Finanza & Real Estate

11/01/2022 Andrea Beltratti, Alessia Bezzecchi

Sustainable Social Finance & ESG investing

Sostenibilità economica, rispetto dei criteri ESG e visione di lungo periodo sono i pilastri dell’attività di impresa e degli investimenti. Al centro di tale attività, l’attore indiscusso è la finanza, cinghia di trasmissione essenziale per far funzionare la nostra società. Per questo motivo, nei prossimi mesi la Commissione Europea giocherà una partita importante nella finalizzazione della tassonomia dei parametri ESG, affinché questi possano essere integrati nell’analisi economico-finanziaria quale fattore critico di successo per la creazione del benessere collettivo.

Il ruolo dei Sustainble Development Goals nel perseguimento della sostenibilità da parte di tutti gli stakeholder ha reso urgente e necessaria la codificazione e la relativa misurazione dei criteri ESG in una visione olistica degli investimenti e della finanza. La forte eterogeneità dei rating delle principali agenzie internazionali rischia di confondere le aziende e gli investitori ostacolando il perseguimento di azioni mirate al raggiungimento della sostenibilità. Il lavoro della Commissione Europea sulla definizione della tassonomia è più avanzato per la dimensione «E-Enviromental» con l’obiettivo di completarla e finalizzarla con la dimensione «S-Social» entro il 2022. L’ipotesi di una classificazione ufficiale dell’impatto delle nostre attività con una visione olistica su ambiente, società ed economia, toglie una scusa e mette tutti davanti alle proprie responsabilità. Il lavoro svolto è importante ma la partita che si preannuncia più difficile è l’esplorazione della dimensionale della sostenibilità sociale.

Sostenibilità, capitale ambientale e capitale sociale

La sostenibilità è un concetto ampio (migliorare il nostro benessere senza ridurre quello delle generazioni successive), di cui tutti parlano intendendo spesso cose diverse. Ognuno di noi vorrebbe lasciare ai figli qualcosa di diverso, particolare e unico. È quindi utile partire ricordando che cosa ci dice la teoria economica, che ha posto la sostenibilità al centro dell’attenzione sin dagli anni Settanta, quando ci si rese conto delle carenze del PIL come misura del progresso economico e ci si iniziò a chiedere come creare un indicatore di attività economica più allineato alla variazione del benessere. La risposta è molto generale ma evidenzia la strada per pervenire a strumenti operativi: in primo luogo, bisogna identificare tutte le forme di capitale utili, direttamente e indirettamente, al benessere; in secondo luogo, bisogna osservarne la dinamica tramite indicatori rilevanti e, se possibile, stabilire un prezzo e misurare il contributo al prodotto interno lordo. In questo momento siamo nel mezzo di queste due fasi, a metà di un percorso che, al suo termine, rivoluzionerà il nostro modo di leggere i dati economici e quindi modificherà le scelte di consumatori e produttori.

La tassonomia ambientale

L’attenzione per il capitale ambientale si è ampliata nel tempo, partendo dall’osservazione dei danni causati dall’attività economica. La lista si è via via ampliata: inquinamento, dispersione della plastica, riduzione della bio-diversità, danni all’ozono, emissioni di CO2. La soluzione per ridurre la lista è evidenziare quali attività fanno male all’ambiente. Che cosa emette più CO2? In che modo si inquina? Una lunga serie di domande ci porta a identificare le attività economiche (e i nostri comportamenti di consumo) dannosi. La tassonomia è quindi la rappresentazione ufficiale del nostro stato di conoscenza. Una tassonomia pubblica in competizione con quelle private ha senso, contrariamente alla emissione di un rating pubblico sul merito di credito. Quest’ultima attività equivale a dare una pagella a se stessi. La tassonomia ambientale implica una pagella sulla nostra capacità di non danneggiare uno stakeholder silente e indifeso (ma solo sino a un certo punto, secondo l’ipotesi-Gaia degli anni Settanta).

