E&M

2011/6

Assomiglia spesso a un tappeto sotto cui nascondere le proprie magagne. Sto parlando della business ethics. Anni fa era il cavallo di Troia della Fiat di Cesare Romiti e mi domandavo quale fosse la loro etica, quando gli utili se li dividevano in famiglia e le crisi, tramite la cassa integrazione, la pagavamo noi italiani.

Di altra stoffa è Andrea Abodi, personaggio illuminato e presidente della serie B, che ha messo in cantiere un comitato di sei membri per l’elaborazione di un codice etico.

Ci riunimmo a maggio. Due assenti, ma uno solo giustificato, Stefano Borgonovo, grande simbolo dello sport che soffre. Per tenerci su di morale un giovane giurista della Lega ci distribuì un codice etico già bell’e pronto: una impeccabile ragnatela di articoli e commi, lunga quattordici pagine. È proprio vero: se consumi quattro anni per imparare il diritto, ce ne vogliono venti per liberartene. La commissione, causa lo scandalo delle scommesse, divenne carsica.

Personalmente avevo in mente un altro testo, una specie di manifesto che desse un senso profondo alla convivenza degli interlocutori calcistici. Per intenderci: con tutto il rispetto per il Codice di Diritto Canonico, preferisco il Discorso della Montagna. Per non mutuare dall’UEFA l’enfasi sul Rispetto, ho pensato al tema dell’Ascolto. Non c’è rispetto senza ascolto. Ascolto dei tifosi, che ci regalano passione, fiducia, aspirazione al meglio; ascolto del territorio, portatore di vitalità e di drammi che costituiscono la filigrana della bellezza e della sofferenza della vita; ascolto dei giovanissimi che accettano con entusiasmo la scuola impegnativa della pratica sportiva; ascolto dei calciatori locali a fine carriera, questi strani pensionati a trent’anni; ascolto delle diversità di lingua e di razza che oramai fanno parte del nostro vivere quotidiano; ascolto delle aziende sponsor che sono la linfa economica della società; ascolto delle esigenze, dei limiti e del mistero del proprio corpo.

Belle parole, capisco. Non è facile credere ai valori e condividerli.

Forse ha ragione il nostro dirigente orgoglioso del suo testo giuridico, che andrebbe non ridotto ma rimpolpato e scritto in caratteri microscopici, come quelli di una polizza assicurativa. Tutti lo firmeranno senza leggerlo. In caso di contestazione, la complessità del testo, se non sarà mai una giustificazione, rappresenterà comunque un alibi. Il mio documento susciterebbe l’ilarità: “Sembra la predica del parroco”.

Troppi presidenti vogliono mani libere perché i soldi, dicono, li mettono loro. Se un giocatore non garba, si accomodi in tribuna. Se poi si scopre che anche l’Inter ai tempi di calciopoli era nella melma come gli altri, si apre la causa di beatificazione di Giacinto Facchetti, a cui si chiede il miracolo di far dimenticare che, alla vigilia dello sconquasso, Moratti propose a Moggi di diventare il direttore generale dell’Inter. Prescrizione non è dimenticanza.

Sta arrivando Natale. Niente codici o messaggi. Propongo invece un regalo a tutti i presidenti: la maglietta che quest’estate andava di moda a Rimini in occasione del meeting di Comunione e Liberazione: “Dio esiste. Ma non sei tu. Rilàssati”.