Articolo 3

25/01/2016 Simona Cuomo

Uno spazio di dialogo «diverso»

Si parla sempre più di Diversity Management, nel dibattito pubblico, manageriale ed in quello privato – un tema che investe la vita di ciascuno e che non può più essere ignorato o negato, neanche dai media di massa. Ci confrontiamo quotidianamente con la diversità, una sfida che ci spinge a interrogarci giorno dopo giorno per meglio comprendere la società e quindi la nostra identità. Si tratta di un tema poliedrico: riguarda la società, il cambiamento demografico in atto – dai fenomeni migratori all’invecchiamento progressivo della popolazione, al crescente tasso di denatalità – , il mondo del lavoro, l’adeguamento legislativo, l’identità individuale. Solo un approccio sapiente e articolato consente di integrarne le diverse sfaccettature, senza sottovalutarne o sopravvalutarne alcuna. Il Diversity Management tocca i valori, l’etica soggettiva e collettiva, in funzione della quale si dipanano approcci che enfatizzano dinamiche di inclusione o discriminazione. La diversità è inevitabilmente alla base, in modo pervasivo e continuativo, del cambiamento sociale in atto – un cambiamento che, traendo origine nel presente, ha una proiezione di medio-lungo periodo. La diversità è da un lato deterministica (invitabile) ma dall’altro, se compresa e opportunamente gestita, è un motore strategico per l’evoluzione della società nel suo complesso e dell’individuo nello specifico.

La gestione della diversità nel mercato del lavoro è il focus del Diversity Management Lab della SDA Bocconi un centro di competenza attivo dal 1999. Dopo anni di ricerca e di confronto su questo tema siamo convinti che solo a partire da una visione strategica del tema sia possibile trovare strade di gestione efficaci per ogni attore coinvolto (la società, i gruppi, le imprese e gli individui). Il fantasma alle porte è quello della semplificazione, alla ricerca di discorsi facili risposte chiare e soluzioni immediate. Sposiamo la filosofia di Einstein: «semplice, ma non più semplice di così», perché il rischio è di banalizzare e di rendere paradossalmente più difficile la comprensione di un fenomeno che, essendo universale è sulla bocca di tutti. Il pericolo della semplificazione è l’arresto e la ricorsività: si evita di definire politiche e pratiche per gestire la diversità nella convinzione che il problema non stia in noi o nel contesto (pratiche e cultura), ma negli altri. Nessuno invita a discriminare, a qualunque livello si posizioni il problema (sociale, organizzativo, individuale). Discriminazione è una parola scomoda, che, con un sottile ma naturale meccanismo di rimozione, si vuole elegantemente allontanare dalla propria sfera di influenza: nessuno la ritiene accettabile nei confini della propria identità e dei propri valori. A parole, tutti si dichiarano a sostegno dell’inclusione, nella convinzione che le pratiche esistenti siano in sé inclusive perché nessuno potrebbe mai sostenere, oggi, prassi intenzionalmente discriminatorie. Eppure quello che leggiamo tutti i giorni sui giornali e quello che da anni studiamo nelle organizzazioni italiane ci porta a dire che il Diversity Management rimane un tema per lo più retorico, che si ritrova nei discorsi e nelle dichiarazioni ma non ancora nei comportamenti e nei meccanismi che regolano (leggi e pratiche) le relazioni e la convivenza.

Per apprendere dalla diversità è necessario armarsi di curiosità e tolleranza, approfondire con il contributo di molte discipline, osservare ciò che fanno gli altri con uno spirito costruttivo. Apriamo dunque con questo blog uno spazio di dialogo e confronto, perché solo attraverso uno scambio che vada al di là degli approcci facili e di moda pensiamo sia possibile costruire un corpus di conoscenze e di esperienze che aiuti tutti a progredire in questo percorso di cambiamento culturale, organizzativo e individuale.

 

Cuomo Simona