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28/03/2025 Sandro Castaldo

Come conquistare la massima fiducia

Per avere successo, non basta più solo innovare e offrire prodotti nuovi: è fondamentale conquistare la fiducia dei clienti, perché è la fiducia che li porta a restare fedeli nel tempo. Per riuscirci, le aziende devono andare oltre i vecchi modelli di business e adottare un approccio più etico e responsabile, che non solo rafforzi il rapporto con i clienti, ma che contribuisca anche al benessere della società.

Stiamo attraversando un periodo molto incerto a livello sia economico sia sociale, in cui le tensioni sul piano politico internazionale si associano a consumi stagnanti. Nonostante il rallentamento dell’inflazione, negli ultimi tre anni l’aumento dei prezzi dei beni di consumo ha ridotto il potere di acquisto delle famiglie, già messo sotto pressione dal caro energia e dall’incremento dei costi dei finanziamenti. In questo contesto di incertezza, instabilità e limitata disponibilità economica da parte dei consumatori, la domanda tende a privilegiare il risparmio, come dimostra la rapida espansione delle offerte orientate alla convenienza: in Italia, come in tutta Europa, nel settore della distribuzione il discount continua a crescere, arrivando nel nostro Paese a superare la quota detenuta dagli ipermercati. Il proliferare delle offerte concorrenti e la maggiore sostituibilità tra prodotti e servizi favorita dalla tecnologia rendono sempre più difficile acquisire nuovi clienti. Per far fronte a una concorrenza sempre più aggressiva, le imprese devono focalizzarsi non solo sulla ricerca di soluzioni innovative, spesso legate alla trasformazione digitale, ma anche sul mantenimento delle relazioni con i clienti acquisiti, investendo nella costruzione della fiducia.


Il valore della fedeltà

La fedeltà contribuisce a stabilizzare le relazioni con i clienti aumentando il valore economico dell’impresa (Castaldo, 2024) e si manifesta come un comportamento specifico dell’acquirente, in cui il riacquisto sistematico è motivato dall’esistenza, nel suo sistema cognitivo, di un significativo stock di fiducia nei confronti dell’impresa. Oltre alla definizione del costrutto, vanno indagati due ulteriori aspetti particolarmente critici ai fini della gestione della customer loyalty. Prima di tutto, deve essere smarcato il tema della sua misurazione, approfondito dal Focus di questo numero. È risaputo, infatti, che solo mediante una precisa quantificazione del livello di fiducia e fedeltà è possibile verificare il reale effetto delle iniziative di loyalty management e la loro eventuale riprogettazione. In assenza di adeguati sistemi di misurazione non risulta possibile, infatti, né comprendere i risultati delle iniziative aziendali né migliorare l’articolazione delle future azioni di loyalty management.

Bisogna infine indagare il nesso esistente tra la customer loyalty e il valore economico generato dall’impresa. Infatti, l’attenzione riservata al costrutto e l’entità delle risorse cognitive e finanziarie dedicate alla comprensione, misurazione e sviluppo della fiducia e della fedeltà sono giustificabili solo se, a fronte dei programmi di loyalty management, si verifica un accrescimento del valore economico generato dall’impresa. L’articolo introduttivo del Focus a cura di Bruno Busacca e Giuseppe Bertoli si propone proprio di dimostrare la correlazione esistente tra fedeltà dei clienti, consistenza e durata dei flussi di reddito, ed entità dei tassi di attualizzazione, evidenziando come all’accrescersi del livello di fedeltà del portafoglio clienti corrisponda un aumento del valore del capitale economico dell’impresa. Una successiva analisi della letteratura e una ricerca empirica su un campione di imprese permettono di verificare lo stato dell’arte negli studi e nella pratica manageriale in merito alla gestione e misurazione della loyalty.

 

Costruire fiducia

L’ingrediente fondamentale della customer loyalty è costituito dalla fiducia, un concetto assai complesso e sfaccettato, che assume molteplici significati (Castaldo, 2007; Castaldo, Premazzi, Zerbini, 2010). Coerentemente, la letteratura ha definito la fiducia in modi diversi, puntando su tre ingredienti di fondo – le aspettative, la convinzione, e l’atteggiamento.

Le aspettative si riferiscono alla presunzione circa la volontà manifestata dal trustee (il soggetto di cui ci si fida) di mantenere le proprie promesse e di adempiere alle proprie obbligazioni. In una relazione di fiducia ci si aspetta, in particolare, un comportamento della controparte facilmente prevedibile (Zaheer, McEvily e Perrone, 1998), coordinato e collaborativo, eticamente corretto (Hosmer, 1995), e che conduce a un risultato favorevole per il trustor (ossia colui che si fida), evitando il caso di azioni opportunistiche in cui il trustee sfrutti la vulnerabilità del trustor a proprio vantaggio.
La convinzione (belief) si fonda su un giudizio e sull’esperienza diretta o indiretta maturata sulla controparte, e sottintende una forte e motivata credenza circa l’affidabilità delle promesse formulate dalla controparte e al fatto che questa, perciò, adempia agli impegni assunti.

