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Luca Tamini, Luca Zanderighi

Quando il commercio al dettaglio è resiliente

Presentiamo di seguito ai lettori di Economia & Management un estratto dal recente volume di Luca Tamini e Luca Zanderighi, Dismissioni commerciali e resilienza. Nuove politiche di rigenerazione urbana (Milano, Egea, 2017).

Il concetto di resilienza – che descrive come i diversi sistemi rispondano a situazioni di shock e/o di stress – è utilizzato da molto tempo nel campo della fisica, dell’ingegneria e delle scienze ambientali. Solo di recente – con le due recessioni del 2008-2009 e del 2012-2013 - anche nell’ambito delle scienze sociali l’attenzione di economisti e di chi si occupa di tematiche legate alla spazialità si è rivolta verso una dimensione della crescita che inglobi la nozione di resilienza (Pike, Dawley e Tomaney 2010). Ne è così derivato un elevato numero di lavori empirici, che ha portato a un ampio dibattito sul significato e sulle differenti tipologie di resilienza o sulle sue componenti.

Quando si analizza la resilienza nel commercio al dettaglio occorre, innanzitutto, definire il soggetto dell’analisi, vale a dire l’entità o il sistema la cui resilienza deve essere valutata. Il commercio può essere considerato come un comparto economico (ad es. il sistema distributivo di una città o di una regione) o come uno spazio (ad es. il centro storico di un comune). Nel primo caso la resilienza di un sistema distributivo urbano può essere definita la capacità delle diverse tipologie di vendita di adattarsi a un cambiamento, alla crisi economica o ad altri shock che modificano l’equilibrio del sistema senza che questo riduca in modo significativo la performance delle sue funzioni (Erkip, Kizilgun, Akinci, 2014). Per analizzare la resilienza del comparto del commercio al dettaglio si potrebbe concentrare l’attenzione su tutte le tipologie di vendita (negozi piccoli e indipendenti, catene distributive, medie e grandi superfici di vendita) oppure soltanto su alcune di esse. In ogni caso la definizione di resilienza sarebbe differente. Un sistema dominato da grandi superfici di vendita appartenenti a catene distributive internazionali, ad esempio, potrebbe essere valutato con una maggiore capacità di resilienza da una prospettiva economica; al contrario lo stesso sistema potrebbe essere considerato come più vulnerabile e non sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Quando la resilienza commerciale viene analizzata, invece, in una prospettiva spaziale, essa è spesso collegata alle aree più centrali di un ambito urbano (centro storico, distretto del commercio, asse commerciale). Accanto agli aspetti economici della resilienza, esistono però anche altri elementi importanti da considerare nella valutazione complessiva della performance di un centro città, vale a dire la qualità degli spazi pubblici, l’attrattività turistica, l’immagine della città. La resilienza di un centro urbano, in questo caso, è strettamente connessa alla sua vitalità e alla sua vivibilità, laddove il primo aspetto rimanda soprattutto all’attrattività del centro per residenti e turisti mentre il secondo alla capacità di attrarre nuovi investimenti. Se è vero che la vitalità e la vivibilità di un centro urbano riflettono un concetto più ampio che comprende una pluralità di elementi, è altresì vero che l’offerta di servizi (commerciali e non) giocano un ruolo fondamentale nella valutazione complessiva dello “stato di salute” economica di questa area (ATCM, 2013, Fernandes e Chamusca, 2014). Alcuni autori (Erkip, Kizilgun, Akinci, 2014) arrivano ad affermare che “…the viability and vitality of an urban core can only be sustained through the resilience of different retailers” (p. 13).

La resilienza di un centro urbano è anche legata al concetto di competitività, definita come la capacità di una città o di un centro urbano di competere con altri luoghi nell’attrarre capitali (investimenti) a livello globale o nel fornire condizioni favorevoli per l’insediamento di imprese che accettano le sfide sul mercato internazionale. Sebbene esistano diverse evidenze empiriche che sottolineano come l’ingresso di attrattori commerciali (anchor stores) aumenti la resilienza del commercio del centro urbano sarebbe certamente troppo semplicistico assimilare la resilienza alla competitività. Come sottolinea Bristow (2010), la competitività è, infatti, legata alla resilienza in modo articolato e complesso. Per la resilienza commerciale, la varietà sembra essere di particolare rilevanza - sia in termini di mix di offerta di servizi/commercio che di formati distributivi e di forme di impresa - anche se le evidenze empiriche non sono così univoche (Wrigley e Lambiri, 2014). D’altro canto un’elevata presenza di catene distributive internazionali può accrescere la vulnerabilità di un centro urbano a shock esterni e può ridurre la distintività che rappresenta un importante fattore del vantaggio sostenibile di tale polarità commerciale.

