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2015/4

Giovanni Fattore

L'Expo fra incoscienza e opportunità

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Forse un tratto distintivo degli italiani è l’incoscienza. È infatti da incoscienti andare così vicino a un default come è successo nel novembre del 2011 ed è altrettanto da incoscienti essere arrivati così in ritardo all’appuntamento di Expo 2015, con tante “anime belle” che puntavano a cancellarlo e tanti altri sostanzialmente scettici o noncuranti. Ma il 1° maggio la grande esposizione universale è stata inaugurata e, almeno fino a ottobre, Milano e l’Italia saranno al centro dell’attenzione mediatica e turistica internazionale. Malgrado le difficoltà, la macchina organizzativa dell’Expo milanese ce l’ha fatta, anche per merito della regia tecnica di Giuseppe Sala. Rimane, però, l’incertezza che tutti hanno provato per i lavori in ritardo, le brutte notizie sugli appalti e la paura di non farcela.

Gli italiani sono poi incoscienti perché poco consapevoli delle risorse naturali, storico-artistiche e umane del loro paese. Un principe del Qatar, che col suo fondo sovrano ha comprato tutta la nuova area delle varesine di Milano con i suo celebrati palazzi, ha dichiarato che “il mondo si divide tra gli italiani e coloro che vorrebbero esserlo”. Esagera? Sicuramente. È però miopia grave non comprendere che l’immagine italiana nel mondo è positiva perché il “bel paese” è visto con simpatia, forse anche per alcuni tratti poco nobili della nostra identità nazionale. Se proprio l’italianità non piace, interessa, attira curiosità e suscita passioni, come suggeriscono il mito dell’amante latino o l’intelligenza cinica dei personaggi dei film sulla mafia. Piace il territorio, con un clima straordinario, l’intero arco alpino meridionale, i grandi laghi del Nord Italia, le impareggiabili località turistiche marittime per 5.000 km, le isole e, soprattutto, con l’arte e la storia che infondono cultura umanistica diffusa, dai piccoli villaggi sperduti sugli Appennini alle bellissime città d’arte. Poi piace l’idea di visitare Roma, Venezia e Firenze: destinazioni da sogno per centinaia di milioni di persone che non vogliono limitarsi a leggere e studiare il Rinascimento italiano o le imprese della grande repubblica lagunare. Sono persone che hanno conosciuto l’Italia sui libri (e ora su internet) e che vorrebbero un’esperienza più concreta, anche se breve e magari un po’ superficiale, per avere un contatto più diretto con le grandi espressioni artistiche del passato. Si potrebbe continuare la lista delle attrazioni della destinazione nazionale più desiderata da una middle classe emergente in molti paesi del mondo, dalle destinazioni del turismo religioso a quello enogastronomico. Purtroppo, gli italiani e i suoi leader sembrano poco consapevoli dei vantaggi competitivi naturali del nostro paese, culla del mondo occidentale e splendido luogo naturale. Forse ce l’ha voluto ricordare anche Christine Lagarde quando all’apertura dell’ultimo anno accademico dell’Università Bocconi, ringraziando per il contributo decisivo del presidente Monti nella crisi del 2011, ha ricordato i suoi viaggi giovanili a Milano.

La comunità dei bocconiani partecipa a Expo 2015 con numerose iniziative per rendere concreto il suo impegno per la città dove è stata fondata e per il paese da cui proviene ancora oggi la maggior parte dei suoi studenti e docenti. L’impegno di un’istituzione culturale qual è l’Università Bocconi è anche sul piano delle idee per lo sviluppo socio-economico del suo principale ambiente di riferimento, l’Italia appunto. Di seguito vengono proposti alcuni contributi per elaborare e promuovere azioni concrete, in una logica di connessione tra teoria e pratica che contraddistingue Bocconi e la sua Scuola di Direzione Aziendale.

Il primo grande tema riguarda i grandi eventi come opportunità per lo sviluppo socio-economico e la riconfigurazione degli assetti produttivi. Su questo si è scritto molto, anche in questa rivista, ponendo l’accento sugli aspetti macro, il ritorno economico degli investimenti richiesti, e micro, le sfide e le criticità per le imprese e le istituzioni pubbliche. È un errore pensare che organizzare grandi eventi sia sempre positivo, come mostra il collegamento della crisi greca agli esorbitanti costi sostenuti dal governo di Atene per le Olimpiadi del 2004. Ma i grandi eventi possono effettivamente essere un’ottima opportunità per mobilitare risorse umane, immateriali e finanziare per un progetto. Se il progetto è buono, se le condizioni per realizzarlo ci sono, se effettivamente il grande evento serve a mobilitare in modo coordinato energie e risorse, la ricompensa può essere importante, come per diversi aspetti mostra l’esempio delle Olimpiadi invernali del 2006, che hanno permesso di contribuire alla trasformazione di Torino da città industriale a città con una vocazione più moderna, con arte e ricreazione al centro della sua nuova identità socio-economica e della sua immagine nel mondo.