L’atteggiamento è uno stato di prontezza mentale all’azione in risposta a uno stimolo (readiness to respond), ed esercita una profonda influenza sul comportamento degli individui. La dimensione concettuale dell’atteggiamento di fiducia si interpone tra convinzioni, sentimenti, e valori – da un lato – e comportamenti che scaturiscono dall’atteggiamento di fiducia – dall’altro – e indica la dimensione situazionale, in cui la fiducia diventa un elemento fluttuante, influenzato da fattori contestuali (Scott, 1980).

Questi elementi possono essere inseriti in una catena logica e sequenziale: in sintesi, si può sostenere che le convinzioni costruiscano, insieme al feeling, ai valori e alle conoscenze personali, le fondamentali componenti degli atteggiamenti. Questi a loro volta sono alla base delle intenzioni ad agire e, di conseguenza, del comportamento d’acquisto.

 

Gli step di accrescimento della fiducia relazionale

Se si sposta ora l’attenzione dal trustor (colui che si fida, il cliente), per chiedersi come il trustee (l’oggetto della fiducia, ossia l’impresa) possa agire sulla creazione di fiducia, si può osservare come quest’ultima sia fondata sull’esperienza passata degli individui e sulla qualità delle interdipendenze manifestate tra di loro. Il trascorrere del tempo e la durata della relazione incidono generalmente sul livello di fiducia esistente tra le parti. Con il passar del tempo muta non solo la quantità di fiducia nella relazione, ma anche la qualità e le caratteristiche stesse del costrutto fiduciario. Proprio per questo motivo si è tentato di incorporare il trascorrere del tempo e lo stadio del ciclo di vita della relazione nell’ambito dei modelli interpretativi.

Lewicki e Bunker (1995; 1996), hanno proposto un modello dinamico che propone tre tipologie di fiducia in una sequential iteration nella quale il raggiungimento di un determinato stadio permette lo sviluppo della fiducia allo stadio successivo. Assumendo che due parti stiano avviando una nuova relazione, viene proposto un modello evolutivo a tre stadi. Nel primo step, definito calculus-based trust, la fiducia è vista nella prospettiva di un’analisi costi-benefici, il cui valore è determinato dal confronto tra i risultati derivanti dal proseguimento della relazione e i costi di mantenimento. In questa fase la fiducia è abbastanza fragile e la metafora utilizzata per descriverla è quella del gioco dell’oca: la relazione evolve gradualmente e appena si verifica un evento “inconsistente” può arretrare di parecchi step o ritornare al punto di partenza.

Il secondo stadio è costituito dalla knowledge-based trust, vale a dire la fiducia fondata sulla predicibilità del comportamento altrui: essa dipende fondamentalmente dalle informazioni assunte in merito alla controparte e dalla continuità delle interazioni fondate su un regolare flusso di comunicazione. Metaforicamente lo sviluppo di questo tipo di fiducia è assimilabile al “giardinaggio”.

L’ultimo stadio è rappresentato dall’identification-based trust, che si manifesta allorquando vi sia un pieno riconoscimento nei desideri e nelle intenzioni dell’altro, tanto da agire per conto altrui in modo addirittura più zelante di quanto l’altro potrebbe dimostrare. In questo stadio si attiva un apprendimento definito “di secondo ordine”, che consente a una parte di comprendere in assenza di precise informazioni che cosa interessa all’altra e di associare la medesima importanza ai comportamenti considerati rilevanti dalla controparte. È questa la Massima Fiducia (Peppers e Rogers, 2012). La metafora utilizzata a tal proposito è quella dell’armonizzazione musicale delle orchestre, ove la singola parte si adatta al concetto “think like the other, feel like the other, and respond like the other”, incorporando parte della psiche della controparte nella propria, in una specie di identità collettiva. Si tratta di una fiducia incondizionata, che rappresenta quello stato in cui le controparti abbandonano ogni “sospensione di giudizio”, perché ormai la relazione si fonda su valori condivisi, appresi in seguito a successive interazioni. In questo caso, l’impresa è in grado di svincolare la relazione fiduciaria da obiettivi e prestazioni specifiche, ampliando così la gamma della relazione. Questa è la tipologia di fiducia più estensibile a nuovi business: svincolata da contenuti e prestazioni specifiche, l’impresa che è riuscita a sviluppare tale tipologia di fiducia è in grado di agire in luogo e per conto del cliente in campi assai diversificati.

