E&M

1999/6

Claudio Dematté

La grande partita della liberalizzazione

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A dispetto delle tante parole dette e scritte, ancora troppo poche persone – fra quelle che ricoprono posizioni di responsabilità e di influenza – hanno colto il carattere profondamente riformista, modernizzatore, per non dire rivoluzionario della liberalizzazione. Gli stessi imprenditori e i dirigenti delle imprese private, che pure a parole sono fra i principali paladini della liberalizzazione, negli atti concreti palesano titubanze, contraddizioni e spesso scarsa comprensione delle grandi opportunità di nuovi business da essa dischiuse. Viene da dire che la nostra classe imprenditoriale – fortunatamente con qualche eccezione – sta perdendo una grande occasione proprio perché non riesce ad apprezzare appieno il potenziale di innovazione e di miglioramento che si prospetta nei settori chiusi quando vengono aperti alla concorrenza. Le continue acquisizioni estere di imprese liberalizzate confermano questa preoccupazione.

Per questi motivi mi sembra utile ritornare sul tema, pur avendolo già discusso in più occasioni. Questa volta lo affronterò attraverso un ragionamento a cascata di questo tenore: anzitutto attraverso un richiamo agli effetti che normalmente una situazione di monopolio – a maggior ragione se pubblico – produce sulla collettività e sui comportamenti di impresa; poi mostrando che la liberalizzazione, anche se non fosse da noi condivisa, è un percorso irreversibile perché contenuto nel DNA dell’Unione Europea, oltre che nella travolgente dinamica della tecnologia; posto che la questione non è se liberalizzare o non liberalizzare, ma se farlo prima dopo, dimostrerò che è nell’interesse comune anticipare il processo, piuttosto che giungere in ritardo; infine mostrerò che liberalizzare è tutt’altro che semplice, comportando sia la mobilitazione di una forte volontà politica per vincere le resistenze degli interessi costituiti, sia la costruzione di un complesso impianto istituzionale e normativa, specie nei settori caratterizzati da elementi di monopolio naturale e da barriere tecnologiche all’entrata, che traduca il libero accesso in un effettivo dispiegamento di meccanismi concorrenziali.


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