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Risorse o persone?
Di seguito proponiamo ai lettori di Economia & Management un breve estratto dal recente volume di Andrea Di Lenna, Risorsa a chi?, dedicato a come Valorizzare le persone per migliorare le performance aziendali.
«Mi hanno appena assegnato quindici nuove risorse. Quindi devo cominciare a capire cosa fare e come farlo», mi disse una persona di un’importante azienda multinazionale che stavo seguendo in un percorso di coaching.
«Scusa, che tipo di risorse ti hanno assegnato?», le chiesi.
«Come che tipo di risorse?», rispose lei.
«Ti hanno dato dei computer nuovi? Dei macchinari? Avrai degli impianti con tecnologia innovativa?», ribattei.
«Ma no, delle Risorse Umane», mi precisò.
«E come si chiamano?»
«Non lo so, ma sono quindici».
«Scusami, ti piacerebbe che ti chiamassero “Risorsa”?»
Ci fu un po’ di silenzio.
«No, non credo…»
«E allora perché le chiami risorse?»
«E come le devo chiamare? Qui tutti le chiamano così…»
«Forse le potresti chiamare persone.»
«Ok, riceverò nella mia funzione quindici nuove persone.»
Ci mettemmo circa un mese e mezzo per fare in modo che la persona in questione riuscisse a cambiare il suo modo di esprimersi passando dal termine «Risorsa» al termine «Persona». Ogni volta che parlavamo dei suoi colleghi cominciava dicendo «una mia risorsa…», e solo dopo qualche attimo si correggeva dicendo «scusami, una mia persona…». Forse può essere utile aggiungere che il lavoro di coaching aveva, tra l’altro, l’obiettivo di aiutare il così detto coachee a migliorare la sua capacità di gestire in modo efficace la propria organizzazione che, guarda caso, era composta di persone… Ma all’interno dell’azienda nella quale lavorava era talmente radicato questo termine che lo sforzo per modificarlo fu davvero notevole.
Successe tra l’altro che con il cambiamento della terminologia impiegata per parlare dei suoi collaboratori si manifestò anche il miglioramento dell’interazione con i colleghi e collaboratori. Questo perché dietro ogni parola non c’è solo una logica di carattere linguistico e lessicale, ma un intero modo di pensare e di intendere le cose.
Riuscire a cambiare la terminologia significa quindi riuscire a modificare il proprio modo di pensare e, di conseguenza, il proprio modo di agire. È proprio quello che riuscimmo a fare con questo manager che, un po’ alla volta, riuscì a convincere se stesso a riconsiderare il proprio modo di agire anche attraverso la riformulazione verbale dei suoi pensieri. Come per tutti i cambiamenti, il processo fu però molto lungo: un mese e mezzo solo per modificare un modo di esprimersi!
Vale però la pena di soffermarsi sul perché le persone non vogliono essere identificate come «risorsa». Nonostante, come vedremo, l’intenzione iniziale nell’utilizzo di questo termine fosse positiva, in relazione al fatto che in ogni persona ci sia del potenziale da far emergere, un po’ tutti noi associamo invece al termine «risorsa» un’accezione per la quale c’è qualcosa da sfruttare. Ecco, è proprio questo che dà fastidio, il fatto che si evochi il concetto di sfruttamento, collegato a quanto abbiamo studiato a scuola, quando ci parlavano delle risorse minerarie e petrolifere «da estrarre». Se esiste dunque un modo potenzialmente positivo di intendere la possibilità di far emergere qualcosa di buono da ogni persona all’interno di una qualsiasi organizzazione, tale effetto viene ampiamente controbilanciato da quello negativo collegato al concetto molto più radicato di sfruttamento.
Partendo dunque da tale considerazione, se intendiamo migliorare le modalità di gestione all’interno delle nostre aziende è forse necessario partire dalla rimozione della terminologia «Risorse Umane», per recuperare forse quello più adatto ed efficace di «Persone».