Finanza & Real Estate
L’importanza dei big data per il real estate
Oltre alla perdita di numerose vite umane, la pandemia Covid-19 sta causando danni economici rilevanti per il nostro Paese. Un ulteriore aspetto, altrettanto importante anche se meno discusso, riguarda il ruolo dei dati. Si sostiene a volte che i dati siano «il nuovo petrolio», per ricordare la potenziale ricchezza legata alla creazione e all’utilizzo di fonti di dati affidabili. Non si tratta in realtà di una nuova scoperta: ancora oggi ricordiamo nei libri di storia come le grandi civiltà del passato, dagli egiziani agli assiri, si siano distinte proprio per la raccolta sistematica di evidenze empiriche sul commercio e sull’andamento della natura. Esistono pochi dubbi sul fatto che una gestione più attenta dei dati avrebbe potuto almeno attutire le perdite inflitte dal Covid-19. La grande discussione sulla possibilità di usare un’app per rilevare e registrare movimenti e interazioni dei cittadini ha sollevato un grande dibattito in Italia, con un certo ritardo a quanto avviene in altri Paesi che da tempo stanno cercando di affrontare con razionalità e consapevolezza i costi e i benefici connessi all’utilizzo dei dati.
Un elemento centrale riguarda la conoscenza della situazione corrente. Nel corso del tempo, gli studi accademici hanno cercato di anticipare le statistiche ufficiali, che escono a intervalli sempre più ravvicinati ma difficilmente a frequenza superiore a quella mensile, per giungere a studi settimanali e giornalieri (definiti di nowcasting) il cui obiettivo è stimare cosa stia succedendo «in tempo reale» a determinati settori o all’economia nel suo complesso. Già a febbraio di quest’anno si sono accese le luci sugli indicatori giornalieri dell’attività economica cinese, illustrati per esempio in vari contributi del Financial Times, che hanno consentito di esaminare l’andamento della situazione in Cina e di comprendere cosa avrebbe potuto accadere altrove se la pandemia avesse colpito con la stessa intensità di Wuhan.
Il Real Estate Innovation Lab di SDA Bocconi e Assoimmobiliare è nato appunto con lo scopo di dare maggiori fondamenta empiriche all’analisi di questo settore centrale della nostra economia. Purtroppo, in tutto il mondo le informazioni sul real estate sono di qualità inferiore a quello che accade per altri mercati, a causa della struttura dell’industry, vale a dire transazioni che si limitano a una parte dello stock con caratteristiche anche molto variabili da un periodo all’altro. In Italia, probabilmente a causa di una cultura più interessata alle deduzioni cartesiane che alle induzioni di Hume, siamo ancora un po’ più indietro rispetto ad altri Paesi.
Come valutare lo stato del settore in questo momento di crisi? In assenza di dati ufficiali, possiamo fare riferimento a varie fonti ed effettuare alcune ipotesi. Una di queste, real time, è costituita dalle serie storiche delle ricerche effettuate su Google Trend, la cui rilevanza era stata mostrata tra gli altri, dai risultati di Wu e Brynjolfsson che li avevano usati per prevedere con un trimestre di anticipo la dinamica dei prezzi e delle compravendite, mostrando per esempio che negli Stati Uniti un aumento di un punto percentuale dell’indice è correlato a un aumento di 67.220 case nel trimestre successivo[1]. Numerosi altri ricercatori hanno mostrato la robustezza di questi risultati statistici in un contesto internazionale esterno a quello degli Stati Uniti. Abbiamo considerato l’indice delle ricerche relative al settore immobiliare o commercial property o real estate per l’Italia. Le serie storiche analizzate, disponibili dal 2004, mostrano l’esistenza di una forte caduta nell’interesse verso queste keyword, sia in relazione alla media del primo quadrimestre dei vari anni precedenti, sia per quanto riguarda la dinamica tra gennaio e aprile del 2020.
Un’altra fonte di dati, relativa in maniera specifica al settore del commercial real estate, può utilizzare i valori medi dei dati di investment volume calcolati dai principali broker. Una regressione lineare tra variazione percentuale annua del volume di investimenti e la crescita del PIL reale in Italia, nel periodo 2007-2019, produce una sensibilità (misurata dal coefficiente beta della regressione) pari a 3,85. In teoria il coefficiente può essere utilizzato come moltiplicatore di qualsiasi scenario di decrescita del PIL per stimare l’impatto sul volume dell’investimento nel settore commerciale, anche se la scarsa significatività statistica della relazione implica ampi margini di errore di previsione.
I dati disponibili consentono quindi una risposta molto parziale alla domanda inziale. Sappiamo che il settore patisce la crisi, ma sarebbe utile avere informazioni più precise per capire le aree di particolare sofferenza e aiutare la politica economica (e anche il settore finanziario, data l’enorme esposizione diretta e indiretta delle banche) a meglio comprendere la crisi per cercare di arginarla e trasformarla in crescita futura. I vantaggi di basi statistiche affidabili di dati sono indispensabili per tutti, in particolare per gli operatori del settore.
Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management
Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE)
[1] L. Wu, E. Brynjolfsson, «The future of prediction: how google searches foreshadow housing prices and sales», SSRN, 2013.