Articolo 3
Oltre il collocamento obbligatorio
Negli ultimi tempi la questione della disabilità sta acquisendo importanza e visibilità nell’opinione pubblica: si pensi al recente disability pride del 15 luglio e più in generale all’esposizione quasi giornaliera di sportivi e influencer per sensibilizzare il pubblico.
Questa emersione del tema pone alcune domande sullo stato dell’arte della disabilità, soprattutto nel mercato del lavoro, un ambito nel quale la situazione sta cambiando, anche se lentamente (la percentuale di disabili tra 45 e 64 anni occupata è di circa il 18 per cento).
Ne discuto brevemente con Daniele Regolo fondatore di Jobmetoo.
ZS: Daniele, tu hai fondato Jobmetoo nel 2011, una start-up che si occupa di trovare il giusto match tra domanda e offerta sul tema della disabilità. Dalla fondazione a oggi quali cambiamenti hai osservato nel modo di affrontare il tema da parte delle imprese?
DR: Proprio in questi ultimi anni il tema della disabilità è sull’agenda delle imprese: diciamo, semplificando un po’, che il disability management è una parte importante del più generale diversity management. Avere il tema disabilità sul tavolo è un passo in avanti significativo; poi resta da compiere un percorso sicuramente lungo e complesso. Non complicato, ma complesso. Altro aspetto che mi sento di rilevare è che la sensibilità aziendale non è direttamente proporzionale alle dimensioni dell’azienda.
ZS: Qual è oggi il più grosso ostacolo per una corretta gestione della disabilità nelle imprese?
DR: Vorrei andare oltre il focus verso cui tutti si dirigono, ossia il giusto match tra lavoratore con disabilità e azienda: considerare la disabilità un fatto normale della vita aziendale è un discorso importante, che ridefinisce i valori e la cultura aziendali. E se l'azienda sa dare il buon esempio, come spesso accade, anche la società ne trae beneficio.
ZS: Se dovessi dare un suggerimento alle istituzioni pubbliche per agire sul tema cosa proporresti?
DR: La legge 68/99 viene inevitabilmente percepita come un'imposizione. Puoi parlare di «opportunità» finché vuoi, ma la verità è che la bilancia pende molto dal lato dell’obbligo. Io credo che sia utile rafforzare il binomio tra il Collocamento mirato e la Direttiva 2000/78 CE in merito alla parità di trattamento in materia di occupazione, in cui la disabilità è chiaramente menzionata. Convincersi che prima di un obbligo di legge c’è un ragionamento che si fonda sulla non discriminazione può sicuramente agevolare il collocamento.