L’estensione va però realizzata con estrema attenzione, perché tale tipologia di fiducia, proprio perché fondata su valori e identità comuni, è caratterizzata da un’elevata fragilità. Anche piccoli tradimenti sul piano dei valori possono mettere in pericolo l’oramai consolidato rapporto fiduciario.

 

Ottenere la massima fiducia: La super-erogation

La trustability di un individuo o impresa è dunque fondata sulla sua capacità di essere meritevole di Massima Fiducia. Per ottenerla l’impresa deve comportarsi da customer advocate (avvocato del cliente, mettendosi dalla sua parte) e non semplicemente come un attore che mantiene le proprie promesse. È come andare oltre il “compitino ben fatto”, conquistando una sorta di meta-fiducia, di allure fiduciaria. L’impresa che semplicemente rispetti le leggi e faccia le cose per bene, non è per questo un’impresa degna della Massima Fiducia. Lo diventa solo nel momento in cui si comporta andando oltre, preoccupandosi del prossimo, dell’impatto ambientale del suo operato (oltre le leggi vigenti), delle esigenze implicite della comunità a cui fa riferimento, della solidarietà, di adempiere ai valori ultimi dell’agire umano. La normale affidabilità si ha quando l’impresa è in grado “semplicemente” di mantenere le proprie promesse con riferimento a un compito specifico e circoscritto. La trustability, invece, si riferisce a una fiducia più astratta e valoriale, che fa parte del DNA aziendale e consente al trustor di pensare che il trustee in qualsiasi situazione possa immedesimarsi negli interessi dell’altro, senza la necessità di verificare ogni volta l’esecuzione del compito. Peppers e Rogers (2012) coniano il termine trustability per sintetizzare questa forma estrema di fiducia: il significato che vi è associato è quello della “affidabilità proattiva”. Trustability rappresenta quindi una forma più elevata di affidabilità, la Massima Fiducia, appunto.

La filosofia dell’etica ha coniato un termine molto utile per interpretare questo stadio della fiducia: super-erogation (Tencati, Misani e Castaldo, 2020). Il sostantivo è generalmente utilizzato per indicare le azioni che vanno oltre ciò che è indicato come “il dovere”. L’etimologia di super-erogare (fare di più) riporta alla parabola del buon samaritano, il cui comportamento va oltre il rispetto delle leggi e le norme del culto. La super-erogazione, cioè l’adozione di azioni positive che sarebbe possibile non intraprendere senza conseguenze negative, si propone pertanto come un comportamento di livello superiore, che va oltre il dovere.

È utile ribadire che è arrivato il momento di superare i paradigmi di business tradizionali e sostenere la Massima Fiducia come una via obbligata per le imprese (e non solo!), un loro nuovo “dovere” per ricostruire una nuova morale economica, un nuovo modo di interpretare i comportamenti aziendali e le relazioni con gli stakeholder, proponendosi come un positivo esempio da seguire per le altre imprese, le istituzioni, i consumatori e la società nel suo complesso.


Riferimenti bibliografici

Castaldo, S. (2007). Trust in Market Relationships, Edward Elgar, Cheltenham.

Castaldo, S. (2024) (a cura di). La fedeltà del cliente. Teoria, misurazione e gestione, Egea, Milano.

Castaldo, S., Premazzi, K., Zerbini, F. (2010). “The meaning (s) of trust. A content analysis on the diverse conceptualizations of trust in scholarly research on business relationships.” Journal of Business Ethics, 96(4), 657-668.

Hosmer, L.T. (1995). “Trust: The Connecting Link Between Organizational Theory and Philosophical Ethics.” Academy of Management Review, 20 (2), pp. 379-403.

Lewicki, R.J., Bunker, B.B. (1995). “Trust in Relationship: A Model of Trust Development and Decline.” in Bunker, B.B. e Ruben, J.Z. (eds.) Conflict, Cooperation, Justice, Jossey-Bass, San Francisco, CA.

Lewicki, R.J., Bunker, B.B. (1996). “Developing and Maintaining Trust in Work Relationships.” in Kramer, R.M. e Tyler, T.R. (eds.) Trust in Organizations: Frontiers of Theory and Research, Sage Publications, Thousand Oaks, California, pp. 114-139.

Peppers, D., Rogers, M. (2012). Massima Fiducia, Egea, Milano.

Scott, C.L. (1980). “Interpersonal trust: A comparison of attitudinal and situational factors.” Human Relations, 33(11), 805-812.

Tencati, A., Misani, N., Castaldo, S. (2020). “A Qualified Account of Supererogation: Toward a Better Conceptualization of Corporate Social Responsibility.” Business Ethics Quarterly, 30(2), 250-272.

Zaheer, A., McEvily, B., Perrone, V. (1998). “Does Trust Matter? Exploring the Effects of Inter-organizational and Interpersonal Trust and Performance.” Organization Science, 9 (2), pp. 141-159.


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