tre destinazioni: il consumo e l’investimento in settori e attività rispettivamente legali e illegali, con i loro rispettivi tassi di rendimento. L’investimento illegale genererà redditi che producono automaticamente nuova domanda di riciclaggio. Il cerchio si chiude: se esiste un’offerta di servizi di riciclaggio, ed è efficace, in una società il peso economico di chi delinque tende a salire esponenzialmente. Anche l’offerta di riciclaggio, nei Paesi avanzati come in quelli emergenti, è antica – si pensi alle banconote – e nuova allo stesso tempo: per esempio, anche durante la pandemia nuovi profili di rischio, già emersi, si sono mostrati con ancor più evidenza. Stiamo parlando dell’operatività dei riciclatori sui canali telematici, criptovalute incluse.

Infine, nel rapporto tra corruzione e riciclaggio può emergere un terzo effetto, assolutamente peculiare: l’effetto acceleratore. È un effetto che nasce a sua volta dal fatto che l’efficacia della regolamentazione antiriciclaggio dipende dalla capacità delle autorità investigative e di vigilanza di individuare le cosidette «operazioni sospette», cioè attività economiche e finanziarie che potrebbero nascondere finalità di riciclaggio. Ma a loro volta le operazioni sospette vengono segnalate da tutta una serie di operatori professionali, che vanno dalle banche agli uffici postali, alle case da gioco. Ora, se appartenenti alle categorie professionali, o membri delle autorità investigative o di vigilanza, vengono corrotti, la qualità delle segnalazioni delle operazioni sospette si abbasserà, quindi l’efficacia delle operazioni di riciclaggio aumenterà. L’intreccio tra corruzione e riciclaggio è stato registrato sia nei Paesi avanzati, soprattutto nelle transazioni internazionali, che nei Paesi emergenti. Sarà fondamentale che nel disegno e nella implementazione delle regolamentazioni anticorruzione e antiriciclaggio, sia a livello nazionale sia internazionale, aumenti la consapevolezza dell’intreccio tra i due fenomeni. Altrimenti il rischio che i due serpenti soffochino Laocoonte è destinato ad aumentare. Un esempio? La Russia. Negli ultimi anni l’analisi economica ha analizzato in modo sistematico gli effetti negativi che la corruzione ha provocato nell’intossicare il passaggio di quel Paese dall’economia pianificata all’economia di mercato. Inoltre, è stato studiato il nesso specifico tra corruzione e riciclaggio dei capitali illeciti, attraverso l’utilizzo sistematico dei cosidetti «paradisi bancari e fiscali». Il risultato finale è quello di aumentare il peso di corrotti e corruttori nel sistema economico, sociale e politico di un Paese. Le consequenze negative? Possono essere imprevedibili e incalcolabili. Come i tragici eventi di questi giorni.

 

Per saperne di più:

  • Barone R., Masciandaro D., Schneider F., 2021, Corruption and Money Laundering: You Scratch My Back, I’ll Scratch Yours, Metroeconomica, DOI: 10.1111/meca.12365.
  • Costa, J., 2021, Revealing the Networks Behind Corruption and Money Laundering Schemes, Basel Institute on Governance, University of Basel, Working Paper Series, n.36.
  • Daniele, G., Giommoni, T., 2020, Corruption under Austerity, CESifo Working Paper Series, n. 8909.
  • Ledyaeva, S., Karhunen, P., Whalley, J., 2013, Offshore Jurisdictions, Corruption, Money Laundering and Russian Round-Trip Investment, NBER Working Paper Series, n.190191.
  • Levin, M., Satarov, G., 2000, «Corruption and Institutions in Russia», European Journal of Political Economy, 16(1), 113-32.
  • Rose-Ackerman, S., Palikfa, B., 2018, «Corruption, Organized Crime, and Money Laundering», In: Basu, K. and Cordella, T. (Eds), Institutions, Governance and Corruption, Palgrave Macmillan, London, 75-112.
  • Schulze, G.G., Suharnoko Sjahrir, B., Zakharov, N., 2016, «Corruption in Russia», Journal of Law and Economics, 59(1), 135-171.

Donato Masciandaro è Professore di Economia Politica presso l’Università Bocconi, dove è titolare della Intesa Sanpaolo Chair in Economics of Financial Regulation. Dal 1989 scrive sul Sole 24 Ore. Dal 2005 per Economia&Management riprende e sviluppa i commenti e le analisi pubblicate sulle pagine del quotidiano economico-finanziario.

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