Un terzo importante aspetto da considerare riguarda le modalità con cui misurare la resilienza del commercio al dettaglio. Il più ovvio indicatore – e forse anche il più facile da utilizzare – è rappresentato dalla variazione della percentuale degli spazi commerciali sfitti. Tuttavia, non tutte le percentuali di spazi sfitti possono essere interpretate allo stesso modo. A questo proposito, l’utilizzo di un tasso di spazi sfitti di medio periodo (3-5 anni) rappresenta forse un indicatore preferibile, in quanto nel breve periodo la chiusura di un’attività commerciale o la presenza di un utilizzo temporaneo dello spazio rappresenta un fenomeno fisiologico e un importante elemento di riequilibrio dinamico di un centro urbano. Dall’altro canto, la presenza di spazi sfitti a uso commerciale di medio periodo potrebbe essere la conseguenza di fattori locali, quali una bassa qualità dell’edificio o una localizzazione di scarsa visibilità pedonale. Un altro possibile indicatore – più difficile da ottenere dalle imprese – è dato dalla dinamica del fatturato al dettaglio. Considerando la resilienza commerciale da una prospettiva più ampia (e non soltanto come valutazione di una performance economica) si potrebbe utilizzare come indicatore la struttura dei tenant: in questo caso particolare rilievo potrebbe essere assegnato tanto alla presenza di un certo numero di attività indipendenti quanto alla quota di unità commerciali rispetto a quelle che erogano altre tipologie di servizi.

Un ultimo aspetto riguarda, infine, l’accresciuta attenzione che il concetto di resilienza ha ricevuto nel commercio al dettaglio come conseguenza della recente crisi economica. Quest’ultima non rappresenta certamente l’unica tipologia di “disturbo” che può toccare un sistema distributivo; come noto le traiettorie evolutive di un sistema economico possono essere, infatti, colpite da due tipi di “rotture”: gli shock imprevisti e i processi di più graduale cambiamento. Anche se entrambe le tipologie di rottura hanno la capacità di modificare la configurazione del commercio urbano (centro storico), diversa è, però, la loro natura ed estensione. Alcune analisi si sono concentrate sulla capacità di un centro urbano di reagire di fronte a shock esterni, come ad esempio l’apertura di un nuovo centro commerciale e/o di una grande superficie specializzata in aree extraurbane oppure un significativo deterioramento dell’accessibilità dovuto a interventi sulla viabilità; altre hanno, invece, approfondito l’esame dei fattori di cambiamento in grado di trasformare gradualmente il commercio urbano.

Attualmente quattro sono i principali aspetti che stanno guidando tale trasformazione, vale a dire:

 

  1. L’impatto della progressiva crescita dell’e-commerce che ha indotto meccanismi di sostituzione, complementarietà e modificazione (in particolare, per certe tipologie di piccolo commercio indipendente la sostituzione è associata a cambiamenti irreversibili nella configurazione dei centri urbani);
  2. L’impatto cumulato e di lungo periodo della concorrenza tra lo sviluppo della grande distribuzione e i discounter, localizzati sia nei centri urbani che in aree extraurbane (un impatto che è strettamente connesso alle politiche commerciali pubbliche e all’“orientamento” dell’istituzioni locali nei confronti delle medie-grandi superfici di vendita);
  3. Una significativa modificazione nel comportamento di consumo – dovuta ai cambiamenti sociali e ai costi associati a una “spedizione di acquisto” verso i poli commerciali extraurbani - che ha accresciuto nel consumatore una convenience culture, evidenziando nuove interdipendenze all’interno del sistema distributivo urbano;
  4. I cambiamenti demografici hanno aumentato la domanda per attività nel tempo libero e polarizzato l’ampiezza del reddito disponibile.