Uno degli aspetti più critici dei grandi eventi è come sfruttare al meglio gli spazi e le strutture disponibili in una prospettiva di medio-lungo periodo. In termini concreti, rispetto a Expo 2015 questo significa chiedersi come utilizzare l’area espositiva da novembre in poi. La disponibilità di una grandissima area già in parte attrezzata e ben connessa alla città è un’opportunità unica, difficile da realizzarsi senza la spinta di un grande evento. Come proiettarla nel futuro richiede visione, progetti e imprenditorialità. Bocconi e la sua Scuola di Management daranno il loro contributo con docenti, start-up di studenti e alumni (circa 100.000 uomini e donne che hanno conseguito un titolo di studio dalla Bocconi) e attività di ricerca applicata, così importante per fare da cerniera tra metodo scientifico e problemi rilevanti in attesa di soluzioni concrete. Altre importanti istituzioni milanesi, lombarde e italiane faranno altrettanto con saperi e prospettive in parte diverse da quelle che caratterizzano Bocconi, che ha una vocazione principalmente economica e aziendale. Non mancheranno sicuramente idee, visioni e progetti. Ciò che veramente preoccupa è la regia di questo sforzo diffuso. Il mercato, inteso come libero incontro tra domanda e offerta di progetti imprenditoriali, farà sicuramente la sua parte, ma se non governato da una strategia generale rischia di creare un patchwork poco sostenibile nel lungo periodo, portando a un probabile fallimento generale. Come, con chi e con quale funzione delle istituzioni pubbliche svolgere questo ruolo di regia è probabilmente il nodo più critico del dopo Expo 2015.

L’esposizione mondiale è dedicata alla nutrizione, un tema che a molti è sembrato, e sembra tuttora, distante dalle grandi questioni socio-economiche del nostro tempo. Effettivamente si tratta di un tema non facile da comprendere se prevalgono modi superficiali, semplificati e settoriali di leggere le società contemporanee. È però un grandissimo tema trasversale alla vita di tutti e con implicazioni estremamente ramificate. Nella parte più affluente del mondo le ultime due generazioni hanno superato uno dei più grandi drammi sociali: la mancanza di cibo per sopravvivere. Ma è un’illusione ritenere che il raggiungimento di questo grande traguardo abbia reso secondario il tema della nutrizione. In fondo, tutti gli esseri sono quello che mangiano, nel senso biologico del termine. L’alimentazione determina in modo decisivo salute, capacità fisiche e intellettuali, aspetto fisico. Mangiare e bere sono attività umane essenziali per il benessere individuale, ma sono anche occasioni straordinarie di piacere, ricreazione e socializzazione. A tavola si fanno affari, riunioni di famiglia, dichiarazioni d’amore, proposte di matrimonio. La nutrizione è strettamente interconnessa a quasi tutte le sfere della vita sociale. Discutere, capire e conoscere la nutrizione non è quindi un tema specialistico come forse in molti ancora pensano. È molto di più.

L’approfondimento dei temi nutrizionali è anche una grande occasione per ricollegare l’economia a società e territorio. Il cibo viene principalmente dalla terra, con la sua storia e le sue tradizioni, così varie e ricche in Italia. È quindi occasione per valorizzare il nostro paese tramite la concretezza del mangiare e bere, dei sensi che queste due azioni naturali attivano. Il cibo è anche simbolico e artistico come mostra la crescente popolarità dei grandi chef, il successo di Eataly, l’affermazione di tante micro-imprese specializzate in produzioni locali e il lusso diffuso anche in questo ambito. Ripensare all’economia italiana partendo dalle filiere alimentari e dal loro collegamento a storia, arte e cultura è un’occasione straordinaria per creare un’identità neoindustriale del nostro paese inclusiva della piccola imprenditorialità diffusa (come in agricoltura, turismo e ristorazione) e delle grandi industrie alimentari come Barilla e Ferrero.

Al contempo la nutrizione è un tema globale che riguarda mercati, commercio, protezionismo, sostenibilità ambientale, biodiversità e povertà. Expo è quindi anche un grande forum globale per comprendere meglio la globalizzazione e i suoi impatti e in cui il tema della fame e della malnutrizione nei paesi poveri, e in alcuni contesti anche in quelli ricchi, sarà occasione per mettere a prova l’ingegno e l’impegno di manager, leader politici e intellettuali e per dare risposte a situazioni ancora drammatiche per miliardi di persone.

Per sei mesi Milano è al centro del mondo per la sua esposizione. È una grande occasione ed è necessaria piena consapevolezza del suo valore per sfruttare tutte le opportunità che essa può produrre e per favorire l’internazionalizzazione profonda delle nostre istituzioni, pubbliche e private, su un tema così bello e così strategico per l’economia e la società italiana.