Finanza & Real Estate

28/05/2019 Andrea Beltratti, Alessia Bezzecchi

Cosa si chiede oggi al wealth manager

La pluralità di nuovi strumenti utilizzabili sia nel portfolio management sia nell’interazione con i clienti promette di ridisegnare la mappa delle aziende vincenti e perdenti nei prossimi anni

Il settore dell’asset/wealth management è in una fase di profonda trasformazione. Si prevede che i ricavi non cresceranno nel prossimo triennio anche a causa della pressione sulle commissioni di gestione. Negli USA il costo medio dei fondi obbligazionari e azionari è sceso da 0,76 e 0,99 per cento nel 2000 a rispettivamente 0,48 e 0,59 per cento (Investment Company Institute). Il trend è diventato più forte recentemente: il primo agosto del 2018 Fidelity ha avviato una vera e propria guerra commerciale proponendo al mercato la vendita di due fondi indicizzati del mercato con commissioni nulle. Come accade da qualche tempo a questa parte quando Amazon annuncia l’ingresso in nuovi settori, l’annuncio ha provocato cali dei prezzi di borsa compresi tra il 7 e il 9 per cento per gli asset manager quotati negli Stati Uniti. Peraltro, l’asset manager americano ha potuto azzerare le commissioni grazie anche alla possibilità di utilizzare benchmark proprietari per i due fondi, elemento importante di riduzione del costo. Un’azione di valenza primariamente commerciale e apparentemente incomprensibile ha invece senso se valutata alla luce delle opportunità offerte dal miglior sfruttamento della catena del valore.

Analisi del cliente e tecnologia sono gli elementi, in forte interrelazione tra di loro, cruciali per comprendere la dinamica evolutiva dei modelli di business delle aziende che operano nel settore dell’asset/wealth management. Vediamo perché. Nei moderni approcci alla gestione aziendale il cliente è al centro dell’attenzione del management, e l’organizzazione deve agire in modo coerente per comprenderne le esigenze. Nel settore dell’asset/wealth management l’ascolto del cliente deve andare oltre le semplici analisi di profilazione, oggi rese ancora più complesse dalla nuova normativa MiFID II e dalla connessa necessità di legare in modo esplicito i prodotti e i clienti (target market), per instaurare una relazione di lungo periodo. Non basta però comprendere le esigenze del cliente. Quando è possibile, il momento di acquisto deve essere trasformato in un’esperienza di consumo. L’approccio al cliente seguito nel mondo del lusso può rappresentare un modello di riferimento? I top manager dell’industria finanziaria intervenuti all’Education Lab sulla Business Transformation condotto nell’ambito della Allfunds Academy ritengono in maniera unanime che ci siano molti elementi di somiglianza, e che il mondo finanziario debba comunicare di più e meglio con i clienti, in particolare con le fasce che sono state storicamente trascurate, tra cui i giovani. Nella comunicazione non ci si può dimenticare di elementi sociali che vanno al di là dell’andamento dei mercati, e comprendono le mutevoli preferenze degli investitori, che vengono espresse anche in funzione della rilevanza dell’età (i millennial hanno preferenze e modalità di acquisto, oltre che livelli medi di patrimonio, diversi dalle generazioni più anziane), della distribuzione del patrimonio (con la crescente tendenza alla concentrazione del reddito e del patrimonio che crea occasioni per i wealth manager i quali devono adattare il loro modello di servizio a un pubblico con esigenze molto variegate), della sensibilità a temi sociali (la recente ascesa dell’interesse verso tematiche ESG, environment social e governance, mostra come cambiano le preferenze e suggeriscono ad asset e wealth manager la rilevanza di ripensare le strategie di creazione di prodotti anche per sottolineare il loro ruolo centrale nell’allocazione sociale delle risorse).

La tecnologia è una risorsa fondamentale in questo nuovo approccio, sia perché crea nuovi canali di interazione, sia perché il continuo miglioramento di efficienza nel trattamento dei dati, grazie a tecniche come l’intelligenza artificiale e il machine learning, aiuta le attività di portfolio management. Algoritmi sempre più sofisticati e macchine sempre più potenti consentono non solo di immagazzinare e utilizzare quantità più ampie di dati, ma anche di creare nuovi dati. Si possono studiare informazioni completamente nuove grazie all’utilizzo di testi provenienti dalle attività degli individui, tra cui le scelte di consumo monitorate da telecamere e smartphone, le attività di interazione sui social, le attività di ricerca di informazioni. Anche per le società di asset/wealth management quello che conta oggi è l’apprendimento continuo dei comportamenti dei clienti (l’analisi delle preferenze rilevate) che suggerisce modalità per meglio comprendere i gusti e la loro evoluzione.

La digitalizzazione incide profondamente sulle scelte relative alle risorse umane, modificando la composizione tipica dei team di gestione, che in misura crescente vedono aumentare il peso relativo di figure con competenze di data scientist e quant piuttosto che di trading in senso stretto. L’ulteriore evoluzione degli algoritmi potrà in futuro allargare ulteriormente l’ambito dell’operatività eseguita in modo automatico, in modo da consentire ai trader umani di dedicare più tempo alle operazioni che sono meno standardizzabili per esempio per la necessità di operare in un mercato poco liquido o per l’ampia dimensione delle transazioni. La gestione della tecnologia non è però facile in azienda: si può decidere di creare un’unità specifica di data analysis e innovazione oppure si può chiedere ai data scientist di lavorare nell’ambito degli stessi team manageriali. Nessuna soluzione sembra essere la migliore, dato che consentire ai data scientist di lavorare in maniera indipendente può consentire maggiore disruption complessiva per l’organizzazione, superando la naturale tendenza dei manager a gestire il quotidiano. D’altra parte mischiare nell’operatività manager e data scientist può consentire a entrambe le figure un cambio di mentalità e la possibilità di trovare soluzioni innovative a problemi specifici.

La tecnologia quindi introduce elementi di incertezza, perché le crescenti opportunità sono associate a un aumento del rischio idiosincratico per ogni singola azienda, che può perdere la gara competitiva se non investe abbastanza in tecnologia e/o è sfortunata e sceglie le soluzioni sbagliate. La pluralità di nuovi strumenti utilizzabili sia nel portfolio management sia nell’interazione con i clienti promette di ridisegnare la mappa delle aziende vincenti e perdenti nei prossimi anni. La vitalità dell’M&A nel mercato degli asset manager è testimonianza della ristrutturazione silenziosa in cui le acquisizioni difensive, attuate principalmente per risparmiare costi e sfruttare le economie di scala, si mischiano con l’interesse per le boutique specialistiche con prodotti a elevato valore aggiunto. Oggi più che mai, e forse paradossalmente data la fase di estrema incertezza di business e di mercato, la strategia importante per governare la business transformation: resistere alla tentazione di gestire tatticamente il day-by-day è forse la sfida principale per i manager. 

 

(Andrea Beltratti è professore all’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management

Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE))

MFR 3 2017