 

Tutti questi elementi di cambiamento risultano connessi tra loro, ma la natura della loro interazione non è ancora del tutto conosciuta. Occorre inoltre sottolineare che, se una crisi economica può essere percepita come di breve periodo, le sue conseguenze e i cambiamenti nel comportamento del consumatore devono essere considerati un fattore di lungo periodo. Lo stesso vale per le modificazioni nelle politiche pubbliche di pianificazione commerciale che dispiegano i loro effetti per molti anni dopo la loro effettiva entrata in vigore.

Infine, quando si analizza la resilienza del commercio al dettaglio in una città di medie-grandi dimensioni, anche altre tematiche specifiche devono essere prese in esame. Di solito il sistema distributivo di tale città risulta più sviluppato rispetto a quello di altre realtà urbane, in quanto la rete di vendita è molto più articolata (in termini di format, di dimensioni, di servizi offerti) e la presenza di insegne e brand internazionali risulta più elevata. Una maggiore varietà di attività commerciali favorisce una maggiore resilienza dal momento che una struttura diversificata è percepita come più resiliente. D’altro canto, è anche vero che un maggior legame con il commercio internazionale rende il sistema distributivo di tale città più vulnerabile a influenze esogene, in quanto durante una crisi le maggiori catene distributive internazionali saranno indotte a sviluppare programmi di razionalizzazione della loro rete di vendita. In molti casi, questo comporta una scelta che privilegia il mercato interno e che fa ricercare risparmi, ad esempio, attraverso la chiusura di negozi in altri paesi in cui la catena distributiva opera. Le grandi catene internazionali finiscono per sviluppare politiche più selettive e di conseguenza concentrarsi sui mercati più sicuri, vale a dire le città maggiori e con un più elevato potere di acquisto.

I sistemi complessi sono spesso caratterizzati da una capacità adattiva e da comportamenti self-organising che li rendono capaci di riconfigurarsi in funzione di shock inattesi e/o di più graduali processi di cambiamento. Il commercio urbano può essere considerato come un sistema economico dinamico e complesso che evolve di continuo: la resilienza di questa polarità commerciale è strettamente collegata a dinamiche cumulative e di lungo periodo di costruzione di una capacità adattiva. Si tratta di un processo multidimensionale che accompagna i meccanismi attraverso i quali una polarità commerciale urbana sviluppa la sua capacità di resistenza (coping strategy) e dipende da una strategia di lungo termine e dalle esperienze maturate in precedenza.

A tale riguardo, un modello proposto di recente da Dolega e Celińska- Janowicz (2015) per comprendere la dinamica delle polarità commerciali urbane (es. centro storico) associa la resilienza di queste polarità alla loro posizione nel ciclo adattivo.

Figura 1.1 Il ciclo adattivo delle polarità commerciali urbane

Dismissioni commerciali 1

Fonte: nostra elaborazione su Dolega e Celińska-Janowicz (2015)

 

Come mostra la Figura 1.1, il modello individua quattro fasi di sviluppo in cui una polarità commerciale urbana può essere posizionata:

 

Crescita: questa fase, normalmente assai rapida, si caratterizza per un elevato tasso di apertura di nuove attività commerciali – con la proliferazione dell’offerta di servizi commerciali - che genera una forte concorrenza. In questa fase il polo commerciale urbano attrae nuovi investimenti e aumentano gli spazi disponibili a uso commerciale a fronte di una crescente domanda. La saturazione dello spazio e un elevato tasso di abbandono favoriscono la domanda di cambiamento sia degli operatori commerciali esistenti sia dei nuovi entranti nell’area. In questa fase la resilienza commerciale favorita da innovazione e creatività risulta alta;

 

Consolidamento: quando lo sviluppo commerciale si stabilizza e maggiore risulta la relazione tra i diversi soggetti, il sistema tende a irrigidirsi. Durante questa fase la domanda di punti vendita fisici diviene più stabile e prevedibile, e la polarità commerciale urbana raggiunge la maggiore capacità di attrazione e sperimenta un periodo di relativa stabilità. Come diminuisce il tasso di abbandono e aumentano i livelli di efficienza del servizio, la polarità commerciale può “bloccarsi” all’interno di uno specifico percorso di sviluppo. I cambiamenti nel comportamento del consumatore e la crescente concorrenza tra imprese rappresentano, comunque, una forte spinta evolutiva della polarità urbana che – laddove non sviluppi azioni adeguate o non si adatti ai cambiamenti in atto – finisce per risultare sempre più vulnerabile e con una resilienza in declino;

