Finanza & Real Estate

22/11/2020 Andrea Beltratti, Alessia Bezzecchi

SESG per l’asset/wealth management e il real estate

La sostenibilità è il nuovo paradigma che richiede di reinterpretare i fattori ambientali, sociali e di governance sia per le attività di asset/ wealth management sia per il real estate. Nel mondo, gli asset gestiti sulla base di criteri ESG sono pari a 40 trilioni di dollari. L’attenzione per tali criteri assume dunque un ruolo preponderante in entrambi i settori.

«Non ereditiamo il mondo dai nostri genitori, ma lo prendiamo a prestito dai nostri figli» è una frase usata così tante volte nei report ufficiali (un famoso esempio è il Bruntland Report del 1987 dal titolo Our common future) da non essere attribuibile in maniera certa a qualche grande pensatore. Si tratta di uno dei modi più efficaci per descrivere in maniera intuitiva e comprensibile il concetto di sostenibilità. Avere un capitale e non eroderlo, ma accudirlo e farlo crescere in maniera graduale nel tempo. E qual è il capitale più prezioso per tutti noi, specie nel «villaggio globale» in cui viviamo? Il pianeta. Pensarci in termini di sostenibilità aiuta a prevenire il senso di impotenza comunicato da David Bowie nel 1969 quando cantava «Planet Earth is blue and there’s nothing I can do». Ma qual è esattamente la rilevanza della sostenibilità per i fattori Environmental, Social and Governance (ESG), e in che modo l’idea di Sustainable ESG (SESG) influenza le decisioni nell’asset/wealth management e nel real estate?

Sostenibilità, ESG e narrativa sociale

Una ricerca eseguita in riferimento all’acronimo ESG su Google Books Ngram Viewer – motore di ricerca che riporta la percentuale di libri e pubblicazioni appartenenti al database di riferimento che contengono il termine in questione – mostra una crescita costante per il periodo 1950-2019, con un’impennata nel corso degli ultimi cinque anni, in cui l’utilizzo del termine quasi raddoppia. Ancora più popolare (35 volte più popolare, per l’esattezza) è «sustainability». Un tale aumento di interesse rientra a tutti gli effetti nell’ambito delle «narrative economiche» studiate da Shiller, cioè quei fenomeni sociali in grado di influire sui comportamenti delle persone influenzando le sorti delle economie e delle aziende[1]. Proprio per questo, le imprese di qualsiasi settore devono essere sempre più attente a tali tematiche. Indipendentemente dal convincimento di chi controlla l’azienda, il passaporto di buona cittadinanza sociale passa sempre di più attraverso l’analisi di impatto su elementi che fino a qualche anno fa non facevano parte della cultura aziendale.

SESG

Parlare di SESG è cruciale per tenere conto delle conseguenze di lungo periodo di qualsiasi scelta si faccia e per inquadrare correttamente i costi immediati degli sforzi di miglioramento dei fattori ESG, con i benefici correnti ma anche nel futuro, integrando il tutto nella logica di sostenibilità.

La possibilità che azioni che favoriscano le componenti ESG siano in contrasto con la crescita economica è stata purtroppo confermata dalla pandemia globale. Specialmente nella seconda fase della diffusione del virus è apparso evidente come le scelte per la protezione della salute possano confliggere con il mantenimento del reddito per molte categorie di cittadini e richiedano un dibattito approfondito sul valore della vita umana e sulle conseguenze sul lungo periodo delle attuali restrizioni e sugli impatti della riduzione di risorse economiche sulle persone.

Più in generale, in una prima fase può essere facile conciliare tutti e quattro gli elementi del SESG, dal momento che si proviene da un lungo periodo in cui la ricerca dell’efficienza economica può aver trascurato gli impatti delle modalità di produzione e di consumo. I margini di arbitraggio che sono associati al mantenimento, o addirittura al rafforzamento, della crescita economica, assieme alle misure che migliorano gli aspetti ambientali, sociali, di governance possono inizialmente portare a ignorare l’esistenza di un trade-off a livello aziendale e sociale. «Doing well by doing good» diventa però sempre più difficile, e la potenziale contraddizione tra le scelte che riducono le esternalità negative e quelle che si orientano unicamente alla crescita economica può emergere in maniera sempre più rilevante. Riteniamo che nell’ottica di lungo periodo un tassello essenziale stia nella misurazione: prendere sul serio ESG significa anche innovare nelle modalità di registrazione dell’attività economica, spostando l’attenzione dal PIL per tenere conto del valore, di mercato o figurato, delle componenti ambientali, sociali, di governance.

SESG per l’asset/wealth management e il real estate

In che modo l’attenzione per SESG impatta due settori cruciali come asset/ wealth management e real estate? In maniera molto rilevante, a nostro modo di vedere. Nel mondo, gli asset gestiti sulla base di criteri ESG sono pari a 40 trilioni di dollari e rappresentano la metà del potenziale, stimabile come il valore degli asset (100 trilioni di dollari) gestiti da istituzioni che hanno firmato i Principle for Responsible Investing[2].

Quello che è ancora più rilevante dal punto di vista degli impatti specifici è la corsa delle principali agenzie di rating e di information company mondiali a fornire rating ESG, non solo per aziende pubblicamente quotate sui listini ma anche per le aziende non quotate. La corsa al rating esercita un impatto rilevante sulle aziende finali, e può pesantemente modificarne i comportamenti. Peraltro, esiste ancora molta eterogeneità sui rating: la stessa azienda può quindi essere valutata in maniera molto diversa dai diversi sistemi di valutazione a causa del disaccordo sulle misurazioni delle varie caratteristiche che contribuiscono a identificare i fattori ESG. Includere in maniera importante anche elementi di sostenibilità potrebbe quindi far divergere ancora di più i rating, data l’ambiguità che caratterizza il termine.

Nel real estate si è partiti ormai da molto tempo con le certificazioni ambientali degli immobili come la Leadership in Energy and Environmental Design (LEED) che adesso sta evolvendo per tenere conto del benessere di chi abita i building (certificazione WELL). Le ricerche accademiche mostrano che gli immobili con certificazioni ambientali consentono di «doing well by doing good». In un meta-studio che riporta i risultati di 70 paper pubblicati sulle principali riviste internazionali di real estate si dimostra che i redditi da affitto consentiti da immobili certificati sono superiori fino al 23 per cento; il tasso di occupazione degli immobili migliora fino al 17 per cento; i prezzi di vendita possono anche essere superiori del 40 per cento; e persino il costo dell’equity e del debito può risultare inferiore di quasi lo 0,5 per cento. Miglioramenti marginali su vari aspetti che, considerati tutti assieme, possono creare un enorme valore su un nuovo progetto immobiliare che ponga al centro gli aspetti ambientali. Il settore del real estate dovrà continuamente innovare sia per tenere conto degli elementi sociali sia, soprattutto, per incorporare elementi di sostenibilità, anche legati al rischio climatico, nelle modalità di progettazione e realizzazione di tutti i progetti.

 

Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management

Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE))



[1] R.J. Shiller, Economia e narrazioni. Come le storie diventano virali e guidano i grandi eventi economici, Milano, Franco Angeli, 2020.

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