La tassonomia sociale

È molto più difficile fare la graduatoria dell’impatto sul capitale sociale. In primo luogo, la ricerca su che cosa sia il capitale sociale è molto meno sviluppata di quella sul capitale ambientale. In secondo luogo, l’eterogeneità delle preferenze degli individui è da sempre uno dei principali ostacoli all’individuazione delle politiche pubbliche più utili alla società. In terzo luogo, è in genere ambiguo determinare la relazione tra attività economica e finanziaria e capitale sociale. Tutti concordano sul fatto che sia necessario sviluppare l’economia per consentire di essere attivi sul mercato del lavoro, per avere indipendenza economica e un senso di soddisfazione e appartenenza; tutti concordano quindi sulla rilevanza delle imprese come unità giuridicamente organizzata in grado di creare valore e soprattutto lavoro. Ma siamo molto meno conconrdi sul come porre vincoli all’attività d’impresa per poterla definire come «socially viable». Intraprendere azioni positive è più difficile che imporre divieti, specialmente quando non esiste accordo totale su dove si vuole andare. L’Unione Europea ha diffuso una bozza di tassonomia sugli aspetti sociali procedendo su due dimensioni:

  • una verticale, intesa a promuovere adeguati standard di prodotti e servizi per le necessità di base delle persone (abitazione, alimentazione, educazione ecc.) e implementazione di infrastrutture base (trasporti, telecomunicazione, inclusione finanziaria ecc.). Le iniziative economiche che rendono questi prodotti e servizi più diffusi e accessibili e lo fanno senza danneggiare altri obiettivi sociali, possono essere considerate «socialmente sostenibili;
  • una orizzontale, intesa come misurazione degli impatti delle iniziative economiche su diversi gruppi di persone che ne risultano coinvolte (lavoratori, utenti, comunità).

Come misurare il lavoro dignitoso, il rispetto delle regole, la trasparenza, la creazione di capitale umano, l’impatto sulla salute fisica e mentale? Ecco la grande occasione per far tornare al centro del dibattito l’economia, e per ritagliare alle aziende un ruolo centrale nel determinare le regole di funzionamento dei prossimi decenni.

Investimenti, finanza e tassonomia sociale

Neanche la comunità finanziaria internazionale può assistere passiva a questo dibattito, sia per motivi etici (essere buoni cittadini del mondo significa innanzitutto partecipare ai dibattiti rilevanti) sia per motivi del tutto egoistici. Come la protagonista della celebre canzone di David Bowie sulla vita su Marte, abbiamo già visto il film almeno 10 volte: il grande dibattito porta alla stesura di obiettivi che conducono alle azioni che diventano regolamenti e obblighi per le aziende. Imprese, banche, assicurazioni e asset manager stanno diventando i guardiani dell’ambiente e, tra cinque anni, rischiano di diventare i guardiani della vita sociale. Ecco perché la finanza non morirà mai: è la cinghia di trasmissione essenziale per far funzionare la nostra società, dallo scambio di conchiglie delle società primitive allo scambio di bitcoin di oggi.

Investimento Sostenibile e Responsabile (SRI) nella visione olistica della finanza

Nella definizione di Investimento Sostenibile E Responsabile (SRI) si evidenzia come «l’attività di impresa e l’investimento sostenibile mirano a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso attraverso una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo». Tre quindi gli elementi fondamentali: la sostenibilità economica (creare valore economico e finanziario garantendo rendimenti attesi agli investitori nel rispetto degli interessi di tutti gli stakeholder); l’ESG compliant; la durata, cioè la strategia di medio-lungo periodo.

I parametri di misurazione e analisi sociale, ambientale e di buon governo sono pilastri e devono essere integrati nell’analisi economico-finanziaria quale fattore critico di successo per la creazione del benessere collettivo. Sustainable Social Finance & ESG Investing è il tema core di analisi e riflessione dell’Executive Master in Finance 2022 di SDA Bocconi che cercherà di contribuire al grande dibattito della finanza sociale con una visione olistica della sostenibilità, inquadrandola da molteplici angoli di visuale del progetto didattico e dei track di specializzazione: da Corporate Finance & Control a Banking, da Asset/ Wealth Management a Real estate.

 

Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management.

Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE).

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