 

Abbandono: questa fase, di solito innescata da qualche shock inatteso, è molto rapida e può essere vissuta come una vera e propria emergenza, caratterizzata da forte incertezza e bassa resilienza. Per una polarità commerciale urbana, la necessità di cambiamento può essere spiegata da fattori interni (ad es. l’apertura di una grande superficie di vendita) o da fattori esterni (es. una crisi economica). La stessa apertura di un nuovo centro commerciale extraurbano potrebbe causare un circolo vizioso per il commercio urbano. Come mostra la Figura 1.2, lo shock competitivo provocato da un nuovo centro commerciale extraurbano riguarda non soltanto la riduzione del fatturato dei negozi del centro urbano, ma anche lo spostamento di attività esistenti verso il nuovo centro commerciale. Ne risulta, di conseguenza, un aumento delle chiusure e una contrazione di nuove aperture che finisce per incrementare in misura consistente il numero di unità sfitte a uso commerciale, con un peggioramento dell’ambiente economico e sociale dell’area. Simili shock hanno, tuttavia, la capacità di creare nuove opportunità e di sbloccare le precedenti rigidità, favorendo quella che Schumpeter chiamava la “distruzione creativa”;

 

Rilancio: durante questa fase si avviano processi di innovazione, che creano un nuovo potenziale di sviluppo dell’area, favoriscono l’emergere di nuovi assetti e nuove relazioni e interdipendenze. Sebbene i meccanismi che spiegano l’emergere di nuove configurazioni siano ancora poco conosciuti, le polarità commerciali urbane riconfigurate tendono così ad aumentare la loro capacità di attrazione e la loro accessibilità favorendo la crescita dei flussi di frequentatori (residenti, turisti). Da evidenziare, a questo proposito, come alcuni studi (Wrigley, Dolega, 2011) abbiano evidenziato come la relazione di sviluppo simbiotico tra catene distributive e piccolo commercio indipendente o la presenza di una pluralità di servizi siano ugualmente importanti per la resilienza adattiva di una polarità commerciale urbana.

Il modello del ciclo adattivo presenta diversi vantaggi in quanto consente di descrivere la dinamica e la natura evolutiva di una polarità commerciale urbana, ne connette la resilienza alla situazione pre-shock in cui si trova nel ciclo e, in ultimo, fornisce alcune spiegazioni sui meccanismi alla base della creazione della capacità adattiva. Esistono, tuttavia, anche alcuni limiti che devono essere sottolineati. Il primo limite riguarda la “spirale di declino” di un ciclo adattivo - vale a dire le fasi di abbandono e di rilancio - che ancora risulta poco analizzata. A differenza della “spirale di sviluppo”, spesso queste due fasi avvengono con grande rapidità e presentano elementi di grande erraticità, senza contare che i meccanismi alla base dei processi di riorganizzazione della polarità urbana richiedono ulteriori approfondimenti.

Il secondo limite riguarda, invece, le fasi del ciclo adattivo: da un lato tali fasi potrebbero non essere facilmente distinguibili e, dall’altro, il passaggio da una fase all’altra di solito non risulta così lineare come sembra suggerire il modello.

Figura 1.2 Apertura di un nuovo centro commerciale extraurbano e potenziale impatto sulla polarità commerciale urbana

Dismissioni commerciali 2

Fonte: nostra elaborazione su Guy (1999)

