Articolo 3

27/06/2019 Stefano Basaglia

La prima volta fu rivolta e ora che fare?

Il 28 giugno 2019 si celebra il cinquantenario dalla cosiddetta rivolta di Stonewall che segna l’inizio del movimento di liberazione omosessuale «moderno»[1]. Anche se la prima manifestazione omosessuale italiana pubblica fu quella contro il congresso di psichiatria sulle devianze sessuali del 5 aprile 1972. La manifestazione fu organizzata dal Fuori! di Torino, guidato da Angelo Pezzana. A cinquant’anni dal 1969 e a quarantasette anni dal 1972, si svolgono in Italia, da maggio a settembre, ben 40 parate (erano 28 nel 2018 e 5 nel 2013) dell’orgoglio LGBTI (Lesbico, Gay, Bisessuale, Transessuale, Intersessuale) in altrettante città.

Relativamente alle imprese, è importante sottolineare che la parata di Roma dell’8 giugno 2019 ha avuto come main sponsor Netflix e come sponsor Akuel, Treedom, Vitasnella e Vueling Airlines, quella di Milano del 29 giugno vede tra le aziende platinum sponsor AirItaly (official air carrier), Coca-Cola, Idealista, Just Eat, Matrix, Nyx, Serravalle Designer Outlet. L’associazione Parks Liberi e Uguali, creata per aiutare le aziende socie a comprendere e realizzare al massimo le potenzialità di business legate allo sviluppo di strategie e buone pratiche rispettose della diversità, conta ben 62 imprese socie. Le imprese, quindi, sono sempre più interessate a legittimarsi presso la comunità LGBT, sia sul fronte del marketing, sia sul fronte dell’employer branding. Anche se su questi aspetti sappiamo molto poco, come ha ben messo in evidenza Luca Visconti e si potrebbe fare molto di più come ha rilevato Marco Albertini.

Sul fronte dei diritti, Giovanni dall’Orto, storico del movimento gay italiano, ha scritto[2]: «Il programma e il progetto politico che proponiamo [noi del movimento LGBT italiano] oggi sono fondamentalmente quelli che abbiamo costruito attorno al 1990. Mancano ancora vari dettagli non esattamente insignificanti (fecondazione eterologa, stepchild adoption, matrimonio), ma la gran parte del progetto sognato verso il 1990, oggi è realtà». Colpisce che gli obiettivi del 1990 siano stati realizzati, di fatto, nel 2016 con l’approvazione della legge sulle Unioni Civili.

Secondo Ilga Europe, l’Italia ha un indice di uguaglianza LGBTI pari al 22 per cento e si colloca al 35° posto su 49 Paesi europei. La Francia ha un indice pari al 63 per cento (8° posto), la Germania ha un indice pari al 48 per cento (15° posto), la Spagna ha un indice pari al 60 per cento (11° posto). In base ai dati Eurobarometro 2015, la percentuale di italiani che si sentono a proprio agio di fronte a manifestazioni d’affetto (baci, tenersi per mano) da parte di coppie gay è pari al 42 per cento (la stessa percentuale verso le coppie eterosessuali è pari al 73 per cento con una differenza, quindi, di 31 punti percentuali). In altri Paesi la situazione è la seguente: Francia 61 per cento per le coppie gay e 81 per cento per le coppie eterosessuali (differenza 20 punti percentuali), Germania 52 per cento per le coppie gay e 77 per cento per le coppie eterosessuali (differenza 25 punti percentuali), Spagna 69 per cento per le coppie gay e 84 per cento per le coppie eterosessuali (differenza 13 punti percentuali).

C’è ancora tanta strada da fare per raggiungere l’uguaglianza. Bisogna, quindi, mantenere vivo l’impegno, la militanza, la pressione verso tutti gli attori sociali (lo Stato, il governo, gli enti locali, le imprese, i sindacati, i media ecc.). Senza dimenticare che la libertà di una minoranza è sempre nelle mani della maggioranza e che questa libertà è sempre precaria. Niente deve essere dato per scontato, soprattutto in questi tempi. Neppure le parate dell’orgoglio LGBTI. Queste non ci parlano soltanto del nostro passato, ma ci ricordano l’impegno verso il nostro futuro.

 

 



[1] Il titolo prende spunto dallo slogan del Milano Pride 2019.

[2] G. Dall’Orto, «I miei primi quarant’anni. Una rievocazione», in AA.VV., Milano e 50 anni di movimento Lgbt*, Milano, Il Dito e la Luna, 2019.

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