Articolo 3
Orientamento politico e differenze regionali: ampliare lo sguardo, dialogare con il contesto
Due episodi recenti ci ricordano che le cause della discriminazione non si esauriscono nelle categorie su cui ci concentriamo maggiormente nel dibattito odierno. L’approccio al diversity management, quindi, deve essere dialogante ed “elastico”. Alcune riflessioni sul tema.
In questo contributo vorrei riportare due episodi che mi sono stati raccontati recentemente e riflettere sulle loro implicazioni per un approccio al diversity management in un contesto sociale in continua evoluzione.
Episodio 1. In una nota azienda multinazionale, durante una riunione, viene fatto notare ad una collega che il suo accento meridionale e l’atto del gesticolare possano essere motivo di esclusione o di discriminazione. L’osservazione non viene gradita e la persona “denuncia” il collega ai vertici aziendali.
Episodio 2. In una media impresa italiana il responsabile dell’azienda è dichiaratamente leghista. I collaboratori meridionali di diverso orientamento politico, soprattutto se donne, vengono sottoposti a forme di micro-aggressività quotidiana. Una di queste va in burn-out.
Alcune osservazioni:
- Le cause della discriminazione non si esauriscono nelle categorie che solitamente vengono richiamate (genere, età, etnia etc.) quando si parla di diversity management. Questa etichetta, infatti, è elastica e permeabile, pronta a includere vecchie e nuove forme di discriminazione. Su questo blog lo abbiamo richiamato più volte e nel nostro libro “L’organizzazione inclusiva” lo abbiamo evidenziato con forza, dedicando un capitolo a categorie poco trattate dal diversity management. L’approccio quindi deve “dialogare” e tenere sempre conto del contesto a cui si applica.
- La discriminazione basata sull’orientamento politico è un tema rilevante, citato a livello europeo[1], ma poco trattato quando si parla di discriminazione nei luoghi di lavoro. In una ricerca condotta nel 2012 dall’allora Diversity Management Lab di Sda Bocconi sappiamo che l’orientamento politico è causa di discriminazione indiretta (ossia, osservata sui colleghi) secondo il 38% dei soggetti intervistati e di discriminazione diretta (sulla persona stessa) per circa il 33%[2].
- La discriminazione basata sulla diversità regionale (non necessariamente Nord verso Sud) mi pare invece sia completamente ignorata dagli studi sul diversity management nel contesto italiano, malgrado la nostra storia di immigrazione e le sue conseguenze in tema di rapporti Nord-Sud.
- Le discriminazioni possono accumularsi e amplificare lo stigma, quando coinvolgono aspetti dell’identità che, in uno specifico contesto, detengono minor status contemporaneamente: nel secondo episodio sopra riportato, differenza regionale, orientamento politico e genere diversi dal capo (o dal gruppo dominante) si combinano negativamente, sottoponendo l’individuo al cosiddetto minority stress[3].
- Le differenze visibili, che possono porre in una condizione di svantaggio il soggetto, possono essere rafforzate e accentuate per sottolineare l’importanza di quella caratteristica per l’identità dell’individuo, adottando la cosiddetta “strategia del rivelare”; oppure possono essere neutralizzate, adottando la cosiddetta “strategia della copertura”[4], ossia modificando alcune caratteristiche dell’identità per farsi accettare dal gruppo dominante. Per esempio, sappiamo che Margaret Thatcher si esercitò per abbassare il tono della voce e neutralizzare l’accento. Anche Henry Kissinger, di origine ebreo-tedesca, diventò “più americano degli americani”[5]. Nel caso dei protagonisti dei due episodi ci troviamo probabilmente nella prima fattispecie.
- Un ultimo aspetto va invece rilevato a proposito della reazione del soggetto protagonista del primo caso. All’osservazione del collega, la persona reagisce negativamente, denunciandolo. Questo atto può essere indicatore di un minority stress del soggetto e/o può nascondere altre tensioni o conflitti[6], che si stratificano o si combinano con altri problemi contribuendo a “inquinare” il clima di un’organizzazione.
[2] Basaglia, S. Cuomo, S. Simonella, Z. (2022) L’organizzazione inclusiva. Egea, Milano, p. 212.
[3] Meyer, Ilan H. “Minority Stress and Mental Health in Gay Men.” Journal of Health and Social Behavior 36, no. 1 (1995): 38–56.
[4] Clair, J., Beatty, J., & Maclean, T. (2005). Out of sight but not out of mind: Managing invisible social identities in the workplace. Academy of Management Review, 30(1), 78–95.
[5] Si veda: https://www.raiplay.it/video/2022/05/Passato-e-Presente---Kissinger-il-mestiere-del-mediatore---18052022-5e93fbf8-e6d3-4363-b210-216ccb647b9f.html
[6] Sul tema dei conflitti, vedi Basaglia (2021) La gestione dei conflitti è la grande sfida. Economia & Management, 4.
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