Un aspetto centrale nella costruzione della resilienza commerciale e della capacità adattiva è anche connesso alla scala (locale, regionale, nazionale) in cui una polarità urbana è inserita. Il coordinamento istituzionale di una pluralità di soggetti che si muovono lungo una molteplicità di ambiti spaziali risulta, infatti, fondamentale, affinché una polarità commerciale urbana possa adattarsi con successo al cambiamento. A tale proposito, diverse evidenze empiriche sottolineano come interventi di riqualificazione su ampia scala siano assai rischiosi e potenzialmente molto onerosi, e pertanto siano da preferirsi azioni-pilota in ambiti spaziali più limitati da svilupparsi con logiche bottom-up. Inoltre, risulta importante non solo comprendere le cause della performance negativa di una polarità commerciale urbana rispetto ai macro-trend economici e ai cambiamenti relativi al comportamento di consumo, ma anche definire un piano di intervento locale basato su una puntuale analisi dello stato di salute del centro urbano. Potrebbe, infatti, emergere che una riorganizzazione “spontanea” - tipica dei sistemi complessi - non sia corretta e si debbano prendere in considerazione modalità di riorganizzazione più controllate (ad es. un intervento istituzionale durante una crisi economica)[1].

Diversi studi (Simmie e Martin, 2010; Dawley, Pike e Tomaney, 2010) sottolineano come interventi mirati possano rafforzare la resilienza della polarità commerciale e la sua capacità adattiva, evidenziando in particolare due aspetti chiave, vale a dire le modalità di intervento e il ruolo dei soggetti coinvolti. Il primo aspetto sottolinea il fatto che la tempistica e la sequenza di un intervento di valorizzazione rappresentano fattori critici in quanto possono generare un effetto negativo sul sistema (qualora implementati prima dell’ottenimento di un consenso sulle misure da prendere) o sulla definizione del quadro regolatorio complessivo. Nel contesto del ciclo adattivo di una polarità commerciale urbana esiste una finestra temporale “per il consenso” che è un momento fondamentale per lo sviluppo di piani di azione che accrescano la capacità di adattamento di un sistema, e questa finestra è la fase di consolidamento. In caso contrario, la crescente connessione di elementi in un sistema molto efficiente può rompersi in modo incontrollato durante uno shock inatteso o un evento esterno. Il secondo aspetto evidenzia, invece, l’importanza del ruolo dei soggetti coinvolti nell’identificazione dei problemi strutturali da affrontare. Ciò significa che lo sviluppo di un intervento di successo richiede non solo una buona conoscenza di come funziona una polarità commerciale e di quale sia il cambiamento richiesto alla luce dell’evoluzione del comparto e dell’impatto che tale evoluzione ha sulla vitalità del luogo, ma anche una definizione puntuale del ruolo dei diversi soggetti coinvolti. Nel caso di una polarità commerciale centrale, l’esistenza della figura di un Town Centre Manager e la presenza di partenariati pubblici-privati di valorizzazione del commercio urbano (es. Distretti del commercio) possono risultare strumenti fondamentali per gestire i processi di trasformazione.

Un esempio di un intervento centrato sulle diverse scale (locale, nazionale) in cui la polarità urbana è inserita è quello effettuato nel 2011 nel Regno Unito. Il Department for Business, Innovation and Skills in un Rapporto (Portas Review) ha individuato ventotto “raccomandazioni” che hanno identificato le azioni chiave per i policy maker, per le istituzioni e per le comunità locali che devono essere implementate per valorizzare e rendere più attrattivi i centri urbani. Il Governo inglese ha accettato queste “raccomandazioni” e ha deciso di supportare direttamente con risorse finanziarie e con risorse umane ad hoc (consulenti) un certo numero di Portas Pilot al fine di validare l’efficacia delle indicazioni proposte in modo puntuale. Questa iniziativa ha generato un grande interesse tra i diversi centri urbani in difficoltà e attualmente più di 400 città hanno fatto richiesta per poter diventare Portas Pilots.

(Il testo è ripreso dal recente volume di Luca Tamini e Luca Zanderighi, Dismissioni commerciali e resilienza. Nuove politiche di rigenerazione urbana. Il volume verrà presentato in occasione del festival Tempo di Libri, lunedì 12 marzo p.v. alle ore 11)



[1] Due sono gli elementi che possono supportare tale scelta. Il primo è la costruzione di una capacità adattativa che è un processo di lungo periodo che richiede un coordinamento multi-dimensionale; il secondo elemento è che una riorganizzazione spontanea potrebbe non raggiungere un risultato desiderato, oltreché essere caotica e costosa.

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