Articolo 3

13/07/2016 Stefano Basaglia

Uno spettro si aggira tra i giovani americani…

Dagli Stati Uniti giungono risultati interessanti da una serie di inchieste che hanno per protagonisti uomini e donne con meno di 30 anni, i cosiddetti millennials, nati poco prima che il XX secolo finisse e il XXI secolo iniziasse. Questi ragazzi sono entrati nell’università e/o nel mercato del lavoro in piena recessione, molti già oberati dal fardello del debito che hanno dovuto sobbarcarsi per poter studiare. Questi ragazzi, inoltre, hanno imparato a conoscere le imprese per tempo: stage dopo stage, magari senza retribuzione e/o rimborsi spese. Si sono fatti un’idea diretta e dal vivo del cosiddetto mondo del lavoro e delle imprese.

Un sondaggio realizzato da YouGov ha rilevato che questi ragazzi hanno una percezione maggiormente positiva del socialismo rispetto al capitalismo. In particolare coloro che affermano di avere una percezione positiva del socialismo sono il 43 per cento, mentre coloro che affermano di avere una percezione positiva del capitalismo sono il 32 per cento. «Quando questi ragazzi pensano al socialismo non hanno in mente l’esperienza sovietica, ma i vantaggi del welfare europeo. Proprio quel welfare che i ‘socialisti’ europei stanno, in gran parte, smantellando». Un risultato questo in linea con il supporto maggioritario che i millennials hanno dato al candidato democratico Bernie Sanders, un candidato che si è definito un autentico «democratico socialista».

Questo rinnovato progressismo non rimane confinato solo a livello di visione della società, ma riguarda anche il modo in cui i millennials vedono la loro relazione con il lavoro e le imprese. Un’inchiesta realizzata dalla National Society of High School Scholars ha messo in evidenza che i millennials desidererebbero lavorare per aziende attente al benessere dei lavoratori, al bilanciamento vita privata/vita lavorativa e che siano in grado di offrire un senso a ciò che si fa, dove questo senso è anche legato all’impatto che l’azienda ha sulla vita delle persone e sulla società. Il lavoro e la carriera per questi ragazzi non sono più un fine in sé e per sé, ma devono essere inseriti in una rete più ampia di significati esistenziali che non ricadono in un mero paternalismo di stampo ottocentesco.

Agli occhi di questi ragazzi, quindi, il reaganismo, il thatcherismo e l’intero milieu neoliberista rappresentano un’ideologia vecchia. Le imprese abituate ad anni di bonaccia e di ideologia pro-mercato e pro-impresa devono abituarsi a cambiare, devono imparare a mutare la loro postura verso i propri lavoratori e verso la società nel suo complesso, andando al di là di una Corporate Social Responsibility di facciata e a un Diversity Management legato solo alla produttività «qui e ora». Questa situazione riguarda, nell’immediato, le imprese americane, ma finirà per investire, in un futuro non troppo lontano, anche le imprese italiane. 

Basaglia